Bisogna evitare che l’autonomia crei disastri irreversibili. Si parta subito insieme, con il referendum.
Di Giuseppe De Marzo – 5 luglio 2024 L’Espresso
Stanno cambiando volto alla Repubblica, stravolgendone i principi, cancellando la solidarietà nazionale in nome di un regionalismo asimmetrico che nasconde la secessione dei ricchi, spacca l’unità nazionale, fa esplodere le disuguaglianze, aggravando la drammatica crisi sociale ed istituzionale. In un contesto internazionale instabile, minacciato da guerre e collasso climatico. Bisogna impegnarsi tutti e tutte insieme per impedirlo.
Questo pensano dell’autonomia differenziata imposta dal duo Meloni-Calderoli centinaia di realtà sociali, comitati per i beni comuni, associazioni, movimenti popolari, sindacati, parrocchie di periferia, case delle donne, coordinamenti di insegnanti e studenti, giuristi, attivisti per la giustizia ambientale ed ecologica. Lo hanno ribadito durante il seminario pubblico lo scorso 3 luglio organizzato dalla Rete dei Numeri Pari nella sede nazionale di Libera a Roma. Soggetti provenienti da mondi diversi, denunciano da tempo che, se verrà applicata l’autonomia differenziata il disagio esistente e le disparità sui territori saranno inaccettabili. Al seminario hanno partecipato anche tutti i partiti di opposizione in parlamento, ribadendo la loro contrarietà al ddl Calderoli e volontà di percorso unitario.
Il tempo rimasto prima che il progetto spacca Italia diventi irreversibile è davvero limitato. Dobbiamo attivarci subito per provare a evitare il disastro. Le Regioni possono già fare la prima mossa portando la legge davanti alla Consulta entro 60 giorni dalla sua approvazione, sollevando questioni di legittimità sulle competenze. Quelle del Sud dovrebbero farlo a prescindere dal colore di chi le guida se vogliono far prevalere i diritti dei loro cittadini sugli interessi secessionisti. Le opposizioni che si sono dichiarate contrarie al ddl Calderoli possono coerentemente chiedere alle regioni guidate dai loro rappresentanti di iniziare questo percorso. Non farlo sarebbe un bruttissimo segnale.
L’altra strada per evitare il disastro irreversibile consiste nel promuovere il referendum abrogativo della legge. Non è in contraddizione con l’azione che potrebbero svolgere le Regioni come ricorda il prof Azzariti che ha introdotto con la sua relazione il seminario del 3 luglio. Il referendum entra nel merito politico della legge su cui tutti gli italiani hanno il diritto di pronunciarsi, vista la posta in gioco. La partecipazione dei cittadini è la strada per rispondere ad una crisi profonda. Perché senza la partecipazione ed il protagonismo delle realtà sociali non sarà possibile riportare al voto la maggioranza dei cittadini.
In questa direzione stanno lavorando i soggetti che hanno promosso lo spazio de “laviamaestra”, dando vita in questi ultimi mesi a grandi mobilitazioni come quella contro l’autonomia a Napoli dello scorso 26 maggio. Per iniziare subito la raccolta delle firme che dovrà essere completata secondo i tempi previsti dalla legge entro fine settembre. E se saremo tanti e tante sarà più semplice farlo anche sotto il sole. Sarà la Corte a pronunciarsi sull’ammissibilità del quesito e, in caso positivo, spetterà al Presidente della Repubblica convocare il referendum. Da lì si aprirà la partita più difficile ed allo stesso tempo affascinante: il raggiungimento del quorum in un paese in cui la maggioranza della popolazione pensa che la politica non cambi più la propria condizione.
Se giocheremo la partita mobilitando il paese, raccontando davvero quale disastro produrrebbe nelle vite di tutti e tutte, e quanto invece insieme possiamo fare per cambiare in bene, non avremo solo impedito questo obbrobrio ma rilanciato il dibattito sulle vere priorità politiche. Lo avremo fatto restituendo voce e includendo soggetti e cittadini tenuti ai margini in questi ultimi due decenni. È la più grande cura ricostituente per la Repubblica. Facciamo Eco!