La pubblicazione dell’“Atlante dell’Infanzia a rischio” da parte di Save the children è un appuntamento che annualmente si prefigge di indagare sulla condizione dei bambini, bambine e adolescenti più vulnerabili che vivono nel nostro Paese.
In questo spazio online raccogliamo alcuni degli aspetti principali della più ampia pubblicazione, arrivata alla sua XIII edizione, ma l’intera pubblicazione è disponibile per chiunque volesse approfondire nel formato PDF.
Quest’anno ci è sembrato essenziale parlare di salute, di sistema sanitario e di accesso alle cure, perché anche lo stato di salute è fortemente influenzato dalle condizioni nelle quali le persone nascono, vivono, lavorano, crescono e invecchiano. Anche il genere, l’istruzione, le politiche sociali, le norme i sistemi amministrativi del proprio Paese, sono tutti fattori che influiscono sullo stile di vita e sul benessere di ognuno di noi. Ecco perché laddove esistono difficoltà economiche e sociali, il rischio di trovare un stato di salute precario o compromesso è più alto rispetto ai luoghi in cui queste difficoltà non ci sono.
Attraverso i testi e le mappe multimediali raccolte in questo percorso, proponiamo uno sguardo sulle disuguaglianze e i loro effetti sulla salute puntando la lente soprattutto su tre fasce di età: i primi mille giorni, i bambini da 3 a 10 anni e gli adolescenti o preadolescenti di 11-17 anni.
Un buon inizio. I primi 1000 giorni
L’importanza di cure e servizi territoriali nei primi mille giorni
Il periodo di tempo che va dalla nascita del bambino al compimento dei circa due anni di età, i primi mille giorni, sono considerati un periodo fondamentale per lo sviluppo. Proprio in questi mesi infatti si pongono le basi per lo stato di salute della persona lungo tutto il percorso di vita. Biologi, neuroscienziati e pedagogisti concordano ormai sul fatto che in questa fase il cervello umano è caratterizzato da una straordinaria plasticità e quindi i 1000 giorni sono una grande finestra di opportunità o di rischio, a seconda delle condizioni più o meno positive in cui ognuno è destinato a nascere e crescere.
Ecco perché il quadro delle profonde disuguaglianze socio-economiche e culturali delle famiglie influisce in maniera sostanziale anche sulla salute delle bambine e dei bambini, soprattutto nei primi anni di vita. Si pensi ad esempio all’importanza di eseguire lo screening prenatale e perinatale, vivere in zone inquinate o in case adeguatamente riscaldate e illuminate, avere stimoli culturali come la lettura precoce.
Per contrastare le disuguaglianze dei bambini sin dalla nascita è importante intervenire precocemente e in modo integrato, dalla gravidanza alle prime fasi di vita. I neo-genitori non dovrebbero essere lasciati soli, a maggior ragione i nuclei mono-genitoriali che sono ancora più fragili, ma bisognerebbe fornire loro conoscenze su quali attività svolgere e quali “cure responsive” attivare con i loro bambini per sostenere il benessere e le varie fasi di apprendimento sin dalla nascita. È di grande importanza partecipare a gruppi di mamme e genitori con cui confrontarsi e condividere ansie, aspettative, competenze, frequentare un corso di preparazione alla nascita.
Da questo punto di vista, consultori e Punti Nascita sono una presenza importantissima sui territori ma purtroppo non abbastanza capillari. Servizi come l’home visiting, cioè visite alle mamme e ai neonati al loro rientro dall’ospedale a casa, sono fondamentali anche per intercettare i disturbi dell’umore delle madri dopo il parto, che spesso in ospedale passano del tutto inosservati.
In Italia abbiamo in media 1 consultorio ogni 32 mila abitanti (dati 2018-2019), ben al di sotto dello standard previsto di 1 ogni 20 mila.
Specialmente se in condizioni di disagio o a causa di bassi livelli di istruzione, non tutti i papà e le mamme hanno tempo e competenze per informarsi e portare avanti gli esami necessari, inoltre sono profondamente diseguali a livello territoriale anche le strutture sanitarie e i servizi territoriali dedicati alla prima infanzia.
Sebbene sulla carta ogni consultorio dovrebbe rispondere ai bisogni di un’area di circa 20 mila persone (legge 34 del 1996), e avere un organico e carichi di lavoro stabiliti, negli anni queste garanzie si sono indebolite. Ad esempio, la media italiana è oltre 32.000 abitanti per consultorio. Il numero dei consultori è diminuito negli ultimi anni, inoltre molti di quelli oggi esistenti non hanno l’équipe al completo.
https://www.savethechildren.it/sites/default/files/files/atlante_infanzia_2022.pdf