Di Giuseppe De Marzo – L’Espresso 29 marzo 2024
Dalla svolta “verde” al baratro “nero” il passo è stato breve. Lo scorso 21 febbraio durante la conferenza stampa la presidente della CE, Ursula Von Der Leyen, in pochi minuti ha cancellato le priorità dell’Unione Europea da lei stessa indicate nel 2019: “Un green new deal da mille miliardi per rilanciare l’economia, promuovendo nuovi investimenti sostenibili e utilizzando i margini concessi dal Patto di Stabilità”. Difesa e sicurezza sono le nuove priorità. Sparisce l’impegno per mitigare gli effetti del collasso climatico e ri-adattare le nostre economie rispettando i limiti del pianeta. Così come l’obiettivo di contrastare l’aumento senza precedenti delle disuguaglianze promuovendo equità sociale attraverso ingenti investimenti di risorse pubbliche nella riconversione ecologica del nostro modello industriale ed energetico: unica strada per rimettere insieme il diritto al lavoro e quello alla salute.
Ci avevano detto che il green new deal rappresentava il nuovo contratto sociale: la giusta risposta all’impatto della pandemia sul continente, capace allo stesso tempo di ridefinire il ruolo e l’azione dell’Europa sullo scacchiere internazionale. Investire sulla riconversione ecologica e sui diritti sociali per uscire dalle crisi prodotte dall’insostenibilità del modello di sviluppo avrebbe rappresentato a livello globale un esempio utile e replicabile per prevenire pandemie, esclusione sociale ed evitare conflitti. Perchè l’antidoto alle guerre sono i diritti. Invece, ci ritroviamo dopo cinque anni di annunci e solenni promesse della CE non solo più impoveriti e fragili, ma schiacciati tra due spaventose minacce: guerra e collasso climatico. Salute, lavoro, difesa di ambiente e biodiversità non sono più le priorità di chi si ricandida a guidare la CE.
La rinuncia dell’Europa a una leadership sul fronte della riconversione ecologica e della costruzione di un’economia di pace è un errore mortale, non solo per noi cittadini e cittadine europee. Paragonare la necessità di produrre bombe a quella dei vaccini come ha fatto la presidente della CE indica una prospettiva catastrofica quanto irricevibile. Perché le guerre si preparano investendo in armi e tagliando le spese per i diritti sociali e la giustizia ambientale. Ed è quello che ha fatto l’attuale CE e che dice di voler continuare a fare se vincesse le elezioni. Per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale conservatori e destre europee evocano apertamente la guerra come strumento dell’azione politica, esponendo centinaia di milioni di persone alla catastrofe, dopo averle impoverite per quindici anni. Se non agiremo cambiando le cose il presente e il futuro di tutti noi continueranno ad essere segnati da povertà, collasso climatico e guerre. Una prospettiva inaccettabile che va combattuta con tutte le nostre forze, rifiutando linguaggio e semplificazioni bellicistiche, ribaltando completamente prospettiva e priorità. Non si può più rimanere zitti e fermi se non vogliamo che sia troppo tardi.
Abbiamo bisogno di forze politiche in grado di garantire rappresentanza a quella parte maggioritaria della società che deve lavorare per vivere, a cui conviene far pace con la Terra e che aspetta politiche ridistributive dopo essere già stata colpita dalle politiche di austerità e dalla pandemia.
Ripartiamo dai pilastri sociali europei (diritto all’abitare, servizi sociali di qualità e reddito minimo garantito) e promuoviamo la riconversione ecologica (non transizione) per garantire salute, lavoro e pace. Chi vuole la pace costruisce un’economia di pace. Facciamo Eco!