Il dibattito sulle terapie intensive è segnato dalle accuse reciproche tra enti sulle rispettive responsabilità. Proviamo a fare il punto sulle competenze previste dalle norme e sullo stato di attuazione dei piani per aumentare i posti letto.
Martedì 27 Ottobre 2020 – Openpolis
L’aumento dei contagi e dei ricoveri ha fatto tornare alta l’attenzione sulle terapie intensive, e sul loro potenziamento in vista della seconda ondata.
Il conflitto, come su altri temi nel corso di questa crisi, vede contrapposto il governo centrale e le autonomie locali. Negli ultimi giorni si sono rincorse accuse incrociate tra Stato e Regioni rispetto alle responsabilità sulle terapie intensive. Alcune dichiarazioni del commissario all’emergenza Domenico Arcuri hanno messo in dubbio l’impegno delle regioni su questo fronte:
Pre-crisi, avevamo 5.179 posti letto in terapia intensiva. Abbiamo distribuito 3.109 ventilatori e oggi dovremmo avere 8.288 posti attrezzati. Invece ne abbiamo 6.628: ne mancano 1.600. Giorni fa ho chiesto alle regioni dove sono quei ventilatori e quando attrezzeranno quei posti letto
Sullo stesso tema è intervenuto anche il ministro degli affari regionali Francesco Boccia, rincarando la dose.
In questi mesi sono stati distribuiti ventilatori polmonari ovunque, così come confermato da Arcuri: il problema è dove sono finiti i ventilatori, attendiamo risposte in tempo reale dalle regioni
In un momento così delicato, la possibilità di un conflitto tra enti certamente non rassicura sulla gestione di una nuova recrudescenza, e non va nella direzione auspicata solo pochi giorni fa dal presidente della Repubblica.
Occorrono cure, terapie, organizzazione sanitaria efficace, efficiente, ma occorre anche la responsabilità collettiva (…) soltanto il coro sintonico delle nostre istituzioni e della loro attività può condurci a superare queste difficoltà.
Come spesso succede, quando istituzioni ed enti si rimpallano a vicenda le responsabilità è sempre difficile capire non solo a chi attribuire le diverse competenze, ma persino comprendere gli stessi termini della questione.
Del resto il tema viene posto nel dibattito pubblico in termini di “scomparsa dei ventilatori”, alimentando dubbi e confusione, mentre la questione è più complessa. Il governo a maggio, con il decreto legge 34/2020, ha deciso quasi un raddoppio dei posti di terapia intensiva. Con piani la cui predisposizione è rimessa alle regioni e all’approvazione del ministero della salute. Le risorse per il potenziamento dei posti sono gestite dal commissario straordinario, che può delegare i presidenti di regione.
Come si vede un quadro di competenze molto articolato, che esclude ricostruzioni semplicistiche. In un momento come quello che stiamo vivendo, è essenziale che i tanti attori coinvolti collaborino insieme, secondo le rispettive responsabilità.
Proviamo a fare chiarezza su questi aspetti attraverso i dati disponibili e ricostruendo i vari passaggi normativi.
I materiali consegnati in questi mesi
Il primo riferimento per verificare le forniture di materiali alle regioni è la piattaforma di analisi distribuzione aiuti della struttura commissariale.
Da questa risulta che tra l’inizio della crisi e il 9 ottobre scorso sono stati distribuiti 3.109 ventilatori per la terapia intensiva e 1.429 per la terapia sub-intensiva, in linea con quanto dichiarato dal commissario straordinario.
Osservando l’andamento nel tempo, emerge anche come l’approvvigionamento di oltre il 90% dei ventilatori polmonari finora consegnati si concentri nei primi 2 mesi dell’emergenza.
La distribuzione dei ventilatori alle regioni per la terapia intensiva
Numero di ventilatori distribuiti (per mese) tra marzo e ottobre 2020
FONTE: elaborazione openpolis su dati piattaforma Ada
(ultimo aggiornamento: venerdì 9 Ottobre 2020)
1,6 anestesisti e rianimatori per posto letto in terapia intensiva ad oggi. Prima dell’emergenza sanitaria (e dell’aumento dei posti letto deciso a maggio) erano 2,5.
Il tema va inquadrato all’interno della riorganizzazione della rete ospedaliera decisa a seguito dell’emergenza Covid. Una programmazione che si è delineata attraverso una serie di atti, anche di soggetti diversi, dato che la materia incrociava tante competenze differenti: quelle delle regioni, del governo (in particolare del ministero della salute) e della struttura commissariale.
Come funzionano i piani di riordino del sistema sanitario
Dopo i primi interventi immediati di risposta all’emergenza, con il decreto cura Italia (Dl 18/2020) viene deciso un aumento del finanziamento statale del fabbisogno sanitario, pari a 1,4 miliardi di euro per il 2020. Queste risorse serviranno per una serie di interventi, stabiliti dalla stessa legge.
Intervento da finanziare | Riferimento normativo nel Decreto Cura Italia |
---|---|
Remunerazione per dipendenti SSN nell’emergenza | art. 1 c. 1 e 3 |
Reclutamento personale per terapia intensiva | art. 2-bis, comma 1, let. a |
Incarichi ad autonomi per terapia intensiva | art. 2-bis, comma 5 |
Incarichi a tempo determinato per assistenza sanitaria | art. 2-ter |
Incremento monte ore assistenza specialistica ambulatoriale | art. 2-sexies |
Potenziamento delle reti di assistenza territoriale | art. 3, c. 1, 2 e 3 |
Unità speciali di continuità assistenziale | art. 4-bis |
Il cura Italia stabilisce anche che i fondi dovranno essere ripartiti tra le regioni e le province autonome, tenute a loro volta a redigere un programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19. Ciascun programma operativo regionale dovrà poi essere approvato dal ministero della salute, di concerto con quello dell’economia, chiamati anche a monitorare sulla sua attuazione.
Sempre con questo decreto, varato il 17 marzo, viene istituito il commissario straordinario per l’emergenza (poi nominato nella persona di Domenico Arcuri con decreto del presidente del consiglio del 18 marzo 2020). A questa figura è attribuito un ruolo centrale non solo nell’acquisto dei dispositivi di protezione, ma anche nel potenziamento delle strutture sanitarie, che dovrà seguire in coordinamento con le prerogative già attribuite alle regioni.
Il Commissario, raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie e fermo restando quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del presente decreto, provvede, inoltre al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l’allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva.
Nel quadro delineato dal Cura Italia, è il decreto rilancio (dl 34/2020), approvato il 19 maggio, a stabilire come rafforzare in modo strutturale la rete ospedaliera, fissando degli obiettivi sui posti in terapia intensiva e sub-intensiva.
(…) è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva. Per ciascuna regione e provincia autonoma, tale incremento strutturale determina una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti.
A questo scopo le regioni, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto, sono state chiamate a predisporre dei piani di riorganizzazione, redatti in base alle linee guida del ministero della salute. Questi piani dovevano contenere la ridefinizione del numero di posti letto, la separazione dei percorsi nei pronto soccorso per garantire la permanenza dei pazienti in sicurezza, misure sul trasporto tra ospedali e sul potenziamento del personale.
Una volta presentato il piano, è il ministero della salute che deve dare l’approvazione, entro altri 30 giorni, in modo che possano essere recepiti all’interno dei programmi operativi regionali previsti dal Cura Italia.
Vale il silenzio-assenso: se il ministero non si esprime negativamente, una volta scaduto il termine il piano è approvato. Se invece il piano della regione viene bocciato, oppure non è stato presentato, è il ministero della salute ad adottarlo entro 30 giorni – sentita la conferenza stato-regioni.
1,4 miliardi stanziati per l’attuazione dei piani di riorganizzazione sui posti letto.
La spesa autorizzata per il riordino della rete ospedaliera è stata ripartita tra le regioni in base all’allegato D del decreto. La Lombardia è quella con l’assegnazione maggiore (225 milioni) seguita da Campania (163,8) e Sicilia (123).
FONTE: elaborazione openpolis su dati Decreto legge 34/2020
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Maggio 2020)
Ma come avviene l’attuazione di questi fondi? Per velocizzare i tempi di realizzazione, il decreto rilancio stabilisce che queste risorse – una volta approvati i piani dal ministero della salute – siano trasferite alla contabilità speciale intestata al commissario straordinario. Il commissario, in coerenza con quanto già previsto dal Cura Italia, procede con tutti i suoi poteri
(…) a dare attuazione ai piani, garantendo la massima tempestività e l’omogeneità territoriale, in raccordo con ciascuna regione e provincia autonoma.
Per farlo, può anche delegare i suoi poteri ai presidenti di regione. È quello che concretamente è successo l’8 ottobre, con le regioni che hanno fatto richiesta della delega per l’attuazione delle opere previste dal piano regionale. Si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, e delle province autonome di Bolzano e Trento.
9 i presidenti di regione o provincia autonoma che agiscono come delegati del commissario straordinario nell’attuazione del piano.
E resta comunque ferma la competenza del commissario sulla fornitura delle attrezzature medicali, quelle finalizzate all’allestimento dei posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva e dei veicoli attrezzati per il trasporto dei pazienti.
Come sta andando l’attuazione
Un quadro di competenze quindi molto complesso, che certo non facilita l’attribuzione di responsabilità chiare.
Dal punto di vista dell’attuazione, i dati più recenti – elaborati dall’alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica – mostrano che i piani regionali adottati a seguito del decreto rilancio hanno previsto un’importante potenziamento di posti.
Il tasso di saturazione è un indicatore che mette in relazione il numero di ricoveri sui posti letto in terapia intensiva. Nell’elaborazione viene presentato in due scenari: il primo (in rosso) considerando il numero di posti letto in dotazione alle regioni prima dell’emergenza. Il secondo considerando il numero di posti previsti dai piani regionali di riorganizzazione della rete ospedaliera, in base al Dl 34/2020 (decreto rilancio).
FONTE: dati Altems
(ultimo aggiornamento: mercoledì 14 Ottobre 2020)
Allo stesso tempo, i posti aggiuntivi effettivamente implementati per alcune regioni rischiano di mostrare delle carenze durante la seconda ondata. Un altro indicatore calcolato dall’alta scuola che andrà monitorato nel corso della crisi è infatti anche il tasso di saturazione dei posti di terapia intensiva aggiuntivi.
Questo indicatore calcola quanti dei posti letto effettivamente implementati tra quelli previsti dal decreto rilancio siano al momento occupati da pazienti Covid-19. Quando il tasso di saturazione supera il 100% significa che per i pazienti Covid nella regione si stanno utilizzando i posti “strutturali” e non quelli aggiuntivi.
FONTE: dati Altems
(ultimo aggiornamento: mercoledì 14 Ottobre 2020)
Se è vero che per molte regioni il tasso di saturazione dei posti aggiuntivi resta per ora sotto controllo, questo dato non va assolutamente sottovalutato. In una situazione che andrà monitorata giorno per giorno, è fondamentale che i tanti attori coinvolti nell’emergenza (governo, regioni, struttura commissariale) lavorino in coordinamento e senza polemiche per assicurare il diritto alla salute dei cittadini. Nello spirito di quanto auspicato dal presidente Mattarella.
Il cortocircuito stato-regioni sulla riorganizzazione del sistema sanitario