Le operazione “antidegrado” sono il dito. La luna è come abbiamo spinto le persone sgomberate alla marginalità sociale.
La Sala operativa sociale era presente per assistere le persone allontanate, ma chiunque a Roma si batte per l’accoglienza pubblica sa bene che i centri sono al massimo della loro capacità.
Non ci sono posti neanche per le donne con bambini piccoli.
E’ stato sicuramente uno sgombero senza soluzione alternative, fatto solo per spingere lontano dagli occhi e dal cuore della città gli ultimi della Capitale.
E chi conosce la tendopoli di Castro Pretorio sa anche bene che per molte delle persone allontanate è troppo tardi oggi per ricevere un posto in accoglienza pubblica.
Sono persone che quel posto in accoglienza avrebbero dovuto riceverlo anni fa, quando invece sono state respinte, isolate, abbandonate, umiliate, lasciate per mesi o per anni in strada, senza documenti, senza tutele.
Per chi vuole chiedere asilo in Italia le frontiere interne possono essere spietate: anni per ottenere un documento significano anni senza poter lavorare legalmente, senza un tetto sulla testa, senza presente né futuro.
Potremmo fare un elenco infinito di persone arrivate in Italia dopo un viaggio devastante, disseminato di violenze e perdite e che una volta giunte in Italia sono state piegate dalle vessazioni continue della burocrazia e dell’amministrazione capitolina.
Ragazzi che credevano di avercela fatta, di essere sopravvissuti al deserto, al mare, ai lager libici e che invece hanno trovato muri inaspettati lì dove avrebbero dovuto trovare protezione.
Abbiamo visto donne e uomini che, dopo anni di strada e di invisibilità, si sono spenti, hanno sviluppato psicosi, sono caduti nelle dipendenze, si sono tolti la vita.
Lo sgombero di ieri è solo l’ultima delle violenze.