23 aprile 2022 – Di Boaventura De Sousa Santos
Nell’asse di comunicazione del Nord Atlantico viviamo in una guerra dell’informazione senza precedenti. L’ho incontrata negli Stati Uniti per due periodi. Il primo, durante la guerra del Vietnam, che ho vissuto nel suo momento di crisi finale (1969-1971), è culminato nella pubblicazione dei Pentagon Papers nel 1971. Il secondo momento è stata la guerra in Iraq, iniziata nel 2003, e la saga delle armi di distruzione di massa, una bufala politica che si tradurrebbe in molti crimini di guerra. Tuttavia, in Europa non avevo mai assistito a questo tipo di guerra dell’informazione, almeno non con la portata attuale. Si caratterizza per l’erosione quasi totale tra fatti e manipolazione di emozioni e percezioni, tra ipotesi o congetture e verità indiscutibili.
Nel caso specifico della guerra in Ucraina, la manipolazione mira a impedire all’opinione pubblica e ai leader politici di pensare e decidere senza troppe pressioni sull’unica misura ora necessaria: la ricerca di una pace duratura in Ucraina e nella regione per porre fine alle sofferenze del popolo ucraino, popolo che in questi giorni condivide il tragico destino dei popoli palestinese, yemenita, siriano, saharawi e afgano, nonostante questi ultimi rechino il più profondo silenzio. La guerra dell’informazione intende continuare la guerra delle armi fintanto che si adatta a coloro che la promuovono. In queste condizioni, non è facile combattere con i fatti e l’esperienza storica perché, dal punto di vista della guerra dell’informazione, spiegare è giustificare, capire è perdonare, contestualizzare è relativizzare.
Per demonizzare il nemico è fondamentale disumanizzarlo , cioè immaginarlo come se avesse agito in modo criminale e senza provocazioni. Ora, la ferma e incondizionata condanna dell’invasione illegale dell’Ucraina (su cui insisto fin dal mio primo articolo sull’argomento) non implica che dobbiamo ignorare come si è creata questa situazione. In questo caso consiglio di leggere il libro pubblicato nel 2019, Guerra con la Russia? , dal professor emerito Stephen Cohen dell’Università di Princeton, recentemente scomparso. Dopo aver esaminato in dettaglio i rapporti tra Stati Uniti e Russia dalla fine dell’Unione Sovietica e, nel caso dell’Ucraina, soprattutto dal 2013, Stephen Cohen conclude così: «Le guerre per procura[le guerre in cui gli avversari utilizzano paesi terzi per perseguire i loro obiettivi di confronto bellicoso] sono una caratteristica della vecchia Guerra Fredda, sono piccole guerre nel cosiddetto “Terzo Mondo”. […] Raramente coinvolgevano personale militare sovietico o americano, quasi sempre solo denaro e armi. Oggi, le guerre per procura tra Stati Uniti e Russia sono diversi, si trovano al centro della geopolitica e accompagnati da troppi istruttori e possibilmente combattenti americani e russi. Due sono già scoppiati: in Georgia nel 2008, dove le forze russe si sono scontrate con un esercito georgiano finanziato e addestrato con fondi e personale statunitense; e in Siria, dove molti russi sono stati uccisi dalle forze anti-Assad sostenute dagli USA. Mosca non si è vendicata, ma ha promesso di farlo quando ci sarebbe stata “una prossima volta”. Se ciò accadrà, significherà una guerra tra Russia e Stati Uniti. Il rischio di un conflitto così diretto continua a crescere in Ucraina”. Così è stata prevista nel 2019 la guerra che attualmente martirizza il popolo ucraino.