29 dicembre 2020 – Di Víctor M. Toledo / día.com.mx / DEMOS, Desarrollo de Medios, SA de CV
In un paese in cui tre decenni di neoliberismo hanno lasciato centinaia di conflitti ambientali, battaglie in cui Stato e capitale si sono uniti per realizzare progetti minerari, idraulici, turistici, energetici, stradali, agricoli e industriali che hanno danneggiato gli ecosistemi, l’ambiente e le comunità di molte regioni, c’è un’eroica resistenza da parte della società civile organizzata. Queste resistenze dei cittadini dovrebbero essere riconosciute e supportate da un Governo che deve avere come slogan centrali per limitare la voracità del capitale e responsabilizzare le organizzazioni sociali. Le righe seguenti rendono conto, incompleto per ragioni di spazio, di alcune delle resistenze ambientali più notevoli che continuano senza essere affrontate.
Nelle Valli Centrali di Oaxaca, 15 anni fa, è emersa un’iniziativa esemplare con la quale 16 comunità zapoteche si sono organizzate per formare il Coordinatore dei Popoli Uniti per la cura e la difesa dell’acqua (Copuda) e svolgere lavori di raccolta e ritenzione acqua per risolvere il problema della carenza di liquidi e recuperare la falda acquifera. Durante questo periodo, in cui le comunità hanno esercitato anche i loro diritti di popolazioni indigene, i Copuda sono riusciti a recuperare le sorgenti in modo tale che a partire dal 2015 hanno avviato un processo di negoziazione per il governo federale per revocare il divieto e riconoscere alle comunità il loro diritto di accesso, uso, amministrazione e conservazione della falda acquifera. Ciò è stato felicemente raggiunto il 12 ottobre 2019, quando, in un’atmosfera festosa, l’accordo è stato firmato da Conagua, l’Istituto nazionale dei popoli indigeni e Semarnat. Oggi, a più di un anno di distanza, il decreto che avrebbe dovuto essere pubblicato immediatamente è stato inspiegabilmente fermato dal Consiglio Legale della Presidenza della Repubblica, che o ignora il processo o rifiuta di dare il parere corrispondente.
Un secondo caso è quello della Selva Lacandona in Chiapas, regione che ha subito un conflitto agrario quasi eterno e dove si trova la Riserva dei Montes Azules con una superficie originaria di 300mila ettari. Dopo decenni di ingovernabilità, il 6 agosto 2019, la Procura Agraria ha realizzato un evento storico: l’elezione delle autorità agrarie attraverso un’assemblea generale delle comunità composta da 1.600 famiglie di tre culture diverse (Lacandon, Tzeltal e Chole) – i legittimi proprietari dell’estesa massa della giungla di quella regione. In una serie di azioni esemplari, queste autorità agrarie hanno raggiunto accordi con 34 insediamenti ed ejidos (area di terra comunale utilizzata per l’agricoltura in cui i membri della comunità hanno diritti di usufrutto piuttosto che diritti di proprietà sulla terra) irregolari che si sono impegnati a rispettare i limiti delle loro proprietà e a contribuire alla conservazione del bosco. Questo risultato, che nessun Governo ha raggiunto per quattro decenni, offre uno scenario molto favorevole per attuare un progetto di conservazione e sviluppo sociale. Purtroppo il ministero dell’Interno, incaricato delle trattative, mantiene congelato il caso.
Un altro esempio sono le comunità di Temacapulin, Acasico e Palmarejo che hanno lottato per anni per non scomparire sotto le acque della diga di El Zapotillo, a Jalisco, la cui conclusione è stata interrotta dal nuovo governo, sebbene diversi milioni di pesos fossero previsti per il 2021. Situazione simile è quella del comune di Cacahuatepec, a Guerrero, le cui comunità si oppongono da 15 anni alla diga La Parota: una centrale idroelettrica CFE sul fiume Papagayo, dove sono stati assassinati una dozzina di membri della comunità oltre a numerosi leader imprigionati per essersi opposti alla diga. Nella stessa situazione si trovano Capulalpan, nella Sierra Norte e diverse comunità nelle Valli Centrali, entrambe a Oaxaca, che stanno combattendo contro le compagnie minerarie.
Un altro caso è quello delle 232 comunità Nahua e Totonaku, nella Sierra Norte de Puebla, organizzati dal 2014 per difendere il proprio territorio a Puebla e Veracruz da vari progetti idroelettrici, minerari, turistici ed energetici e che a oggi hanno tenuto più di 30 assemblee regionali. La lista potrebbe continuare: nello Yucatán, contro gli allevamenti di maiali; a Sonora, per il recupero del fiume contaminato dall’incidente presso la società mineraria Grupo México; a Sinaloa, contro la fabbrica di ammoniaca; a Coahuila, contro la discarica tossica del generale Cepeda; a Morelos, contro la centrale termoelettrica ecc. ecc. ecc.
Comunque, il governo della 4T farebbe bene a creare uno speciale organo multisegretario per assistere e risolvere questi conflitti, mettendo in chiaro da che parte sta. La società messicana lo richiede.