Pubblicato sul settimanale Left – n°9 del 28 febbraio 2020 – di Giovanni Russo Spena
Noi di Left, a volte, appariamo a noi stessi Cassandre. Ma non facciamo profezie, analizziamo solo gli avvenimenti. Spesso in anticipo. Eppure dobbiamo ripeterci perché, troppo spesso, la realtà si dimostra peggiore delle analisi preventive. Ancora una volta segnaliamo l’accanimento con il quale sovranismo populista e opportunismo centrista abbattono la centralità del Parlamento. Metto in fila, banalmente, i più recenti avvenimenti.
Era evidente che il “combinato disposto” del taglio demagogico del numero dei parlamentari, la proposta di legge elettorale proporzionale con la micidiale torsione maggioritaria della soglia al 5%, che configura una democrazia “a numero chiuso” e, soprattutto, la autonomia regionale “differenziata” ( la “secessione dei ricchi”), avrebbero ulteriormente sfibrato la rappresentanza parlamentare, già in forte crisi culturale e sociale. La risposta delle destre è sempre il cortocircuito presidenzialista , l'”uomo solo al comando”. Delle propensioni e proposte di Salvini e Meloni sapevamo. Oggi sappiamo, attraverso l’autorevole terzo ramo del Parlamento, la trasmissione “Porta a Porta”, che anche il senatore Renzi ( chi ricorda il progetto di riforma costituzionale Renzi/Boschi, che sconfiggemmo nel referendum del 2016 ?) mette al primo posto delle necessità del paese il presidenzialismo, sotto le mentite spoglie del “sindaco d’Italia”. Il massimo, cioè, di rapporto plebiscitario tra masse e potere, essendo, tra l’altro, l’Italia un “comune” di 60 milioni di persone. In verità anche nel centrosinistra l’istanza presidenzialista è una coazione a ripetere ( un suicidio politico?). Già Leopoldo Elia, costituzionalista democristiano, bocciava giustamente la proposta di “premierato assoluto” che era, nel 1997, tra le ipotesi della Commissione Bicamerale per le riforme presieduta da D’Alema. E parte del PD, tuttora, compreso il segretario Zingaretti, ritiene che sarebbe opportuno accrescere i poteri del primo ministro. Indebolendo, quindi, in un colpo solo, la centralità del Parlamento e i poteri del Presidente della Repubblica. La vicenda è grave ma non è seria. Renzi non aveva accusato nel settembre scorso, Salvini di pretendere i “pieni poteri”? E ora gli vuole regalare il presidenzialismo senza controlli.
Credo che avremo tempo e ottimi argomenti per bloccare questo presidenzialismo renziano, un po’ confuso, meschinamente tattico. La preoccupazione maggiore ed immediata mi deriva piuttosto dalla proposta sull’Autonomia ” differenziata” presentata dal ministro Boccia (che andrà presto in Consiglio dei Ministri) che azzera, di fatto ed esplicitamente, il ruolo del Parlamento. Si prevede, infatti, che lo schema di “intesa preliminare” sia sottoscritta dal governo direttamente con il presidente della regione. Ma insomma…siamo di fronte ad un progetto che smembra la Repubblica italiana in 20 staterelli (senza neppure configurare una ambizione “confederale”) e gli attori principali di un tortuoso procedimento sono governo nazionale e governo regionale; mentre il ruolo del Parlamento, nella formazione dell’intesa, è ridotto alla emissione di un “parere non vincolante”. Sostanzialmente, il Parlamento interviene, alla fine, solo per ratificare una intesa già raggiunta e stipulata.
E’ grave che il Parlamento non abbia nessun ruolo decisionale nemmeno nella definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni), che dovrebbero attutire diseguaglianze tra regione e regione. I LEP dovrebbero costruire un rinnovato equilibrio nell’erogazione di servizi e prestazioni dello Stato sociale, rendendo possibile che i diritti universali fondamentali previsti in Costituzione ( lavoro, reddito, abitare, formazione, salute, ecc.) possano essere, nella pratica, agiti dalle persone. E’ particolarmente grave, dal mio modesto punto di vista, che l’articolo 2 comma 1 preveda, anche in questo caso, un ruolo del tutto marginale del Parlamento. Ho sempre ritenuto che le gravi anomalie e disparità attuali siano frutto dell’errore storico attuato dal centrosinistra riscrivendo il Titolo quinto della Costituzione, per inseguire la Lega di Bossi nella sua strategia secessionista, sperando, invano, di indebolirla. Oggi si perpetua l’errore in peggio, facendo del centrosinistra l’ancella sciocca del secessionismo liberista salviniano, che si nasconde sotto le mentite spoglie del sovranismo. Penso che occorrerebbe intervenire drasticamente, abrogando gli articoli della Costituzione su cui, con una interpretazione a mio avviso incostituzionale, poggia il progetto di “secessione dei ricchi”.
Occorre, comunque, intervenire nell’immediato cambiando radicalmente l’impianto della proposta Boccia, per riportare all’interno dei poteri decisionali del Parlamento il complesso delle scelte che attengono alla ” forme e condizioni particolari di autonomia” di cui all’articolo 116 comma 3 della Costituzione. Non è questione tecnica, ma di volontà politica. Tutto il procedimento può essere riportato nell’ambito parlamentare, prevedendo l’approvazione a maggioranza assoluta dei componenti sia della prima legge che approva l’intesa, sia di leggi successive che definiscano i livelli di prestazione, ma anche le risorse organizzative e, soprattutto, finanziarie ( per evitare che si perpetui la tremenda sperequazione contro le regioni del Sud generata dal ” federalismo fiscale” e dalla cosiddetta ” spesa storica”, che significa, nei fatti, che chi ha di più avrà sempre di più ; e viceversa. Più che mai, nelle prossime settimane, incombe la difesa del valore fondante del costituzionalismo. Cioè un patrimonio di civiltà giuridica, politica, sociale. Ci batteremo. Non accetteremo la trasformazione della democrazia costituzionale in monocrazia e la trasformazione della Repubblica unitaria e plurale in un confuso assemblaggio di staterelli.