Una marea in difesa dei diritti – Razzismo e patriarcato come forme dello stesso sfruttamento

2 aprile 2019

Ddl Pillon, riforma dello stato di famiglia, revisione della Legge 194, reintroduzione delle case chiuse, cancellazione delle unioni civili. Solo alcune delle proposte di legge portate avanti durante il Congresso delle Famiglie di Verona. E poi ancora feti di plastica, parate politiche per tentare di eliminare non solo quanto le donne hanno faticosamente conquistato, ma anche tutti quei diritti, politici, sociali ed economici, la cui attuazione va contro ogni forma di dominio e di oppressione.

Centomila persone in piazza a Verona, il 30 marzo, hanno invece dimostrato il rilievo che le pratiche femministe hanno assunto a livello mondiale, proponendosi come una delle forze maggiori di contrasto al razzismo, al sovranismo e alla devastazione culturale ed ambientale.

Una manifestazione trasversale, in grado di collegare la lotta per la libertà di abortire ai diritti dei migranti e in grado di riaffermare lo stretto legame tra razzismo e patriarcato come forme dello stesso sfruttamento.

Gli impoveriti dalle politiche del governo camminano a braccetto, trasformano rabbia in condivisione, impegno e partecipazione. Contro un congresso medievale, si oppongono i concetti di giustizia ecologica e sociale, parità di diritti, reddito minimo garantito.

A fronte di un’inazione delle forze al governo, sempre sull’orlo dell’emergenza, senza spazi per il futuro, il 30 marzo a Verona si è declinato un modello di società e di economia esterna alla visione dominante della governance. Nel silenzio assordante dei media nazionali, si è invece contribuito a dare forza ad una relazione sempre più stretta e necessaria tra giustizia sociale, ambientale ed ecologica con il diritto della vita alla scelta di vita posto al centro del dibattito. Un nuovo paradigma di civilizzazione, che inverte la rotta rispetto all’accettazione delle politiche liberiste in campo, si oppone ad una povertà culturale e relazionale, per certi versi peggiore di quella economica, e ricorda le responsabilità e le priorità così come stabilite dalla nostra Costituzione: prima la garanzia di quelli che Stefano Rodotà chiamava “super diritti” (civili e sociali) e il perseguimento de “l’intangibilità della dignità umana” in tutte le sue forme.

Martina Di Pirro

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