Quando per affermare un diritto (la sicurezza) se ne perde un altro (la libertà) | La direttiva “anti-balordi”: una limitazione di libertà 

24 aprile 2019

I prefetti potranno intervenire «per supplire» alle carenze dei «sindaci distratti». Un provvedimento che è stato inviato dal ministro dell’Interno a tutti i sindaci italiani, con la delimitazione di alcune zone rosse all’interno delle città. «Il Viminale e il decreto sicurezza offrono armi in più per combattere» occupazioni, degrado, abusivismo e illegalità, ha affermato Salvini. In parole povere, una direttiva che si traduce in una “punizione” qualora i sindaci non riescano a far rispettare la tanto discussa sicurezza urbana con misure adeguate, se così si può dire.

Appena un anno fa, Salvini prometteva l’eliminazione dei prefetti per dare più potere ai sindaci. Oggi, consente ai prefetti di scavalcare i sindaci per garantire l’ordine e il decoro urbano. Ancora una volta, però, si perde il punto centrale, il tema reale che sta dietro a tutti questi sistemi di criminalizzazione del povero, dell’emarginato, già iniziati sotto Minniti. Confini di segregazione, zone ghetto in cui confinare chi non si vuole vedere, una deriva securitaria che individua come indesiderate le vittime invece dei carnefici. Depotenziare i sindaci, spesso soggetti a scarse risorse economiche, dati gli ingenti tagli al sociale adoperati dal governo nazionale, è un altro passo verso la distruzione dello stato di diritto. Per salvare la democrazia, diceva Stefano Rodotà, non si può perdere la democrazia. E così ritorna l’eterna questione: quando per affermare un diritto (la sicurezza) se ne perde un altro (la libertà), qualcosa non funziona.

In questo caso, si tratta di restrizioni e limitazioni della libertà, di colpevolizzazione del povero e operazioni di propaganda politica sulla pelle dei più deboli.  La riduzione dei diritti è una risposta facile, che apparentemente rassicura, ma indebolisce la democrazia e non dà strumenti di lotta o di alternativa. La direttiva “anti-balordi” ne è una dimostrazione: contraria alla riserva di giurisdizione e libertà di movimento prevista dalla Costituzione, crea ancora più insicurezza e favorisce l’emarginazione.

La crisi economica, la povertà, il tanto conclamato degrado hanno radici e cause ben più profonde e strutturali di quanto viene solitamente affermato e non sono risolvibili a colpi di direttive. Innanzi tutto, provengono da una visione delle politiche sociali come un costo e non come un investimento e un obbligo, dall’assenza di una misura di sostegno al reddito che non sia un sussidio come il Reddito di cittadinanza, da politiche fiscali regressive e la mancanza di vere misure di contrasto all’evasione fiscale, da politiche di austerità che solo il nostro Paese ha voluto introdurre addirittura in Costituzione con la modifica dell’articolo 81 che impone il pareggio di bilancio e da politiche sul lavoro sbagliate che hanno favorito l’insicurezza sociale, la precarizzazione e abbassato i salari, per citarne alcune.

Non sarà creando delle zone di confine e di segregazione, non sarà sopprimendo il potere democratico, che si arriverà all’eliminazione della povertà e dell’emarginazione.

Martina Di Pirro
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