Non è bastato il corposo documento dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha dimostrato – nero su bianco – i gravi pericoli dell’autonomia differenziata; non sono bastati i pronunciamenti – dai toni diversi, ovviamente – di Banca d’Italia e Confindustria; non è bastato l’intervento della Commissione Europea e neppure le audizioni in commissione I del Senato dove, su 61 soggetti auditi, 35 hanno detto no all’autonomia differenziata. Non sono bastate nemmeno le dimissioni dalla Clep di 4 autorevolissimi giuristi, in disaccordo su procedure e merito.
L’ordine del giorno approvato il 25 luglio al Senato parla chiaro: avanti tutta. In modo inatteso e irrituale la maggioranza «impegna il Senato ad approvare il disegno di legge Calderoli sull’Autonomia differenziata in tempi rapidi». Le dichiarazioni del ministro Calderoli – “non possiamo fermare la legge per definire i diritti” – contraddice persino l’impostazione del suo stesso progetto, che prevedeva preventivamente la definizione dei livelli essenziali di prestazione prima dell’approvazione del ddl che norma le procedure di accesso delle regioni a statuto ordinario all’autonomia differenziata.
L’Italia che brucia al Sud e viene colpita da grandini come sassi al Nord può permettersi davvero di affidare alla potestà legislativa esclusiva della regione la cura di ambiente e territorio? O forse la collettività nazionale, la Repubblica, appunto, deve farsi carico di creare condizioni di esistenza dignitosa, sicura e civile per tutti e tutte, ovunque risiedano?
Le accelerazioni del Governo non ci impediranno di continuare ad affermare la costanza delle nostre ragioni. Continua la campagna di mobilitazione nazionale del Tavolo No Ad e della Rete dei Numeri Pari, con decine e decine di iniziative territoriali, in preparazione della manifestazione nazionale del 7 ottobre a Roma.
Tavolo NO AD