Il NextGenerationEU rappresenta un’opportunità unica per rilanciare gli investimenti pubblici e realizzare la transizione ecologica, ma il Piano italiano non sembra coglierla
9 febbraio 2021
In anteprima dal n°7 de lavialibera
Il piano NextGenerationEU (NGEU) riconosce la necessità di rilanciare il progetto politico europeo, a partire da un bilancio comune e responsabilità condivise. Con ciò, indicando un’inversione a U rispetto alle scelte degli ultimi 12 anni di crisi, segnati da politiche di austerità e riforme strutturali che hanno provocato un aumento delle disuguaglianze senza precedenti, e che la pandemia ha messo ancora più a nudo.
La crisi attuale ha reso evidente quanto i problemi siano interconnessi e interdipendenti, ponendoci davanti e dentro il fallimento del modello di sviluppo economico liberista, insostenibile sul fronte sociale, ambientale e culturale. In questo momento storico, il NGEU rappresenta un’opportunità unica per ridefinire e rilanciare investimenti pubblici capaci di orientare e riattivare la domanda attraverso la transizione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica. É la strada per costruire una base produttiva che dia priorità al lavoro e alla salute, rimettendo tali diritti in connessione tra loro, come previsto dalla nostra Costituzione, e non in competizione come avvenuto sino ad ora.
Quante risorse, per quali obiettivi
Transizione verde, digitalizzazione e inclusione sociale sono i tre assi strategici fissati dall’Ue. Per il raggiungimento di tali obiettivi, il NGEU mette sul piatto 750 miliardi di euroda spendere entro il 2026: 390 sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto e 360 in prestiti da restituire tra il 2027 e il 2058. Il nostro Paese è il principale beneficiario con 209,5 miliardi di euro: 81,9 a fondo perduto e 127,6 in prestito.
Per accedere ai finanziamenti, ogni Stato membro dovrà presentare alla Commissione europea il proprio Recovery plan – da noi chiamato Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – entro il 30 aprile, mentre l’approvazione dell’Ue è prevista entro il 30 giugno. Il Pnrr italiano prevede circa 200 progetti per un ammontare di 223,9 miliardi di euro (di cui 14 miliardi dal React-EU, ovvero i fondi per la coesione territoriale).
Il Piano indica sei priorità, definite missioni, declinate in 16 componenti e 48 linee di intervento. Stando alla proposta del 12 gennaio, i fondi sono così suddivisi:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 46,3 miliardi di euro
- rivoluzione verde e transizione ecologica: 69,8 miliardi di euro
- infrastrutture per una mobilità sostenibile: 31,9 miliardi di euro
- istruzione e ricerca: 28,5 miliardi di euro
- inclusione e coesione: 27,6 miliardi di euro
- salute: 19,7 miliardi di euro
Donne, giovani e Sud sono i target di riferimento, trasversali alle sei missioni. Purtroppo, il Pnrr non sembra cogliere tutte le opportunità offerte dall’Europa.
Le criticità del Pnrr
1. Manca una visione complessiva
Utilizzare i fondi tanto per spenderli, con l’obiettivo esclusivo della crescita economica sarebbe un errore esiziale
Il limite principale del Piano è che manca di una visione culturale capace di agganciare tra loro tutti i progetti, indirizzandoli verso obiettivi strategici con metodi coerenti, inclusivi e trasparenti. Sostenibilità ecologica ed equità sociale andrebbero promossi in coerenza e in maniera organica in tutti i progetti del Pnrr, passando per un cambio di modello. Utilizzare i fondi tanto per spenderli con l’obiettivo esclusivo della crescita economica sarebbe un errore esiziale. Quando enormi risorse non vengono orientate per l’interesse generale e il bene comune, sono i soggetti privati più forti a spingere per difendere i propri interessi, come quelli che uniscono il potere criminale con la criminalità del potere.
2. Mancano inclusione e partecipazione
Esistono inoltre problemi di metodo. La realizzazione del Piano non può prescindere dalla partecipazione di cittadine e cittadini alla definizione dei progetti. Basterebbe fare riferimento al Codice europeo di condotta sul partenariato, tuttavia è la stessa Commissione europea a indicare come necessaria la co-programmazione nella gestione dei fondi. Invece nella stesura del Pnrr è mancato, ad oggi, qualsiasi confronto con le realtà sociali, soprattutto quelle espressione dei territori marginali.
Nella stesura del Pnrr è mancato, ad oggi, qualsiasi confronto con le realtà sociali, pur previsto dalla Commissione europea
3. Non si definiscono i risultati attesi
Il Piano in molti casi si limita a enunciare gli obiettivi, senza definire né i risultati attesi, né i meccanismi per misurarli. Per esempio: perché si vuole attuare la transizione ecologica? A vantaggio di chi? Per attuarla non basta enunciarla, ma è necessario definirne gli obiettivi strategici.
4. Manca una governance per l’attuazione
Dal Piano emerge la mancanza di una governance che ne consenta l’attuazione, rischiando così di vanificare l’impatto delle enormi risorse destinate. Come sostiene il Forum disuguaglianze diversità, è imprescindibile per la buona riuscita una riforma della pubblica amministrazione (Pa), attraverso la quale passerà il 60 per cento dei 200 progetti. La digitalizzazione non sarà sufficiente, poiché è più urgente rigenerare la Pa, rimotivando i dipendenti e favorendo un cambio generazionale, reclutando con bandi moderni, rilanciando la formazione e promuovendo forme di amministrazione collaborativa.
5. Incoerenza con i bilanci ordinari
Se il NGEU è pensato per indirizzare l’Europa su un sentiero diverso di sviluppo, allora anche i bilanci ordinari dei rispettivi Paesi membri dovranno essere coerenti. Purtroppo, il bilancio italiano non dà conferme, ma si pone anzi in contrasto rispetto a quanto indicato nel Pnrr. Solo per fare un esempio: che coerenza hanno rispetto all’obiettivo della transizione ecologica i 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili che il governo ha blindato con la legge di bilancio?
Che coerenza hanno rispetto all’obiettivo della transizione ecologica i 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili che il governo ha blindato con la legge di bilancio?
Non si fermano i sussidi alle fonti fossili
6. Disuguaglianze e redistribuzione del reddito
Il Pnrr non tiene conto delle disparità legate alla distribuzione del reddito, benché nel testo sia specificato che “è illusorio pensare di poter conseguire una crescita economica al di fuori di un modello di sviluppo sostenibile e senza affrontare le diseguaglianze”. Le principali cause del mancato sviluppo, inteso come strumento per garantire dignità, giustizia e libertà, sono invece proprio i conflitti ecologici distributivi e le ingiustizie ambientali.
Le criticità dei progetti presentati
Se si entra infine nel merito dei progetti presentati, sono tanti i problemi rispetto agli obiettivi strategici. La più rilevante è legata all’obiettivo (mancato) della transizione ecologica, dato che i progetti sono incoerenti con gli obiettivi della sostenibilità. Basti pensare agli scarsi finanziamenti per lo sviluppo delle rinnovabili o nel settore della mobilità urbana. La potentissima lobby del gas, come denuncia Greenpeace, sta bloccando il percorso verso la decarbonizzazione, impedendo per i propri interessi di rimettere insieme lavoro, ambiente ed economia.
Sul fronte poi dell’inclusione sociale e del contrasto alle disuguaglianze, il Pnrr continua a non prevedere: l’introduzione del [CONTINUA A LEGGERE SU La via libera]