Povertà aumenta del 9,5%, tra le cause il basso livello di istruzione. I precari hanno più possibilità di diventare poveri del 16%

12 giugno 2024 | Orizzonte scuola

L’Indagine sul reddito e le condizioni di vita (Eu-Silc), come riporta l’ISTAT, ha rivelato che nel 2022 l’8,5% dei lavoratori nell’UE27 vive in famiglie a rischio di povertà. Questo fenomeno, noto come povertà lavorativa, rappresenta una sfida significativa per l’Italia, che mostra un ritardo rispetto alla media europea nei tassi di occupazione.

La situazione italiana è peggiorata negli ultimi anni, con la quota di lavoratori a rischio di povertà aumentata dal 9,5% nel 2010 all’11,5% nel 2022. Questo incremento ha ampliato il divario rispetto alla media europea. Tra i principali paesi europei, solo la Spagna presenta una quota di lavoratori a rischio di povertà superiore a quella dell’Italia, con l’11,7%, anche se il divario tra i due paesi si è ridotto nel tempo. In confronto, Francia e Germania si trovano al di sotto della media europea, con rispettivamente il 7,5% e il 7,2%.

L’istruzione e la povertà lavorativa

Il livello di istruzione è un fattore determinante per la stabilità economica individuale. In generale, un basso livello di istruzione è associato a un maggiore rischio di guadagnare un reddito basso e, quindi, di essere poveri nonostante l’occupazione. In Italia, nel 2022, il rischio di povertà per i lavoratori con istruzione primaria è stato del 18,7%, mentre per quelli con istruzione terziaria era solo del 5,1%. Simili divari sono presenti in Germania, Francia e Spagna, anche se i vantaggi derivanti da un’istruzione superiore sono più pronunciati in Francia e Germania rispetto a Italia e Spagna.

La cittadinanza come fattore di rischio

La cittadinanza è un altro elemento cruciale che influisce sul rischio di povertà lavorativa. In Italia, nel 2022, i lavoratori di nazionalità italiana avevano un rischio di povertà inferiore di quasi 15 punti percentuali rispetto ai lavoratori stranieri. Questo distacco supera i 18 punti percentuali quando si considerano lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’UE27.

Precarietà e povertà

L’intensità e la precarietà del lavoro sono fattori significativi che incidono sul rischio di povertà. Lavorare part-time, avere un contratto a tempo determinato o essere lavoratori autonomi aumenta notevolmente questo rischio. Nel 2022, la percentuale di lavoratori part-time a rischio di povertà era del 19,9%, quasi il doppio rispetto a quelli a tempo pieno (9,7%). Analogamente, i dipendenti con contratto a termine affrontavano un rischio maggiore (16,2%) rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato (8,5%). Infine, tra i lavoratori autonomi, il rischio di povertà era del 17,0%, superiore alla media generale.

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