Con la scusa dell’Anno Santo si giustifica opere che nulla hanno a che fare con la manifestazione
Di Giuseppe De Marzo – L’Espresso 13 dicembre 2024
“Nessuna indulgenza per Gualtieri”. Lo slogan con cui si sono dati appuntamento in Campidoglio lo scorso 7 dicembre decine di altre realtà sociali impegnate nella Capitale per la difesa del territorio, della salute, del patrimonio pubblico.
A pochi giorni dall’inizio del Giubileo denunciano come in nome dell’Anno Santo si vogliano far passare grandi opere e interventi che non saranno di certo pronti per il primo gennaio ma che invece rischiano di danneggiare la salute pubblica, distruggere il territorio, lasciando un debito sociale, economico, ecologico e culturale che pagheranno i cittadini di Roma per i prossimi 30 anni. Eppure, alle ultime elezioni Gualtieri è stato eletto su un programma che non prevedeva il termovalorizzatore, consapevole che non risolve il problema dei rifiuti, richiede dai 5 ai 7 anni per essere ultimato, costa troppo e rappresenta una tecnologia obsoleta e inquinante. La promessa era quella di far entrare finalmente Roma nell’era della cosiddetta “economia circolare”. Poi il governo Draghi due anni fa ha sconfessato il piano rifiuti della Regione Lazio che non prevedeva inceneritori ed ha conferito poteri commissariali a Gualtieri per farli. Questo l’iter della scelta di voler costruire un grande inceneritore ai Castelli. Scelta resa ancora più opaca dall’assenza di qualsiasi confronto pubblico, che delegittima e frustra la partecipazione della cittadinanza (non ci si stupisca se più della metà dei romani non vota più). E che impedisce la possibilità di poter discutere di alternative, che esistono e sono tutte efficaci.
Come indica la normativa europea che prevede l’utilizzo dell’inceneritore solo come ultima opzione. Perché la priorità è quella di “produrre meno rifiuti”. Per questo obbliga gli Stati a recuperarli in quanto materia da riciclare, non bruciare. Significa in concreto promuovere e investire su una vera raccolta differenziata anche attraverso il porta a porta con i controlli necessari. Le normative europee prevedono di riciclare il 55% dei rifiuti già il prossimo anno, per arrivare al 65% nel 2035. Solo allora sarà possibile capire ciò che resta del rifiuto ed eventualmente ricorrere come ultima opzione a discariche e inceneritori. Tenendo sempre presente che dobbiamo evitare di immettere in atmosfera altra CO2, come quella prodotta da incenerimento, perché incompatibile con la nostra salute e con le politiche di adattamento e mitigazione per contrastare la crisi climatica.
Non a caso l’Europa non ha inserito di certo l’incenerimento tra le tecnologie finanziabili: li considera dannose perché in contrasto con le politiche di decarbonizzazione. In gioco c’è il futuro delle generazioni che verranno. Per questo il confronto e l’ascolto con chi propone alternative valide in grado di farci uscire dall’era dei fossili e dell’insicurezza socio ambientale è determinante. Cosa che in altre città del paese è avvenuta. Come in Umbria o a Palermo dove tutte le forze politiche di opposizione sono contrarie agli inceneritori. Perché a Roma invece non si può discutere e valutare le alternative? Se il centrosinistra vuole vincere contro le destre sono indispensabili l’ascolto ed il coinvolgimento della cittadinanza attiva e dei movimenti popolari. Attraverso l’impegno sono loro che ridefiniscono bisogni e aspirazione delle nostre comunità, costituendosi spesso unico argine alla solitudine ed alle paure. Promuovono una visione sempre più prossima all’ecologia integrale di cui parla Papa Francesco, opposta all’agenda Draghi rincorsa da chi si ostina a non riconoscere l’evidenza dei cambiamenti. Facciamo Eco!