Le “fonti di Chigi” tacciono, invece, sul dilagare dei working poor, i lavoratori che nonostante possano contare su uno stipendio non arrivano a fine mese. L’istituto di statistica ha segnalato un netto peggioramento della condizione delle famiglie guidate da un dipendente: nel 2023 era finito in povertà il 9,1% di quei nuclei, contro l’8,3% del 2022. Dati poco compatibili sulla narrazione cara al governo, secondo cui quel che conta sono i buoni dati sull’occupazione e non c’è bisogno di un salario minimo legale perché la contrattazione collettiva è più che sufficiente per garantire salari dignitosi. E poco importa se 5,7 milioni di dipendenti portano a casa meno di 850 euro netti al mese. Silenzio pure sugli 1,3 milioni di minorenni poveri assoluti. La velina preferisce puntare sulla nazionalità delle famiglie precipitate in povertà, sottolineando come siano “prevalentemente straniere” (l’incidenza della povertà per loro è superiore di quasi sei volte rispetto a quella dei nuclei composti da soli italiani): passaggio che pare strizzare l’occhio a un elettorato disposto a ritenere più accettabile l’indigenza di chi arriva dall’estero.
Ciliegina sulla torta, il governo rispolvera un report dell’Istat di due settimane fa sulla redistribuzione del reddito nel 2023 per ricordare che “il rischio di povertà si è ridotto”. Ma una lettura attenta di quel documento rivela che il merito va cercato in due misure introdotte da Draghi, l’assegno unico e universale per i figli a carico (che Meloni ha poi adeguato al costo della vita e aumentato per i nuclei più numerosi e per quelli con figli sotto l’anno di età) e la decontribuzione per i lavoratori dipendenti con redditi bassi, che è stata potenziata. L’avvio dei tagli al reddito di cittadinanza, la cui erogazione lo scorso anno è stata ridotta a sette mesi per i presunti “occupabili”, e la sua sostituzione con il Supporto per la formazione e il lavoro da soli 350 euro al mese hanno invece aumentato di 0,2 punti l’indice di Gini che misura la disuguaglianza. L’impatto sulla povertà ancora non si vede solo perché l’abolizione vera e propria del rdc è stata attuata in maniera compiuta solo quest’anno, con l’entrata in vigore dell’Assegno di inclusione che come evidenziato da Bankitalia esclude una parte importante della platea prima raggiunta dall’aiuto pubblico. Gli esperti prevedono che il numero degli indigenti aumenterà addirittura di 1 milione.