La Repubblica – di Marino Bisso – 16/02/2018
“I poveri non chiedono elemosina ma dignità e la povertà è un reato contro la dignità delle persone”. Così don Luigi Ciotti, insieme alla rete dei Numeri Pari, rilancia da Roma la battaglia per il Reddito minimo garantito. Sì, perchè non è più tempo di rinvii. “Ci sono 18 milioni di persone a rischio esclusione sociale che non possono più aspettare”. Per questa ragione è nata una nuova mobilitazione, che coinvolge non solo centinaia di reti sociali e associazioni, ma anche giuristi e ricercatori universitari, per avviare un immediato confronto con le forze politiche su un tema centrale per la democrazia: il reddito minimo, totalmente eluso dal dibattito politico ed elettorale.
E non è un caso che la nuova che la nuova sfida contro le nuove povertà parta proprio dalla capitale: una città dove ci sono almeno trentamila famiglie a rischio. Un popolo che raggruppa migliaia di persone che hanno fatto richiesta di alloggio popolare, oppure che sono sotto sfratto o che vivono in occupazioni abusive o in residence per l’assistenza alloggiativa temporanea più un vasto sommerso perennemente in difficoltà strutturale. E in base all’ultimo rapporto della Caritas sono circa 7.500 le persone in povertà estrema (gli italiani sono il 45%, il 33,5% possiede un diploma di scuola media superiore) mentre sono tra le 14mila e le 16mila le persone senza fissa dimora. Insomma una vera bomba sociale che rischia di saltare.
E in questo contesto di emergenza che nasce la nuova sfida lanciata dalle due giornate di seminario “I love dignità” presso la Casa internazionale delle Donne. Una battaglia che la Rete dei Numeri Pari vuole rilanciare per non vanificare il lavoro già svolto lo scorso anno e le oltre 100mila firme raccolte coinvolgendo il 40% di deputati e senatori del M5S, di una parte del Pd e di Sel. “Per il suo livello di scientificità, la nostra proposta è l’unica in grado di rovesciare la situazione e contrastare davvero povertà, mafie, disuguaglianze, razzismo coniugando solidarietà e dinamismo economico”, spiega Giuseppe De Marzo delle Rete dei Numeri Pari. “È vergognoso che una proposta di cui beneficerebbero 18 milioni di persone a rischio esclusione sociale, oltre che la collettività tutta, non sia mai stata discussa in Parlamento mentre si sia scelto di tagliare il 93% del fondo nazionale per le politiche sociali e i trasferimenti agli enti locali”.
“L’Italia è l’unico paese nell’UE a non avere una misura di sostegno al reddito. Il Reddito di inclusione (Rei) non può essere definito come tale perchè seleziona solo una parte dei poveri assoluti senza peraltro garantire loro la realizzazione di un’esistenza libera e dignitosa, come ci dice la normativa europea sul reddito fin dagli anni ’90”, spiega Giuseppe Bronzini, magistrato e parte del BIN Italia. “La nostra proposta in 10 punti è coerente con le indicazioni sovranazionali e le esperienze nazionali già in vigore perché pone al centro la valorizzazione e l’autonomia di scelta del proprio percorso di vita. L’esatto opposto di quello che succede con il Rei dove il destinatario unico è la famiglia e tutti sono corresponsabili nella gestione di un pacchettino di 180 euro, di cui 90 versati in contati e l’altra metà in una carta prepagata”.
“Il diritto al reddito minimo è previsto dalla nostra Costituzione attraverso i principi di dignità, eguaglianza, solidarietà e lavoro. Il “reddito costituzionale” dev’essere uno strumento di emancipazione e partecipazione attiva, non un’elemosina che lascia i poveri ai margini”, spiega Gaetano Azzariti, costituzionalista. “La prestazione monetaria va necessariamente supportata con misure che garantiscano altri diritti fondamentali come l’accesso a casa, servizi sociali e trasporti”.
“Siamo la generazione più povera dalla seconda guerra mondiale. L’introduzione di un reddito minimo garantito, che per noi si declina in un reddito di formazione, è oramai una riforma necessaria per la sostenibilità del sistema. La politica prenda immediatamente posizione proponendo misure concrete”, afferma Martina Carpani, studentessa e rappresentante della Rete della Conoscenza.
“Il reddito minimo garantito vuole riscattare un’enorme parte dei nostri cittadini esclusi dalla vita democratica del paese e va supportato con misure che garantiscano la possibilità di accedere, fra gli altri, ai servizi culturali”, afferma Tomaso Montanari. “Questo paese ha il 48% degli analfabeti funzionali e un tasso di astensione alle scelte politiche del 30%. Senza l’accesso alla conoscenza, alla cultura, questo paese rischia di diventare un’oligarchia e terreno di populismi e fascismi. Il reddito minimo garantito, quindi, serve non solo a chi lo percepisce ma è uno strumento di interesse strategico della collettività. Libertà e giustizia sposa la proposta di reddito proposta dalla Rete dei Numeri Pari”.
Ma l’esortazione più forte nei confronti della politica arriva dalle parole di don Luigi Ciotti: “La rete dei Numeri Pari è nata per lottare e sognare mentre oggi sono in troppi a scegliere un prudente silenzio. I poveri non chiedono elemosina ma dignità e la povertà è un reato contro la dignità delle persone. È un crimine
di civiltà. Fare politica vuole dire partire dai bisogni e dalle speranze delle persone. Politica è etica della comunità e oggi c’è un divorzio tra politica ed etica. Se la politica è lontana dalla strada e dagli ultimi, la politica è lontana dalla politica ed è quindi un’altra cosa. Dobbiamo alzare al voce perché, pur di avere consenso, si sta calpestando la dignità della persone creando un clima sconcertante”.