In queste settimane, il dibattito pubblico innescato dall’approvazione del Decreto Sicurezza ha riportato al centro dell’attenzione alcuni nodi fondamentali che i movimenti e le realtà sociali di Roma discutono nei propri spazi e nelle piazze da tempo: il tema di cosa sia la sicurezza e della libertà di movimento; la questione delle migrazioni, del welfare e del reddito; il tema del governo della città come accesso ai diritti e non esclusiva materia di ordine pubblico. Non da ultimo, il tema della residenza anagrafica e della negazione di diritti che il mancato accesso ad essa comporta, come i Movimenti denunciano dal 2014, data di approvazione del famigerato decreto Renzi-Lupi welfare di base ad essa associato, che escludeva dalla residenza gli occupanti per necessità.
Le politiche contenute nel Dl Sicurezza costituiscono un’aggravante della situazione che Movimenti, sindacati e associazioni impegnati sul terreno del diritto all’abitare denunciano già da tempo bussando alle porte del Comune di Roma che da tempo si trincera dietro la legalità di facciata, ignora qualsiasi istanza di giustizia sociale (che si tratti di sgomberare gli spazi sociali o di offrire le baracche di via Ramazzini a chi sgombera, e solo se ritenuti ‘fragilità sociali’) e anzi si allinea con Salvini approvando regolamenti di polizia urbana che recepiscono tutto il peggio del governo autoritario e violento del territorio. Sul punto, ancora una volta dobbiamo constatare l’assordante silenzio della Regione Lazio, e la totale indisponibilità al dialogo di una Prefettura totalmente allineata alla linea dura senza soluzioni del Ministero degli Interni.
Una scelta ancor più scellerata, se si considera che solo a Roma il disagio abitativo conta 15 mila famiglie alle quali l’amministrazione deve rispondere con misure adeguate. Tra queste, le famiglie delle occupazioni abitative come il 4 Stelle Occupato, sotto minaccia di sgombero a causa di un incendio accidentale che ha interessato una piccola porzione dello stabile, ma che ha portato Vigili del Fuoco e Prefettura a dichiarare l’intero stabile inagibile. O le 500 famiglie delle cosiddette ‘case di sabbia’ di Armellini a Ostia, nei confronti delle quali la chiusura del Campidoglio è totale a parte l’offerta di un ruolo di auditori di facciata. O i nuclei familiari degli ex residence, oggi Sassat, posti sotto sgombero dal Dipartimento delle Politiche Abitative per cavilli burocratici. A cui si aggiungeranno tutti migranti e richiedenti asilo espulsi dal circuito SPRAR e sgomberati dagli accampamenti informali in cui avevano trovato un seppur limitatissimo rifugio.
Come realtà autorganizzate, di base e dal basso che ogni giorno si confrontano con la materialità delle questioni sociali di questa città, e in un momento storico in cui la propaganda arriva a dichiarare chiusi i porti senza alcun atto formale lasciando 49 persone in balia del mare, riteniamo che l’opposizione al Dl Salvini non possa essere delegata ai cosiddetti ‘sindaci ribelli’, né esaurirsi sul terreno del botta e risposta colpi di tweet e post che sicuramente si intensificheranno a ridosso delle prossime scadenze elettorali. Per questo, l’assemblea cittadina convocata Giovedì 10 gennaio alle h.16 in Piazza del Campidoglio costituisce la prima tappa per un patto di solidarietà e opposizione che sappia mettere a freno la barbarie della repressione di un Governo che risponde ai soli poteri forti, lasciando indietro tutti e voltandosi solo per spargere l’illusione di una stabilità con il reddito di cittadinanza. Nelle piazze, nelle occupazioni, nelle case popolari, costruiremo la difesa dei nostri spazi e del nostro tessuto sociale, contro gli sfratti e gli sgomberi, con ogni mezzo necessario, che sia una barricata o un gilet giallo.