Vaste aree stanno diventando sempre meno resilienti, aumentando il rischio di una diffusa mortalità di alberi e altre piante
Greenreport – 8 Marzo 2022
Lo studio “Pronounced loss of Amazon rainforest resilience since the early 2000s”, pubblicato su Nature Climate Change da Chris Boulton, Timothy Lenton e Niklas Boers del Global Systems Institute dell’università di Exeter, ha rilevato che la resilienza – la capacità di riprendersi da eventi come siccità o incendi – «E’ diminuita costantemente in più di tre quarti della foresta pluviale dall’inizio degli anni 2000».
Gli esperti ritengono che «L’Amazzonia potrebbe presto raggiungere un punto critico, oltrepassato il quale provocherebbe la morte e trasformerebbe gran parte della foresta in savana, con gravi impatti sulla biodiversità, sullo stoccaggio globale del carbonio e sui cambiamenti climatici».
Non è chiaro quando potrebbe essere raggiunto questo punto critico, ma lo studio afferma che «La perdita di resilienza è coerente con un punto di svolta che si avvicina», ma «E’ probabile che la foresta pluviale amazzonica stia perdendo resilienza, mostra l’analisi dei dati delle immagini satellitari ad alta risoluzione. Ciò è dovuto allo stress da deforestazione e incendi: l’impatto del cambiamento climatico causato dall’uomo non è stato ancora identificato chiaramente, ma si prevede che svolgerà un ruolo importante in futuro. La ricerca è stata condotta dall’università di Exeter insieme al Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK) e alla Technischen Universität München, e fa parte del progetto congunto Tipping Points in the Earth System” PIK –Exeter, finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea e che ha ricevuto ulteriori finanziamenti dal Leverhulme Trust e dall’Alan Turing, per indagare sui punti di non ritorno del cambiamento climatico.
Boulton, del Global System Institute di Exeter, evidenzia che «La foresta pluviale amazzonica è un sistema altamente complesso, quindi è molto difficile prevedere se e quando potrebbe essere raggiunto un punto critico.. Ora abbiamo dati satellitari sull’Amazzonia che coprono un arco di tempo sufficientemente lungo per osservare i cambiamenti nella resilienza. Il nostro studio ha esaminato in dettaglio i cambiamenti di mese in mese mentre la foresta rispondeva alle condizioni meteorologiche fluttuanti. Abbiamo studiato parametri che sono teoricamente correlati al tasso di recupero dopo le perturbazioni (eventi esterni che colpiscono la foresta), per vedere come è cambiata la resilienza dell’ecosistema amazzonico negli ultimi decenni. La resilienza è diminuita durante le grandi siccità del 2005 e del 2010, come parte di un continuo declino dall’inizio degli anni 2000, fino ai dati più recenti nel 2016. Di conseguenza, ci aspetteremmo che la foresta si riprendesse più lentamente da una siccità ora rispetto a vent’anni fa». In realtà, la resilienza è aumentata dal 1991 al 2000 circa, ma da allora un calo consistente ha portato la resilienza ben al di sotto dei livelli del 1991.
Boers, che oltre che ad Exeter lavora anche per il PK e la Technischen Universität München, sottolinea che «La ridotta resilienza – la capacità di riprendersi da disturbi come siccità o incendi – può significare un aumento del rischio che la foresta pluviale amazzonica muoia. È preoccupante vedere una tale perdita di resilienza nelle osservazioni. La foresta pluviale amazzonica ospita una biodiversità unica; influenza fortemente le precipitazioni in tutto il Sud America attraverso la sua eccezionale evapotraspirazione; e immagazzina grandi quantità di carbonio che anche una morte parziale rilascerebbe come gas serra, il che a sua volta contribuirebbe a riscaldamento globale. L’Amazzonia è considerata un potenziale punto di svolta nel sistema Terra e numerosi studi ne hanno dimostrato la vulnerabilità. Tuttavia, le simulazioni al computer del suo futuro forniscono una certa gamma di risultati. Pertanto, abbiamo esaminato dati di osservazione specifici per i segni di cambiamenti nella resilienza negli ultimi decenni, scoprendo che la resilienza della foresta pluviale è in costante calo dall’inizio degli anni 2000, ma non possiamo prevedere quando si verificherà una possibile transizione dalla foresta pluviale alla savana. Una volta che venisse osservata, sarebbe probabilmente troppo tardi per fermarla. E’ probabile che la deforestazione e il cambiamento climatico siano i principali fattori di questo declino. La resilienza si sta perdendo più rapidamente nelle parti della foresta pluviale più vicine all’attività umana, così come in quelle con meno precipitazioni. Molti ricercatori hanno teorizzato che potrebbe essere raggiunto un punto critico, ma il nostro studio fornisce prove empiriche vitali che ci stiamo avvicinando a quella soglia»..
Lo studio ha utilizzato varie fonti di dati, compresi i dati satellitari sulla Vegetation Optical Depth (VOD), una misura della biomassa totale di alberi e altre piante in una determinata area. Boulton spiega ancora: «Sebbene un sistema possa sembrare stabile solo osservando la sua media, quando si osservano più da vicino i dati utilizzando metodi statistici innovativi, è possibile notare una perdita di resilienza. Studi precedenti, basati su simulazioni al computer, hanno suggerito che vaste aree dell’Amazzonia potrebbero essere destinate a morire prima che diventi evidente un brusco cambiamento nello stato medio. La nostra analisi osservativa ora mostra che la destabilizzazione in molte aree stava effettivamente iniziando nel momento in cui sembra essere in corso».
I ricercatori fanno notare che «Nonostante il cambiamento climatico, le precipitazioni medie in Amazzonia non sono cambiate radicalmente negli ultimi decenni. Tuttavia, le stagioni secche si sono allungate e la siccità è diventata più comune e più grave. Le misurazioni VOD dello studio suggeriscono che la biomassa complessiva è leggermente diminuita, ma la perdita di resilienza è molto più pronunciata». I ricercatori sottolineano questa distinzione tra resilienza e “stato” medio della foresta pluviale.
Per determinare le cause della perdita di resilienza che hanno trovato nei dati, gli scienziati hanno esaminato la relazione con le piogge amazzoniche, culminate in tre devastanti eventi di siccità da “una volta in un secolo”, scoprendo che le aree più asciutte sono più a rischio di quelle più umide. «Questo è allarmante poiché i modelli IPCC prevedono un generale prosciugamento dell’Amazzonia in risposta al riscaldamento globale causato dall’uomo», ha detto Boers. Un altro fattore è la distanza di un’area da strade e insediamenti da cui le persone possono accedere alla foresta. I dati confermano che le aree vicine all’utilizzo antropico dei suoli sono maggiormente a rischio.
Lenton, direttore del Global Systems Institute di Exeter, conclude: «La foresta pluviale può sembrare più o meno la stessa, ma può perdere resilienza, rendendo più lento il recupero da un evento importante come una siccità. Se si perde troppa resilienza, il decadimento potrebbe diventare inevitabile, ma questo non diventerà ovvio fino al grande evento che capovolgerà il sistema. Molti fattori interconnessi, tra cui siccità, incendi, deforestazione, degrado e cambiamento climatico, potrebbero combinarsi per ridurre la resilienza e innescare l’attraversamento di un punto critico in Amazzonia. La nostra nuova analisi dei dati empirici fornisce ulteriori prove delle preoccupazioni sulla resilienza delle foreste, in particolare nel prossimo futuro. Conferma che per proteggere l’Amazzonia è necessario un forte limite alla deforestazione, ma anche un limite alle emissioni globali di gas serra. Questo studio fornisce nuove prove convincenti a sostegno degli sforzi per invertire la deforestazione e il degrado dell’Amazzonia per restituirle una certa resilienza contro i cambiamenti climatici in corso».