Il Def e le misure messe in campo dal governo non contrastano le disuguaglianze e non ci aiutano a combattere le mafie e la corruzione. Il Def peggiora la condizione dei ceti popolari e dei ceti medi e non ci aiuta ad uscire dalla crisi, bensì la allarga ulteriormente tradendo le aspettative di milioni di cittadini.
Dopo aver annunciato “la fine della povertà” e una sequenza infinita di dichiarazioni su social e televisioni, le misure messe in campo dal governo sono nella realtà inadeguate a rispondere alla crisi generata dall’aumento delle disuguaglianze e non lavorano per ridurle, anzi le allargano e le istituzionalizzano. Assistiamo giornalmente a cambiamenti e marce indietro che stanno aumentando la distanza tra la nostra proposta di introdurre anche in Italia una forma di “Reddito di dignità” firmata tra gli altri da 91 deputati e 35 senatori del M5S nella scorsa legislatura, e l’attuale proposta del governo nazionale Lega/M5S. La misura messa in campo con il Def, impropriamente detta Reddito di cittadinanza, nella realtà altro non è che un modesto sussidio di povertà, nemmeno garantito a tutti gli aventi diritto, vincolato ad un lavoro sottopagato che non risolve la condizione di disagio economico e sociale determinata da fattori sui quali il governo volontariamente non interviene. Si riducono gli investimenti e se ne cambia il segno, mentre si continua a propagandare l’idea che le priorità siano la guerra ai migranti ed ai poveri. Si fanno battaglie mediatiche e generiche contro “l’Europa” quando in realtà il governo ha confermato tutte le misure di austerità, così come i precedenti governi, e non ha fatto nulla per mettere fuori dal patto di stabilità almeno le spese per garantire i servizi sociali e la dignità delle persone.
Abbiamo lavorato e lavoriamo per far comprendere la necessità di istituire in un quadro così cambiato a livello nazionale, europeo e mondiale un nuovo diritto economico, il diritto al reddito. Il governo viaggia invece nella direzione opposta, violando tutte le caratteristiche e gli elementi essenziali stabiliti dalle risoluzioni europee e dalla stessa CE da diversi anni. Il governo tratta i poveri come un problema, stigmatizzando la loro condizione con misure che istituzionalizzano l’esclusione ed aumentano la guerra tra poveri. Sul cosiddetto reddito di cittadinanza il governo fa l’opposto di quanto stabilito da molte risoluzioni europee, a partire dal 1992. Caratteristiche e elementi essenziali che contraddistinguono una misura di reddito minimo garantito e che vogliamo qui riportare per ulteriore chiarezza:
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che il rmg venga dato a tutti quelli che stanno sotto il 60% del reddito mediano del paese, compresi coloro che sono in formazione, così da combattere la dispersione scolastica ed universitaria- il governo non stanzia la cifra necessaria, circa 17 miliardi, e non garantisce a tutta la platea degli aventi diritto questa misura, praticando forme di universalismo selettivo identiche a quelle portate avanti dal tanto criticato Rei del precedente governo;
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che vi sia congruità dell’offerta lavorativa in cambio del reddito e non obbligatorietà di lavoro purchè sia, visto che il reddito minimo garantito in Europa è inteso come una misura che dovrebbe garantire e liberare l’autonomia dell’individuo, valorizzandolo attraverso forme di reinserimento sociale – il governo intende invece il cosiddetto reddito di cittadinanza come una classica misura di workfare, con l’obiettivo di rendere “impiegabili” purchè sia i “poveri”, condannando il beneficiario a lavoretti mal pagati che non daranno sbocchi, ne crescita professionale, avviando milioni di individui nella cosiddetta “trappola della povertà”, svelando un approccio culturale che sposta la colpa della condizione economica e sociale sulle vittime, ritenute responsabili uniche della loro condizione;
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che il rmg sia individuale – il governo lo intende e lo calcola sul livello familiare, come il Rei del precedente governo;
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che il rmg sia riservato a tutti i residenti- il governo ha proposto qualche mese fa di darlo solo agli “italiani”, proponendo una misura palesemente discriminatoria e incostituzionale; oggi viene indicata una durata di residenza minima di almeno tre anni sul nostro territorio per chi volesse accedere al sussidio;
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la durata della misura è per le risoluzioni europee da intendersi fino al miglioramento della propria condizione economica in modo da impedire che si rimanga senza alcun sostegno economico- il governo stabilisce invece una durata di 18 mesi oltre la quale la misura non è rinnovabile anche se la condizione economica del beneficiario non fosse cambiata;
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garantire un’offerta di servizi sociali di qualità ed il diritto all’abitare come prevedono i “pilastri sociali” europei indicati dalla CE a partire dal 2008 – il governo taglia i fondi per le politiche sociali, non garantisce il diritto all’abitare ed anzi con il Decreto Salvini attacca i movimenti che rispondono all’emergenza abitativa utilizzando il patrimonio pubblico abbandonato o dismesso, promuovendo allo stesso tempo nuove forme di welfare rigenerativo capaci di rispondere a partire dalla comunità alle esigenze dei singoli;
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rafforzare i centri per l’impiego pubblici – il governo non ha garantito gli investimenti necessari e non ha una proposta efficace di riorganizzazione dei centri per l’impiego.