A Roma nasce il Forum cittadino per il riutilizzo sociale dei beni confiscati

Il sogno della Capitale di un Forum cittadino per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie è realtà. Fermo dal 2018 con la giunta Raggi, il progetto è stato sbloccato dall’attuale amministrazione Gualtieri. Un passo decisivo, dicono le associazioni coinvolte, considerato che a Roma il 45 per cento degli immobili confiscati è ancora inutilizzato

Ylenia Sina – Giornalista – 29 dicembre 2021

Il sogno di Roma di un Forum cittadino per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie è realtà. Dopo l’approvazione da parte della giunta capitolina presieduta ora da Roberto Gualtieri, venerdì 17 dicembre la delibera con il regolamento del Forum è passata anche in Consiglio comunale. Lo scorso marzo, con una protesta in piazza Campidoglio, Luigi Ciotti e la Rete dei numeri pari avevano parlato di un “sogno incompiuto”, denunciando il ritardo dell’allora sindaca Virginia Raggi. Ora quel “sogno” potrà realizzarsi coinvolgendo la società civile nel percorso di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie nella Capitale. La prima riunione del Forum è attesa per l’inizio di gennaio.

Le funzioni e gli obiettivi del Forum

Roma si prepara ad aprire uno spazio di confronto e di riflessione tra l’amministrazione capitolina e la società civile impegnata nel sociale e nel contrasto alle mafie sul territorio per consegnare alla cittadinanza i beni confiscati alla criminalità. Il Forum cittadino avrà funzioni consultive e propositive, ma anche di monitoraggio dell’efficacia delle azioni dell’amministrazione sul tema. L’obiettivo è raccogliere idee e sviluppare strumenti e progetti condivisi, nonché istituire laboratori tematici di approfondimento sulla base delle necessità avanzate dai partecipanti.

“Solo rendendo operativo il Forum verrà realizzato lo spirito della legge 109 del 1996 sulla restituzione del maltolto ai cittadini attraverso una progettazione partecipata” Giuseppe De Marzo – coordinatore della Rete dei numeri pari e responsabile di Libera per le Politiche sociali

“Solo rendendo davvero operativo il Forum verrà realizzato lo spirito della legge 109”, commenta Giuseppe De Marzo, coordinatore della Rete dei numeri pari e responsabile di Libera per le Politiche sociali. Il riferimento è alle legge che, nel 1996, ha introdotto il riutilizzo sociale e pubblico dei beni confiscati alla mafia, approvata con il sostegno del milione di firme raccolte da Libera. Per De Marzo, la “restituzione del maltolto” ai cittadini “non può avvenire ricorrendo ai bandi o agli affidamenti diretti, così come accaduto fino ad oggi, ma attraverso una progettazione partecipata. Solo così si può costruire quella memoria condivisa e quel welfare rigenerativo che indeboliscono la criminalità nei territori. Mostrarsi uniti di fronte alle mafie è essenziale: per questo ci aspettiamo un momento pubblico durante il quale istituzioni e realtà della società civile presentino il Forum alla città”.

Un percorso iniziato nel 2018

Nonostante l’istituzione del Forum fosse stata prevista dal Regolamento per la gestione dei beni confiscati, approvato nel giugno 2018 e frutto di un confronto durato mesi con la Rete dei numeri pari, l’ex Consiglio comunale a maggioranza pentastellata non hai mai portato a termine il percorso per renderlo esecutivo. La giunta Raggi, infatti, ha dato il via libera al testo nell’ultima seduta utile prima della fine della consiliatura, in ritardo di tre anni rispetto a quanto previsto, e l’Aula non ha avuto il tempo di licenziare il documento.

Seppur con qualche modifica, l’attuale testo approvato dall’amministrazione Gualtieri riprende quello originale del 2018. Il Forum avrà come presidente l’assessore al Patrimonio Tobia Zevi e sarà composto dagli assessori e dai direttori dei dipartimenti coinvolti (Partecipazione, Politiche abitative, Politiche sociali, Cultura, Sport), dai presidenti dei municipi, dai delegati delle realtà cittadine, dalle istituzioni competenti in materia, come l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati (Anbsc), da università ed enti di ricerca e da realtà imprenditoriali che utilizzano i beni confiscati e si sono distinte per il loro operato contro le mafie. I partecipanti della società civile saranno, in particolare, le associazioni, i comitati, le organizzazioni e le fondazioni senza scopo di lucro impegnate nel sociale e nel contrastare i fenomeni criminali sul territorio.

“Con l’istituzione del Forum, Roma garantirà uno spazio comune a chi opera nelle reti della solidarietà e a tutte quelle realtà che si battono per la legalità e per il contrasto alle mafie con la passione delle idee e la forza dell’impegno civile”, afferma il sindaco Gualtieri. “Il confronto – sottolinea l’assessore Zevi – sarà uno strumento strategico affinché il Forum diventi una leva per potenziare il circuito capitolino dell’accoglienza, per aumentare i luoghi di aggregazione sociale, culturale e sportiva, con un occhio rivolto a tutti i quartieri di Roma, soprattutto a quelli più lontani dal centro”.

L’approvazione della delibera è solo il primo passo. Lo sottolinea Tatiana Giannone, del settore Beni confiscati di Libera: “È una buona notizia anche se resta determinante capire come funzionerà e che impatto avrà sulla gestione dei beni confiscati. Per le realtà che ne hanno chiesto l’istituzione la sfida inizia ora: monitorarne l’efficacia. Diverse città hanno avviato osservatori volti a coinvolgere il tessuto sociale, ma Roma è una città complessa, con una mole significativa di beni da assegnare e tante istanze avanzate dalle associazioni”.

I numeri dei beni confiscati nella Capitale

Sul territorio della Capitale sono presenti 88 immobili confiscati, per un totale di 303 particelle catastali, 232 delle quali nella disponibilità del Comune. Il 45 per cento è ancora inutilizzato. All’inizio di dicembre la lista si è allungata. La conferenza dei servizi promossa dall’Anbsc ha assegnato al Lazio 134 nuovi immobili, 39 dei quali sono a Roma. Quasi tutti sono stati oggetto di una manifestazione di interesse da parte dei presidenti di municipio e dei dipartimenti capitolini. “Siamo soddisfatti perché è la prima volta che le istituzioni avanzano così tante proposte sui beni confiscati, segno della crescente attenzione sul tema”, dice Yuri Trombetti, presidente della commissione capitolina Patrimonio.

Nell’elenco ci sono soprattutto appartamenti, ville e box auto, qualche negozio e magazzino, dislocati in diversi quartieri della città. I municipi vorrebbero utilizzare questi beni per progetti di natura sociale: dal “Dopo di noi” finalizzato all’autonomia abitativa delle persone con disabilità, a rifugi per donne vittime di violenza fino a soluzioni abitative temporanee. Tra le proposte anche l’apertura di un centro diurno per l’Alzheimer, di un altro per l’assistenza ai minori inseriti in percorsi di giustizia riparativa e di uno spazio per la distribuzione dei pacchi alimentari. “Sono stati lasciati fuori solo tre box auto da venti metri quadrati – spiega Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio –. Gli appartamenti sono stati richiesti anche dall’Agenzia del demanio per conto delle forze di polizia che li vorrebbero destinare ai propri dipendenti. Sarà l’Anbsc a decidere”.

Le difficoltà

Nonostante l’approvazione del Forum e l’interesse dimostrato dalle istituzioni, sul piatto restano le difficoltà nella gestione dei beni confiscati. Tra queste, per Cioffredi, i pochi fondi a disposizione degli enti locali per ristrutturarli. “Negli ultimi anni la Regione Lazio ha messo a bando circa quattro milioni di euro, sostenendo 78 progetti, in parte già assegnati”. Secondo i dati forniti dall’Anbsc, nell’intero Lazio sono circa 1800 i beni ancora da assegnare. “Per riutilizzare una mole simile di immobili serve un maggiore impegno del Governo che ha destinato 250 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) solo alle otto regioni del Sud senza considerare che il 26 per cento degli immobili confiscati si trova in quelle del Centro e del Nord, per un totale di 442 Comuni”, prosegue Cioffredi.

Criticità sono emerse anche nella Relazione sull’analisi delle procedure di gestione dei beni sequestrati e confiscati, approvata ad agosto 2021 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie. Partendo dai rilievi avanzati negli ultimi cinque anni dalla Corte dei Conti e dalle audizioni di Bruno Frattasi e Bruno Corda, rispettivamente direttore pro tempore al momento delle dichiarazioni e direttore dell’Agenzia, è emersa la difficoltà degli enti locali di conoscere i beni confiscati presenti sul proprio territorio e il ritardo nel loro riutilizzo.

Dei 2.176 Comuni che vedono la presenza di beni confiscati, il 63 per cento non è in possesso nemmeno delle credenziali del sistema OpenRegio che raccoglie tutte le informazioni sui beni. In base a risultati parziali di una ricognizione effettuata dall’Agenzia su circa seimila beni collocati in 579 Comuni, è emerso che solo il 50 per cento è stato riutilizzato a fini sociali. Questa situazione, emerge ancora dalla relazione, è dovuta anche ai problemi di raccolta dei dati dai diversi soggetti coinvolti e di comunicazione tra le piattaforme telematiche. “Alla luce di quanto sopra illustrato emerge un quadro profondamente deludente – si legge –. Lo Stato non conosce esattamente il numero e la tipologia dei beni sequestrati e confiscati nei procedimenti di prevenzione e ignora del tutto, in quanto non rilevati, quelli relativi al processo penale. Appare evidente che i dati, ove completi e attendibili, sono fondamentali per valutare le dimensioni complessive dell’efficacia dell’azione delle istituzioni nell’aggressione patrimoniale alla criminalità organizzata”.

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