Mafie tradizionali e autoctone, corruzione e traffico di droga fuori controllo, per l’enorme domanda di stupefacenti. Alla vigilia della Giornata nazionale per le vittime innocenti delle mafie che si terrà a Roma, il 21 marzo, un punto sulla criminalità organizzata con la procuratrice Ilaria Calò
20 marzo 2024 | Redazione La via libera
A distanza di quasi dieci anni dall’inchiesta ormai nota come Mafia capitale, che ha evidenziato i legami tra la criminalità di Roma e i colletti bianchi, “abbiamo capito molte cose, ricostruendo un pezzo per volta i meccanismi di questo sistema complesso. Adesso sono chiari gli schemi di funzionamento”. Alla vigilia della Giornata della memoria e dell’impegno delle vittime innocenti di mafia, che questo 21 marzo si celebra a Roma, Ilaria Calò, procuratrice aggiunta alla guida della Direzione distrettuale antimafia della Capitale, fa il punto di quanto è stato scoperto delle organizzazioni criminali attive nella città. “Dobbiamo premettere che Roma ha 15 municipi, ciascuno equivalente a una città media di 200mila abitanti”, sottolinea. Insomma, un territorio vasto e popoloso dove non può esserci un solo gruppo a dominare. “Ciò che riscontriamo da anni è la coesistenza di organizzazioni diverse che a volte hanno una struttura tradizionale, proiezioni delle mafie tradizionali che assumono delle particolarità diverse, oppure organizzazioni che hanno mutuato i metodi mafiosi”, spiega.
Le locali della ‘ndrangheta
Tra tutte, però, negli ultimissimi anni è emersa la presenza strutturata della ‘ndrangheta. “Dal 2022 due operazioni hanno ricostruito l’esistenza di autentiche repliche della casa madre”. Si tratta delle locali (strutture territoriali, ndr) di Anzio e Nettuno, rivelata dall’operazione Tritone il 17 febbraio 2022, e di Roma, emersa nell’inchiesta Propaggine nel maggio successivo. “Come ci ha spiegato un collaboratore di giustizia, una locale senza il riconoscimento della casa madre è come una zattera nell’oceano, basta un’onda e se la porta via”.
E così la locale di Roma è il distaccamento di quella di Cosoleto (Reggio Calabria), a cui farebbero riferimento anche gli uomini di Sinopoli (Rc). Quella di Anzio e Nettuno è legata alla locale di San Cristina d’Aspromonte (Rc), ma coinvolge anche le famiglie originarie di Guardavalle (Catanzaro). Queste organizzazioni territoriali dimostrano la presenza di una ‘ndrangheta di elevato profilo. “Il figlio di un capo locale viene ‘battezzato’ con la dote di ‘tre quartino’ e questo implica la presenza di un padrino, di un soggetto di alto calibro”, spiega Calò.
Le altre mafie tradizionali
La ‘ndrangheta c’è, ma non predomina sulle altre. Anche altre mafie storiche, come la camorra e Cosa nostra, sono presenti. Basterebbe citare alcuni nomi per far capire che non si tratta di uomini isolati e di basso livello, nomi come quello di Michele Senese o quello di Angelo Moccia, molto attivo nel reinvestire il denaro sporco in attività lecite, come i ristoranti (leggi l’articolo). La mafia siciliana – che un tempo contava sulla presenza di Pippo Calò, “cassiere di Cosa nostra”, per fare affari nella Capitale e su Totuccio Contorno –, ora è presente con persone legate al clan Santapaola, con il clan Fragalà e con una figura di rilievo come Francesco D’Agati (ritenuto un collaboratore di Pippo Calò).
Gli albanesi di seconda generazione
Tra i gruppi “autoctoni”, come il clan dei Casamonica e degli Spada, i Fasciani, i Triassi (legati alla mafia siciliana) e altri, a Roma si sono fatti spazio anche gruppi di criminali originari dell’Albania ma cresciuti nel Lazio: “Sono albanesi di seconda generazione che parlano romanesco”. Tra di loro spicca il nome di Elvis Demce, che ha assunto un ruolo importante nel narcotraffico. “Questi uomini hanno legami con i gruppi della mafia albanese che sono diventati forti sul piano internazionale”. Questi gruppi romani-albanesi hanno rapporti di affari “biunivoci” con le bande nigeriane, come emerso nell’operazione Tibus, che ha smantellato un’organizzazione capace di distribuire in tutta Italia marijuana di provenienza albanese con corrieri che si servivano di pullman di linea.
La collaborazione tra gruppi criminali
Tutti questi diversi gruppi “inevitabilmente hanno rapporti. Abbiamo anche registrato uno schema pattizio”, prosegue la coordinatrice della Dda di Roma. Non c’è un tavolino dove siedono i rappresentanti delle varie organizzazioni per spartirsi gli affari, leciti o illeciti che siano. È qualcosa di diverso. Tra di loro, alcune realtà possono fare delle joint venture, accordi su singoli affari, come l’acquisto di grossi carichi di droga; oppure spartirsi le attività illecite tra chi si occuperà soltanto di vendere un tipo di sostanza, chi farà le estorsioni e via dicendo; oppure spartirsi le zone in cui spacciare. È una città talmente grande e popolosa, che tutte le organizzazioni criminali possono trovare il proprio spazio.
La risoluzione pacifica delle controversie
C’è una singolarità, spiega il magistrato: “C’è un particolare sistema di risoluzione delle controversie senza sangue”. Funziona così: “Ogni organizzazione nomina un proprio rappresentante, un arbitro, che medierà con la persona scelta dalla parte avversa”. È avvenuto così con la pax di Ostia mediata da Fabrizio Piscitelli (chiamato “Diabolik”, capo ultras della Lazio) e Salvatore Casamonica nella diatriba tra il clan Spada e il gruppo guidato da Marco Esposito detto “Barboncino”. Francesco D’Agati, altro esempio, svolgeva il ruolo di “garante” dei clan siciliani a Roma nei rapporti con gli altri gruppi. “È uno schema adottato in anni e momenti diversi – prosegue Ilaria Calò –. Ciò che accade è che comunque il fatto di sangue avviene come extrema ratio e non fa comodo a nessuno”.
Narcotraffico “fuori controllo”
Il narcotraffico è l’attività prevalente a Roma, fatta da un “sistema multilivello, in grado di coprire tutte le fasi: fornitura, distribuzione e gestione delle piazze di spaccio” con “broker di altissimo livello, come dimostra l’operazione Grande raccordo criminale” e la capacità delle organizzazioni di collaborare tra di loro, continua Ilaria Calò. Questo sistema genera un “welfare parallello, con alcuni quartieri che hanno un’organizzazione para-aziendale, con ruoli e stipendi definiti, e anche raccomandazioni per farsi ‘assumere’”. L’altra faccia della medaglia è un sistema violento, dove per risolvere i problemi legati ai debiti si può arrivare ai metodi spicci: “Sono avvenuti sequestri di persona fino al pagamento delle somme dovute e sono accertati casi di torture”.
Tor Bella Monaca, lo spaccio come welfare
In commissione antimafia, il 12 luglio 2023, il procuratore capo Francesco Lo Voi ha affermato che “la situazione riguardante il traffico degli stupefacenti se non è totalmente fuori controllo poco ci manca, nonostante l’impegno, nonostante le operazioni, le indagini, gli arresti e le condanne che si susseguono”. Poi ha precisato che è “preoccupante per la semplice ragione che l’offerta, che è enorme, risponde a un’enorme domanda e la domanda è a qualsiasi livello sociale assolutamente enorme”. “Un’operazione delle forze di polizia può creare spazi di libertà che devono essere riempiti dalla società civile e opportunità di lavoro”, afferma Calò.
Roma, centro del riciclaggio del denaro sporco
“Il reinvestimento è il proprium – dice Calò –. In questi anni abbiamo riscontrato che è un tema trasversale a tutte le organizzazioni”. Nessun settore è escluso dal riciclaggio di denaro sporco: “Abbiamo operazioni semplici, che riguardano il settore immobiliare, i ristoranti del centro o del litorale, ma anche i cinema, l’abbigliamento, i parrucchieri e altro, fino a quelle più complesse, come il settore degli idrocarburi, esposto nell’indagine sulle Petrolmafie”, prosegue Calò.
Spesso i colletti bianchi sono cruciali: “Ci sono professionisti che mettono a disposizione il proprio know-how a tutte le organizzazioni”, continua la procuratrice. In Antimafia, Lo Voi aveva spiegato che sono “in corso una serie di attività di indagine che riguardano (questo posso limitarmi a dirlo) organizzazioni criminali che si occupano esclusivamente di riciclaggio, che quindi svolgono la funzione di agenzia di servizi, a cui si rivolgono gli interessati per avere la loro collaborazione”.
Una di queste indagini è venuta a galla con l’operazione dell’ottobre scorso, che ha fatto luce sull’attività di un commerciante cinese che, utilizzando il sistema dei feichen, simile all’hawala, ripuliva il denaro sporco ricavato dalle piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, ma anche quello di uomini legati [CONTINUA A LEGGERE SU LAVIALIBERA]