In Italia, le pratiche agroecologiche forniscono una valida alternativa a un modello di produzione dannoso per l’ambiente, la salute delle persone e l’economia locale.
19 gennaio 2020 – Di Manlio Masucci, Post Growth Institute
Un numero crescente di autorità locali, comitati cittadini e ricercatori indipendenti chiedono un modello di produzione agricola più rispettoso dell’ambiente, che rispetti l’ambiente, la salute dei cittadini, la bellezza dei paesaggi e il loro significato culturale e sociale. È proprio in queste aree che si registrano le prime vittorie contro il business della monocoltura intensiva, costringendolo a rallentare il proprio progresso ea fare marcia indietro di fronte alla forte opposizione delle comunità locali.
‘Noccioland’, un report pubblicato nel numero di luglio 2020 della rivista Terra Nuova , analizza l’espansione delle monocolture intensive di nocciole in Italia, guidata dalle multinazionali del settore dolciario. Il rapporto documenta inoltre come le buone pratiche agroecologiche offrano un’alternativa sostenibile valida dal punto di vista ambientale ed economico.
Si registrano le prime vittorie contro l’attività intensiva della monocoltura, costringendola a rallentare e tornare sui propri passi.
Ci sono diversi sindaci che, sotto la pressione dei comitati cittadini locali, hanno emesso ordinanze restrittive contro le monocolture e i trattamenti chimici che ne derivano. Tra queste, l’ordinanza di Montefiascone, paese sulle rive del Lago di Bolsena, è un modello per tutti i sindaci che vogliono che i loro comuni inizino a spostarsi verso la liberazione transitoria del proprio territorio da un modello produttivo dannoso per l’ambiente, la salute delle persone, il economia locale e tessuto sociale.
L’indagine parte dalla regione della Tuscia, in provincia di Viterbo, sede del 30 per cento dei noccioleti italiani. Secondo il rapporto:
È proprio la regione della Tuscia a rappresentare il fronte più importante di un conflitto che sembra pronto a estendersi ad altre zone del Paese. La Tuscia, dove le problematiche legate a questa coltivazione intensiva sono più evidenti, è diventata un laboratorio dove è possibile valutare sia l’ampiezza del conflitto sia la contestuale resistenza di modelli alternativi. Questa resistenza si basa sull’agricoltura biologica e sul coinvolgimento di tutti gli attori locali all’interno di cicli economici virtuosi. È questo, ad esempio, l’obiettivo del Biodistretto di Via Amerina e Forre, che da quasi dieci anni cerca di promuovere un’agricoltura rispettosa dell’ambiente.
La crescente espansione dei noccioleti è richiesta da multinazionali, come Ferrero, che offre prezzi interessanti ai produttori. Eppure il modello di monocultura non è l’unico a operare sul territorio. Gli agricoltori biologici stanno usando la biodiversità locale e nessun pesticida per combattere la minaccia più pericolosa per i noccioleti: la cimice parassita. In effetti, i margini di profitto di questi agricoltori biologici sono significativi a causa della crescente domanda del mercato biologico. La sostenibilità economica è quindi alla portata di produttori e trasformatori biologici che intendono investire in nuovi progetti di aggregazione basati sulla valorizzazione delle filiere locali, circuiti chiusi di impresa ed economia circolare.
Gli agricoltori biologici stanno utilizzando la biodiversità locale per combattere la minaccia più pericolosa per i noccioleti: la cimice parassita.
Dopo aver esaminato le problematiche legate alle monocolture intensive, come il caso dell’acqua potabile nei comuni limitrofi al Lago di Vico, l’indagine prende in esame i contributi di alcuni esperti dell’Università della Tuscia, ISDE (International Society of Doctors for the Environment) così come i legali ambientali, che forniscono una spiegazione dettagliata delle azioni che potrebbero essere intraprese a livello locale e nazionale per la protezione dei territori dal progresso delle monoculture.
La sostenibilità economica è alla portata dei produttori biologici, che intendono investire in progetti che valorizzano le filiere locali, i circuiti chiusi di impresa e l’economia circolare.
Si tratta di un manuale importante in un momento in cui le monoculture sembrano avanzare rapidamente nel paese, mentre attraversano i confini del Lazio per raggiungere l’Umbria, le Marche e la Toscana. I buoni risultati ottenuti dai comitati territoriali della Tuscia hanno portato rappresentanti locali di altre aree geografiche a strutturarsi in una rete nazionale per organizzare la resistenza all’avanzamento delle monocolture di nocciole. Le richieste che arrivano dai territori sono per un modello di produzione ecosostenibile che tenga conto delle esigenze dei suoli, delle falde acquifere, dei paesaggi e della salute dei cittadini, e non si concentri solo sull’estrazione della materia prima e sulla redditività per le imprese.
I buoni risultati in Tuscia hanno portato rappresentanti locali di altre zone ad organizzare una rete nazionale per resistere all’avanzamento delle monocolture di nocciole.
Altrettanto importante è la questione delle sovvenzioni all’agricoltura, in particolare delle sovvenzioni europee, che continuano a beneficiare in larga misura dell’agricoltura convenzionale, facendola apparire artificialmente sostenibile. I costi reali, siano essi sociali, ambientali o legati alla salute, vengono infatti esternalizzati e la percezione della redditività economica si ottiene attraverso la manipolazione del mercato. Come sottolinea il rapporto, non solo il modello convenzionale danneggia direttamente la produzione biologica, ma:
… Senza considerare il danno economico per la collettività […], tali trattamenti chimici hanno costi elevati sia per l’acquisto del prodotto chimico che per il costo del lavoro necessario per la loro applicazione. Oltre a questo, aumentano i costi di irrigazione, considerando che il terreno trattato chimicamente è più assetato di quello biologico illeso, che ha conservato la sua capacità di trattenere l’acqua.
È possibile un modello di produzione alternativo, basato su un approccio agroecologico. Sono ormai molti i comuni che, per consolidare i loro sforzi comuni, si stanno muovendo verso la creazione di biodistretti. Dai risultati dell’esperienza di molti è infatti possibile mostrare come una filiera locale, dalla produzione alla trasformazione e commercializzazione, possa funzionare meglio di un monopolio che determina il controllo assoluto sui prezzi.
La relazione è introdotta da una lettera aperta del direttore di Terra Nuova, Nicholas Bawtree, al presidente di Ferrero, Giovanni Ferrero, chiedendogli che la “Nutella aziendale” inizi a facilitare il passaggio a un modello di produzione veramente sostenibile.
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