In Italia è emergenza climatica. Le responsabilità del governo del cambiamento

di Giuseppe De Marzo – Il Paese Sera 25 giugno 2019

Il 17 giugno è stata la giornata mondiale contro la desertificazione che colpisce oggi 3,2 miliardi di persone. Ce lo ricorda la convenzione ONU che studia il fenomeno, denunciando come l’impoverimento dei suoli si traduca in una catastrofe sociale ed ambientale, facendo crescere disuguaglianze, conflitti e morti. Il nostro Paese è messo malissimo e il Governo non investe per cambiare ma sostiene modelli agricoli e urbanistici che aumentano i problemi.

Uno studio condotto da ricercatori dell’International Institute for Applied Systems Analysis (Austria), Università Ca ’ Foscari Venezia e CMCC (Italia) e Boston University (USA), denuncia come nei prossimi 30 anni l’utilizzo di energia aumenterà del 58% a causa del riscaldamento del pianeta. Anche su questo il Governo non fa nulla, anzi continua a sostenere l’energia fossile e modelli produttivi che non si pongono il tema della scarsità, della rinnovabilità e della ridistribuzione delle risorse.

Lo scorso mese l’assemblea degli azionisti dell’ENI ha confermato come non esista nessuna strategia di “decarbonizzazione” del nostro Paese per adeguarci alle direttive internazionali. Solo buone intenzioni e dichiarazioni di facciata. Anzi, abbiamo aumentato del 17% le estrazioni, aumentando la CO2 invece che diminuirla del 40% entro il 2020, mettendo così in discussione l’obiettivo della completa decarbonizzazione dell’economia entro il 2040 come previsto per far fronte alla minaccia più grave per l’umanità: i cambiamenti climatici.

Lo scorso 19 giugno è stata presentata l’inchiesta portata avanti dalle mamme “no Pfas”: le sostanze perfluoroalchiliche e impermeabilizzanti che per decenni sono state utilizzate in ambito industriale, avvelenando i terreni e la falda acquifera di una vasta area tra Vicenza, Verona e Padova. È emerso come amministratori e imprenditori sapessero perfettamente da anni gli impatti devastanti dei Pfas sulla salute, sul territorio e sul futuro dell’economia regionale ma non hanno fatto assolutamente nulla, tranne che fare l’inchino alle imprese che li producono e che ne beneficiano.

Sempre qualche giorno fa è stato pubblicato il rapporto Trasport and Environment che ci spiega come 203 navi in Europa inquinino 20 volte più di tutte le auto. Venezia e Civitavecchia sono le città più colpite dopo Barcellona e Palma di Majorca, mentre il rapporto pubblicato da Influence Map denuncia come le prime 5 multinazionali del petrolio spendano ogni anno 200 milioni di dollari solo per diffondere notizie false sui cambiamenti climatici e confondere le idee all’opinione pubblica. Tutto questo mentre fiumi di grandine si abbattevano nelle città del nord Italia in pochi secondi, per poi lasciare spazio ad un’afa torrida ed al conto ormai sempre più salato che ogni anno paghiamo.

C’è un filone che unisce tutti questi ultimi accadimenti. Sono tutti conseguenze ed effetti di un modello di sviluppo insostenibile socialmente, ecologicamente ed economicamente. Non capirlo è impossibile, non accorgersene è da ipocriti. La maggior parte della popolazione del nostro Paese è esposta a continui rischi, non è sicura, mentre territorio ed ecosistemi dai quali dipendiamo per mangiare, respirare, lavorare, svilupparci, spostarci, sono stati già intaccati o sono a forte rischio. La nostra vita e quello da cui dipende il nostro futuro sono sotto attacco.

Abbiamo urgente bisogno di cambiare rotta e direzione di marcia. Per questo rivolgiamo un appello al Ministro dell’Interno.

Signor Ministro, la Costituzione la obbliga a tutelare la nostra sicurezza messa sotto attacco dai cambiamenti climatici provocati dal modello di sviluppo neoliberista, non perda tempo a perseguitare poveri e migranti, già colpiti due volte dalle ingiustizie sociali ed ecologiche.

Così come facciamo un appello al signor Ministro del Lavoro e dello Sviluppo: vogliamo un lavoro dignitoso e giusto e sappiamo che è possibile solo attraverso un modello di sviluppo che metta al centro la riconversione ecologica delle attività produttive. Perché lei non fa nulla e continua a regalare miliardi, territori e lavoratori alle grandi multinazionali che hanno solo l’obiettivo di massimizzare i profitti anche a danno della salute pubblica e dei diritti del lavoro?

L’impatto della crisi ecologica sta provocando e continuerà a provocare la crescita delle disuguaglianze, l’attacco ai diritti sociali, la distruzione di molte economie locali, la perdita di molti posti di lavoro e lo sfruttamento ulteriore di mano d’opera e risorse a basso costo. Rimanere inermi significa essere colpevoli e tradire la Costituzione.

In Italia è emergenza climatica. Le responsabilità del governo del cambiamento

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