Parte Davos, Oxfam denuncia: “Diseguaglianze in crescita per colpa delle tasse”

La Ong punta il dito sulla politica fiscale che pesa sempre più su redditi e consumi e meno sul patrimonio. E così sanità e istruzione stanno diventano privilegi. Nel 2018 sono cresciuti i Paperoni e le loro ricchezze (+1,2%), mentre il meccanismo che negli ultimi trent’anni ha permesso la diminuizione della povertà mondiale si sta inceppando 

Di Barbara Ardú – Repubblica

ROMA – Non ci siamo. Le diseguaglianze, cioé la concentrazione della ricchezza tra pochi e il dilagare della povertà tra i molti, non solo crescono, ma stanno diventano strutturali. Non si va avanti ma si indietreggia e a rendere la lotta alla povertà sempre più difficile, sono anche i sistemi fiscali. Accade nei Paesi in via di sviluppo come nelle economie più avanzate, Italia compresa. Sistemi e politiche fiscali, che non solo permettono alle grandi aziende di eludere il fisco come di spostare capitali, ma che sono sempre meno basati sul meccanismo della progressività e cioé sul principio che chi più ha, più deve contribuire. Non solo. Le politiche fiscali si concentrano sempre più su redditi e consumi e sempre meno sul patrimonio, cioé sulla ricchezza. Il risultato? Se a livello globale negli ultimi anni la povertà è diminuita, ora il meccanismo sembra essersi inceppato. O almeno è rallentato. Perché il ritmo con cui le persone si riscattano dall’indigenza è inferiore al 40% rispetto allo scorso anno. I poveri insomma sono sempre più fermi alla loro condizione di ultimi.

Sono i risultati cui arriva il Rapporto Oxfam del 2018 “Bene pubblico o ricchezza privata?”. Dati e cifre che mettono a nudo l’enorme disparità di ricchezza che divide gli uomini, con in cima alla piramide i grandi Paperoni. Disparità in crescita e sempre più strutturale. Come dire che ci si sta abituando alle diseguaglianze in un mondo sempre più diviso tra inferno e paradiso dove i diritti fondamentali dei singoli non trovano più cittadinanza. Istruzione e sanità non sono più considerati diritti universali (se mai lo sono stati) e diventano sempre più privilegi per pochi. E ciò accade nei Paesi più sviluppati come in quelli più poveri. E l’Italia l’asscensore non fa eccezione. 

Ma guardiamo i numeri di cui il Rapporto è zeppo. La ricchezza dei 1.900 miliardari della lista Forbes del 2017 è cresciuta di oltre 900 miliardi di dollari (+1,2%). Al contrario la ricchezza netta della popolazione più povera del mondo (3,8 miliardi di persone) è diminuita  dell’11%. E oggi sono 26 i multimiliardari che posseggono la ricchezza della metà più povera del globo. Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, a metà marzo aveva un patrimonio di 112 miliardi di dollari. Con l’1% di questa somma l’Etiopia (105 milioni di persone), paga il servizio sanitario. E non è andata meglio in Italia. A metà 2018 il 20% dei più facoltosi possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale. E il 5% addirittura aveva tra le mani della stessa quota di ricchezza posseduta dal 90% più povero. E’ dal 2000 che il meccanismo s’è inceppato. Da allora in Italia, mentre il 50% dei più poveri ha continuato a veder scendere la propria ricchezza, il 10% più ricco a cominciare dal 2007 (anno della primia crisi) l’ha sempre vista aumentare, a parte alcuni anni di calo. E’ quel ceto medio in forte difficoltà. 

Le tasse. Sono scese, ma non per il comune cittadino: la contribusione fiscale delle grandi aziende e dei super ricchi è drasticamente diminuita. Nei paesi ricchi in media l’aliquota massima dell’imposta sui redditi è passata dal 62% nel 1970 al 38% nel 2013. Nei Paesi in via di sviluppo è in media al 28%. Ma ciò che colpisce è la drastica riduzione dell’aliquota effettiva versata sui redditi d’impresa che per le 90 più grandi corporation è scesa dal 34% del 2000 al 24%. Senza contare i movimenti di denaro illecito, che si aggiungono a evasione e elusione fiscale e vengono così sottratti al finanziamento del welfare.  

La povertà è donna. Secondo il Rapporto Oxfam esiste una forte correlazione tra diseguaglianza economica e di genere. Il lavoro di cura non retribuito secondo l’Oxfam, è in realtà un enorme sussidio nascosto dell’economia, non contabilizzato nelle statistiche ufficiali. Eppure amplifica le diseguaglianze perché interessa le fasce più povere della popolazione, che si trovano così con meno tempo per guadagnarsi da vivere e accumulare ricchezza. Se fosse retribuito a livello globale e affidato a una grande azienda privata il suo fatturato ammonterebbe a 10 mila miliardi di dollari, 43 volte quello di Apple. “Dai dati emerge che per finanziare il welfare – sostiene Elisa Baciotti, direttrice italiana delle campagne Oxfam – è necessario agire sulla leva fiscale. E per citare un dato significativo basta dire che nel 2015 a livello globale solo 4 centesimi di dollaro proveniva dall’imposizione fiscale sul patrimonio”. Il resto, quando arriva, proviene dunque da imposte sul reddito e sui consumi.  

Istruzione e sanità antidodi contro le diseguaglianze. Una ricerca recente condotta su 13 economie in via di sviluppo ha dimostrato come gli investimenti in sanità e istruzione abbiano contribuito a ridurre del 69% le diseguaglianze economiche. “Perchè non dovrebbe essere il conto in banca – ha dichiarato Winnie Byanyima, direttrice Oxfam International – a decidere per quanto tempo si andrà a scuola o quanto a lungo si vivrà. Eppure in gran parte del mondo è così”. E lo stesso vale per l’accesso alla sanità, qualcosa che si sta iniziando a vedere anche in Italia, dove migliaia di persone, ricorda il Censis, non si curano più. “Solo attraverso una politica fiscale comune, ancor più a livello europeo – sostiene Elisa Baciotti – che si possono finanziare istruzione e sanità senza le quali le diseguaglianze continueranno a crescere”. Istruzione, sanità e un fisco che intervenga in modo progressivo sulla ricchezza. Queste le ricette di Oxfam. E le richieste che verranno avanzate al prossimo World Economic Forum, in programma nei prossimi giorni.

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