La Corte Europea ha dato ragione ai movimenti della Terra dei fuochi. Un esempio di democrazia partecipata
Giuseppe De Marzo – L’Espresso 11 aprile 2025
“Lo Stato italiano ha fallito nel proteggere la vita di cittadini e cittadine, non intervenendo con la necessaria urgenza”. La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di recente ha condannato all’unanimità l’Italia per non aver adottato misure adeguate, preventive e repressive, per affrontare l’inquinamento ambientale e il suo impatto sulla popolazione in un’area molto grande della Campania tristemente conosciuta come Terra dei Fuochi. Parliamo di 57 Comuni tra Napoli e Caserta in cui vivono 3 milioni di persone. In quella che una volta era Terra Felix, la camorra da decenni accende roghi per smaltire illegalmente e interrare rifiuti, spesso tossici, provenienti da industrie del Nord. Un servizio a basso costo che ha compromesso il diritto alla vita della popolazione residente.
Le mobilitazioni e le denunce della cittadinanza attiva, come le dichiarazioni nel 2013 di alcuni pentiti di camorra, avevano acceso l’attenzione dei media raccontando il “business” dei rifiuti. Attenzione che è stata silenziata dall’inazione complice delle istituzioni. Con conseguenze devastanti sulla salute di chi vive in quei territori, come evidenziato da diversi studi epidemiologici che hanno confermato aumenti di tumori, malformazioni congenite e malattie respiratorie. A cui si aggiunge il disastro ambientale, considerato che suolo e falde acquifere sono contaminate da diossine, metalli pesanti, benzopirene, cloruro di vinile e amianto. Veleni che compromettono anche l’allevamento e l’agricoltura.
La Corte di Strasburgo ha censurato la totale assenza di iniziative pubbliche, così come i ritardi e l’incompletezza della mappatura sugli effetti dell’esposizione ai rifiuti tossici sulla salute pubblica. Per i giudici le autorità italiane erano consapevoli dei pericoli per i cittadini già dai primi anni ’90. Dai lavori delle sette commissioni parlamentari d’inchiesta, tra il 1995 e il 2018, si deduce infatti come il problema dello smaltimento illecito fosse noto sin dal 1988, così come i rischi per la vita delle persone. Con la sentenza la Cedu ha imposto all’Italia misure obbligatorie per risolvere il problema della Terra dei Fuochi. Misure che vanno adottate entro due anni per rendere concreta la bonifica di tutta l’aria interessata. Una sentenza che apre a una nuova fase per quanto riguarda la relazione tra diritti umani e ingiustizie ambientali, dando speranza a comunità e movimenti che si battono da decenni per difendere i loro territori, consapevoli che la nostra salute ed il nostro futuro dipendono dall’integrità e della salute dell’ambiente intorno a noi. Per questo la Corte di Strasburgo attribuisce loro la responsabilità di vigilare sull’applicazione della sentenza.
Ma i movimenti per la giustizia ambientale e la cittadinanza attiva sono anche gli unici soggetti in grado di indicare prospettive adeguate a fronteggiare la crisi ecologica e quella sociale. A differenza di chi doveva indicare alternative per difendere la salute pubblica, in questi decenni non si sono mai arresi. Come i cittadini e le cittadine riunite nel Comitato Unitario No 4a Linea inceneritore di Acerra che hanno lanciato per il prossimo 10 maggio una manifestazione dal titolo: “Sentenza Cedu: il popolo è legittimato! Un Sì alle bonifiche”. Restituiscono dignità alle vittime e danno speranza non solo a quanti si battono per difendere salute e territorio, ma a chiunque reclami democrazia. Facciamo Eco!