In occasione della Giornata della Terra, il 22 aprile, Navdanya International, Naturaleza de Derechos, Health of Mother Earth Foundation – HOMEF, insieme a 500 organizzazioni e reti da 50 paesi – tra cui anche la Rete dei Numeri Pari – hanno presentato un Comunicato Planetario e un appello all’azione urgente, perché la salute e il benessere di tutti i popoli e del pianeta vengano posti al centro di tutte le politiche governative e istituzionali, della costruzione della comunità e dell’azione civica.
FARE PACE CON LA TERRA
La Pandemia del Covid-19 rappresenta un allarme che la Terra ha lanciato all’umanità.
Siamo una cosa sola con Terra, non siamo separati da essa, non siamo i suoi dominatori, proprietari e conquistatori, non siamo superiori ad altre specie, come il dogma antropocentrico vorrebbe farci credere.
La pandemia ci mostra che stiamo violando i diritti della Terra e di tutte le sue specie a nostro rischio e pericolo. E che sarebbe saggio per noi ascoltare e valorizzare i sistemi di conoscenza ancestrali e la saggezza dei popoli indigeni, da sempre sono i guardiani della Terra, Il loro profondo rispetto per essa si basa sulla consapevolezza dell’interconnessione tra tutte le forme di vita. Danneggiarne una parte significa danneggiare l’intero sistema.
Questa pandemia non è un “disastro naturale”, come non sono disastri naturali l’estinzione delle specie e i fenomeni climatici estremi. Le epidemie emergenti sono antropogeniche – provocate dall’agire umano.
La Terra è una rete di vite interconnesse.
L’emergenza sanitaria che la comunità globale sta affrontando è legata all’emergenza dello stato di salute della Terra: il suo degrado costante, l’estinzione e la scomparsa delle specie e l’emergenza climatica.
Quando utilizziamo veleni e agrotossici, come insetticidi ed erbicidi per sbarazzarci di insetti e piante nel contesto del modello agricolo industriale, provochiamo la desertificazione dei suoli, l’inquinamento l’acqua, il suolo, l’aria e la distruzione della biodiversità. Gli agrotossici stanno causando l’estinzione delle specie, ivi compresi gli insetti impollinatori, come dimostrato dal fenomeno della moria delle api. Quando estraiamo metalli a cielo aperto è necessario utilizzare milioni di litri d’acqua risorsa essenziale per la vita.; Quando pratichiamo la fratturazione idraulica o “fracking”, alteriamo la conformazione geologica dei territori aumentando il rischio sismico. Quando bruciamo il carbonio fossile, che la terra ha immagazzinato nel corso di 600 milioni di anni, infrangiamo i limiti planetari. Attraverso l’industrializzazione e la globalizzazione dei sistemi alimentari contribuiamo fino al 50% delle emissioni di gas serra. E il cambiamento climatico ne è la conseguenza.
La scienza ci informa che, invadendo gli ecosistemi forestali, distruggendo gli habitat delle specie selvatiche e manipolando piante e animali a scopo di lucro, creiamo le condizioni per nuove epidemie. Negli ultimi 50 anni sono emersi fino a 300 nuovi agenti patogeni. È ben documentato che circa il 70% degli agenti patogeni umani, tra cui HIV, Ebola, Influenza, MERS e SARS, sono emersi quando gli ecosistemi forestali sono stati invasi e i virus sono passati dagli animali all’uomo (salto di specie).
Con la pretesa di nutrire il mondo, l’agricoltura industriale ha spinto un miliardo di esseri umani alla fame e questo numero sta crescendo a causa del lockdown ormai globale e della compromissione dei mezzi di sussistenza.
La nostra salute e la salute del pianeta sono una cosa sola. Il rispetto dei limiti planetari, dei limiti dell’ecosistema e dell’integrità delle specie è di vitale importanza per proteggere il pianeta e la nostra salute. Le soluzioni al cambiamento climatico sono anche soluzioni per evitare nuove epidemie di malattie. Il dibattito sulla questione del cambiamento climatico non può evitare di considerare come il modello tecnologico ed economico dominante, basato sui combustibili fossili, non abbia tenuto conto della finitudine delle risorse della Terra. Un’economia globale basata sul mito della crescita e dell’accaparramento indiscriminato delle risorse della Terra è alla base di questa crisi sanitaria e delle crisi future.
Una risposta olistica e integrata all’emergenza sanitaria consiste nel passaggio dal paradigma dell’agricoltura intensiva, basata sull’uso intensivo di combustibili fossili e di prodotti chimici e del commercio globalizzato con la sua pesante impronta ecologica, a sistemi ecologici di produzione e distribuzione del cibo che siano locali, biodiversi, ecologici. La guarigione della Terra comportala guarigione di noi stessi che ne siamo parte.
Ritornare alla Terra, nel nostro modo di pensare e nella nostra vita quotidiana
Durante la crisi del Covid-19 e nella fase di ripresa post-coronavirus dobbiamo imparare a proteggere la Terra, i suoi sistemi climatici, i diritti e gli spazi ecologici delle diverse specie e dei diversi popoli – indigeni, giovani, donne, contadini e lavoratori. Per la Terra non ci sono specie sacrificabili e non ci sono popoli sacrificabili. Tutti noi apparteniamo alla Terra.
Per evitare future pandemie, carestie e un possibile scenario in cui le persone vengano considerate sacrificabili, dobbiamo andare oltre il sistema economico globalizzato, industrializzato e competitivo. La localizzazione lascia spazio alla prosperità delle diverse specie, delle diverse culture e delle diverse economie locali.
Dobbiamo abbandonare l’economia dell’avidità e della crescita illimitata, basate sulla concorrenza e sulla violenza, che ci hanno spinto a una crisi esistenziale e passare a una “Economia della cura” – per la Terra, per le persone e per tutte le specie viventi.
Dobbiamo ridurre la nostra impronta ecologica, per lasciare il giusto spazio ad altre specie, a tutti gli esseri umani e alle generazioni future. È necessario smettere di considerare i beni naturali comuni come “risorse”, abbandonare la visione utilitaristica, coloniale, capitalistica e antropocentrica che ci ha condizionato a chiamare gli elementi della natura “risorse naturali”. L’emergenza sanitaria e le misure di isolamento hanno dimostrato che quando c’è una volontà politica, possiamo de-globalizzare. Rendiamo permanente la deglobalizzazione dell’economia e localizziamo la produzione in linea con la filosofia di Gandhi “Swadeshi” (produrre a livello locale). Come si è visto durante la pandemia, le comunità alimentari locali sono state in grado di fornire e distribuire regolarmente il cibo, mentre le catene alimentari globalizzate, in alcune parti del mondo, sono crollate e si sono verificate speculazioni e innalzamenti dei prezzi.
Contrariamente a quanto ci viene fatto credere, non è la globalizzazione a proteggere le persone dalle carestie. Essa stessa le produce e le aggrava. Ciò che ci protegge è la sovranità alimentare dei popoli, che permette alle persone a livello comunitario di produrre, scegliere e consumare alimenti adeguati, sani e nutrienti, in base ad accordi di prezzo equo, adeguati alla produzione e allo scambio locale.
La mente meccanicistica e accaparratrice, che domina le nostre società, brama profitti aziendali e personali attraverso l’estrazione e la manipolazione. Le multinazionali e i miliardari che con il loro operato hanno dichiarato guerra alla Terra e provocato le molteplici crisi che il mondo sta affrontando, si stanno ora preparando ad intensificare l’agricoltura industriale attraverso la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. Stanno immaginando un futuro di agricoltura senza agricoltori e di cibo artificiale prodotto in laboratorio. Questi sviluppi acuiranno la crisi ecologica, distruggendo ulteriormente la biodiversità e acuendo la nostra separazione dalla Terra.
Il cibo è una “rete di vita” e la pace con la Terra deve iniziare dal cibo. Torniamo in armonia con essa quando ci prendiamo cura del suolo e della biodiversità. Ci ricordiamo di essere umani perché siamo fatti di “humus” – di suolo. Solo le nostre menti, i nostri cuori e le nostre mani che lavorano insieme alla Terra, come parti integranti della sua creatività, possono guarire la Terra, fornendo a noi e a tutte le altre specie cibo nutriente e sano.
Come ci ha insegnato l’esperienza che abbiamo condiviso con altre organizzazioni e reti impegnate nella protezione della Terra, per la libertà dei semi e del cibo, sono i sistemi alimentari biologici, biodiversi e locali che ci permettono di rigenerare il suolo, l’acqua e la biodiversità e di fornire cibo sano a tutti. È la ricchezza di biodiversità nelle nostre foreste, nelle nostre fattorie, nel nostro cibo e nel nostro microbioma intestinale che collega il pianeta e le sue diverse specie, compresi gli esseri umani. Perciò la salute può diventare il filo conduttore che ci collega, invece delle malattie, come oggi il Coronavirus ci mostra così chiaramente.
La guerra contro la Terra è una guerra contro il futuro dell’umanità
Tutte le attuali emergenze hanno origine in una visione del mondo meccanicistica e antropocentrica, che vede gli esseri umani separati dalla natura – autorizzati ad agire come dominatori, autorizzati a possedere, manipolare e sfruttare altre specie come oggetti a scopo di lucro. Queste emergenze sono anche radicate in un modello economico che vede i limiti ecologici ed etici come ostacoli che devono essere rimossi nell’interesse del profitto e del potere corporativo più sfrenato.
Le previsioni scientifiche suggeriscono che se non fermiamo questa guerra antropogenica contro la Terra e le sue specie, distruggeremo presto le condizioni che hanno finora permesso all’umanità di evolversi e sopravvivere. L’avidità umana, l’arroganza e l’irresponsabilità stanno accelerando la corsa verso la prossima pandemia – e infine verso l’estinzione.
La Terra riflette quello che siamo. Mostrandoci la sua interconnettività ci invita a iniziare a riconoscere le diverse intelligenze viventi – della rete alimentare dei microrganismi del suolo, delle piante, degli animali e del nostro cibo.
La Terra ha inviato un messaggio per aiutarci a fare un salto di qualità per creare una nuova civiltà planetaria ed ecologica basata sull’armonia con la natura. Ascoltare questo messaggio è un imperativo di sopravvivenza.
Il nostro impegno
Nell’aderire a questa dichiarazione ci impegniamo, in qualità di coalizione planetaria, a sollecitare ed esortare le autorità e i rappresentanti dei governi di ciascuno dei nostri paesi, cittàe comunità, a favorire il passaggio dal paradigma dell’ecocidio, che oggi governa i nostri modelli di produttività, a un paradigma in cui la responsabilità ecologica e la giustizia economica siano il fondamento per la creazione di un futuro sano e prospero per l’umanità.
Chiediamo il supporto di quelle comunità, territori e nazioni che pongono l’ecologia al centro di un paradigma di economia della cura.
Impegniamoci a fare pace con la Terra e con tutte le sue specie, co-creando con lei sulla base delle sue leggi di vita.
È nostro imperativo morale cogliere questo momento per compiere quel salto essenziale che ci porterà alla guarigione e alla riconciliazione con la Terra – la migliore eredità che possiamo lasciare alle generazioni future.
Chiamata all’azione e alla transizione – per un solo pianeta, una sola salute
È tempo di abbandonare i nostri sistemi economici ad alta intensità di risorse e di profitti che hanno creato il caos nel mondo, sconvolgendo gli ecosistemi del pianeta e minando i sistemi di salute, giustizia e democrazia della società.
La pandemia del Coronavirus, il conseguente collasso economico globale e la compromissione dei mezzi di sussistenza per milioni di persone, ci chiamano ad agire con urgenza.
Prepariamoci per la fase di ricostruzione post-coronavirus, in cui la salute e il benessere di tutti i popoli del pianeta siano al centro delle politiche governative e istituzionali, della costruzione della comunità e dell’azione civica.
Le azioni per coltivare i semi di una nuova Democrazia della Terra comprendono:
➢ La promozione e la protezione della ricchezza della biodiversità nelle nostre foreste, nelle nostre fattorie e nel nostro cibo per fermare la distruzione della terra e la sesta estinzione di massa.
➢ La promozione di cibo locale, biologico e sano attraverso sistemi e culture alimentari biodiverse locali e di economie di cura (mercati agricoli, biodistretti, gruppi solidali di acquisto- CSA).
➢ Interrompere le sovvenzioni all’agricoltura industriale e ai sistemi malsani che creano oneri sanitari. I sussidi pubblici dovrebbero essere riorientati verso sistemi basati sull’agroecologia e sulla conservazione della biodiversità, che forniscono benefici per la salute e tutelano i beni comuni.
➢ Agire per contrastare i cambiamenti climatici, interrompendo sussidi e ulteriori investimenti nel settore dei combustibili fossili, compresi i prodotti per l’agricoltura derivati da essi.
➢ Disincentivare l’industria del cibo spazzatura e i sistemi alimentari malsani basati su prodotti tossici e nutrizionalmente vuoti.
➢ Porre fine al sistema delle monocolture, delle manipolazioni genetiche e degli allevamenti intensivi di animali che provocano la diffusione di agenti patogeni e resistenza agli antibiotici.
➢ Fermare la deforestazione, che si sta espandendo in modo esponenziale attraverso monocolture industriali per gli interessi delle multinazionali.
➢ Praticare un’agricoltura sostenibile basata sull’integrazione della diversità delle colture, degli alberi e degli animali.
➢ Conservare, coltivare e rinnovare varietà di semi tradizionali in grado di preservare la biodiversità e quindi la diversità necessaria alla nostra salute: una banca di semi viventi e non un “museo” del germoplasma.
➢ Creare zone libere da veleni, comunità, aziende agricole e sistemi alimentari.
➢ Valutare i costi reali dei danni alla salute e all’ambiente causati dalle sostanze chimiche da parte delle istituzioni e applicare il principio del “chi inquina paga”.
➢ La salute pubblica deve avere la priorità sugli interessi corporativi. Il principio di precauzione deve essere attuato nei confronti dell’utilizzo di prodotti chimici e pesticidi nell’alimentazione e nell’agricoltura.
➢ Favorire il passaggio dalla globalizzazione alla localizzazione e rendere la deglobalizzazione permanente. Fermare il processo di appropriazione del nostro cibo e della nostra salute da parte delle multinazionali.
➢ Promuovere le economie circolari e locali che aumentano il benessere e la salute delle persone.
➢ Sostenere, rigenerare e rinforzare le comunità.
➢ Creare orti, che danno salute e speranza, ovunque sia possibile – nei giardini delle comunità, nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali delle città e delle campagne.
➢ Smettere di utilizzare “Crescita” e PIL come misure della salute dell’economia. Il PIL si basa sull’estrazione delle risorse dalla natura e sull’accaparramento delle ricchezze dalla società. Adottare il livello di benessere dei cittadini come misura della salute dell’economia.