Versamenti anche da Fastweb, Exxon Italia, British American Tobacco, Vodafone, Google, dal finanziere svizzero Tito Tettamanti e dall’imprenditrice Diana Bracco. Eni ha interrotto i pagamenti nel 2011. La contabilità è gestita dall’organizzazione statunitense Atlas Network. Tra le pubblicazioni dell’istituto, i cui esponenti consigliano ora il governo sull’utilizzo dei fondi europei, studi che negano i cambiamenti climatici e invitano alla privatizzazione della sanità (oltre che di tutto il resto). Fondato nel 2003, l’Istituto ha inglobato la Cidas di Sergio Ricossa, organizzazione molto frequentata da esponenti del Movimento sociale italiano
E dal mondo confindustriale è arrivata una larga fetta dei fondi di cui ha vissuto l’Istituto. I documenti riportano infatti finanziamenti da parte di Confindustria Giovani, di Confindustria Verona, Assolombarda e di Farmindustria. E poi molte aziende private e pubbliche. Appaiono versamenti da parte dell’ Eni di Paolo Scaroni, di Exxon Italia, da British American Tobacco, dalla Rai, da Autostrade e da Fastweb. In tutto quasi un milione di euro in un solo anno. Finanziamenti di cui tiene la contabilità Atlas Network, associazione statunitense a cui l’Istituto Bruno Leoni si appoggia sin dalla sua nascita, una sorta di hub di organizzazioni che raduna circa 500 organizzazioni di tutto il mondo che sposano la causa liberista.
La mappatura di questo giro di denaro si deve al meticoloso lavoro di indagine ed archiviazione del ricercatore Maurizio Massignan che ha condiviso le documentazioni raccolte con Ilfattoquotidiano.it. Chiariamo: non c’è nulla di illegittimo in questi versamenti e un’azienda, soprattutto se privata, può naturalmente finanziare chi preferisce. Tuttavia la ricostruzione dei flussi di denaro evidenzia come l’Ibl sia una struttura che produce materiale che spesso strizza l’occhio alle aziende finanziatrici. Un aspetto che diventa rilevante nel momento in cui alcuni dei suoi esponenti sono chiamati anche a pronunciarsi sulla distribuzione di risorse pubbliche.
Vediamo quindi più nel dettaglio chi ha finanziato l’Istituto. come e quanti. C’è innanzitutto Confindustria Giovani che versa 25mila euro il 29 marzo del 2010 in veste di “socio”. L’associazione dei giovani imprenditori conferma il versamento del 2010 relativo ad alcune collaborazioni. Specifica tuttavia di non essere socio dell’Istituto e di aver interrotto ogni rapporto a partire dal 2011. Altri 6mila euro arrivano da Confindustria Verona. Soldi sul conto Ibl li versa Farmindustria, la divisione di Confindustria che raggruppa le industrie della farmaceutica, che stacca un assegno (il 16 aprile) di 25mila euro. L’associazione ha confermato il pagamento a Ilfattoquotidiano.it. Confindustria Verona non ha invece per ora risposto, né sui vecchi finanziamenti né sul fatto se siano tuttora socia. Tra i soci dell’Istituto compare anche Assolombarda che in questa veste paga 10mila euro. Assoelettrica (associazione delle aziende elettriche oggi chiamata “Elettricità futura”) ne versa altrettanti. Socia è anche l’imprenditrice della Farmaceutica, ed ex presidente di Assolombarda, Diana Bracco, che paga una quota di 3mila euro. Ci sono anche 3mila euro da Dompé, altro nome dell’industria del farmaco.
Nella contabilità dell’Istituto risultano poi 10mila euro provenienti dall’Aiop (l’associazione degli operatori della sanità privata) che paga poi altri 3mila euro per partecipare ad una cena organizzata dall’Ibl il primo ottobre. Si siede ai tavoli, per la stessa cifra, pure l’Unione petrolifera. All’evento prende parte anche British american tobacco (azienda che possiede i marchi di sigarette Camel, Rothmans, Lucky Strike, Pall Mall) che a sua volta si accolla l’obolo di 3mila euro. Bat versa inoltre 20mila euro a titolo di “contributo”. Tra i sostenitori Ibl c’è pure Tito Tettamanti, avvocato svizzero specializzato nella creazione di strutture societarie off shore. Tramite la sua Charity foundation dona 42mila euro.
Il gruppo delle telecomunicazione Fastweb, sempre nel 2010, gira all’Istituto quasi 50mila euro. Il 16 aprile paga una quota di 25mila euro in quanto “socio”, a cui si somma un contributo di 15mila euro e un altro di 3.600 euro. La società ha confermato a Ilfattoquotidiano.it di essere ancora tra sostenitori dell’Istituto. Dalle tlc arrivano anche 25mila euro a firma Vodafone e 10mila siglati Wind. Il gruppo Eni, controllato al 30% dal Tesoro, firma nel 2010 un assegno di 12mila euro. Altra gestione rispetto a quella attuale, amministratore delegato era Paolo Scaroni e presidente Roberto Poli. Il gruppo specifica a Ilfattoquotidiano.it che l’ultimo versamento all’Ibl è stato disposto nel 2011. Dopo di che più nulla. Nell’ambito dell’industria petrolifera sono arrivati soldi anche dalla compagnia Exxon Italia: contributo di 30mila dollari l’11 giugno. Edison, oggi di proprietà del gruppo francese Edf, invia 10mila euro in veste di socio.
Tra i soci anche Rai, Google Italia e Corneliani – Pagamenti anche da parte della Rai, società al 100% pubblica, che paga 10mila euro con la causale “socio”. Il gruppo televisivo non ha per ora risposto alle domande de ilFattoquotidiano.it sul finanziamento né sul fatto se sia ancora socio. Altro denaro proviene da “Autostrade”. Si tratta di 20mila euro versati nel luglio del 2010. Nei documenti non si specifica se si tratti di Aspi (Autostrade per l’Italia e quindi Atlantia dei Benetton). Interpellata, la società non ha replicato. Tra i membri dell’ Istituto Bruno Leoni compare da anni Fabio Cerchiai, tuttora presidente di Atlantia. Versa 3mila euro come socio anche il gruppo dell’abbigliamento Corneliani da poco rimesso sul mercato grazie anche ad un intervento di Invitalia. Ancora, nella lista dei versamenti ci sono 25mila euro di Google Italia in quanto socio. Stessa causale per 25mila euro del gruppo assicurativo inglese Aviva. Infine arrivano 12mila euro dall’Ania, l’associazione delle assicurazioni italiane e 10mila da Assicurazioni Generali.
Sarà un caso ma l’Istituto ha prodotto e continua a produrre pubblicazioni a sostegno della privatizzazione della sanità, del negazionismo climatico e dunque a difesa delle compagnie petrolifere. Ha difeso il ruolo di Autostrade nella vicenda del ponte Morandi questionandone ben poco il quasi monopolio nella rendita da pedaggi. I due soci fondatori: Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro firmano interventi anche a difesa del fumo. In alcuni casi ridimensionando la pericolosità del fumo passivo. Entrambi scrivono da anni su Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, Il Foglio e La Stampa. Nel 2003 Stagnaro dà alle stampe il libello “Io sparo che me la cavo” e pubblica l’articolo “Una società armata è una società libera”. Più di recente l’Istituto ha condotto una battaglia contro la liberalizzazione dei brevetti sui vaccini anti Covid, a difesa quindi dei profitti delle case farmaceutiche.