10 marzo 2020 – ISTAT
La peculiarità del periodo storico che stiamo vivendo ha reso sempre più evidente l’inadeguatezza del Pil come unica misura del benessere di una popolazione. L’importanza di avere un insieme razionale di indicatori al riguardo, sostenuta dalla letteratura fin dagli anni Sessanta e sollecitata dalla società civile, ha portato l’Istat ad avviare nel 2010, insieme al Cnel, il progetto Bes, per la misurazione del Benessere equo e sostenibile. L’esito, al quale si è giunti al termine di un processo di analisi aperto al confronto con la comunità scientifica, le associazioni e i cittadini, è stato l’individuazione di 12 domìni rilevanti per il benessere (salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi) e la selezione di circa 130 indicatori in grado di misurare i diversi aspetti – condizioni materiali e qualità della vita – che a essi afferiscono.
Nel marzo 2013 è stato pubblicato il primo rapporto Bes, seguìto da una nuova edizione ogni anno, fino ad arrivare all’attuale: l’ottava. Un percorso che ha portato, di volta in volta, a innovazioni metodologiche e di analisi, con revisioni nel set degli indicatori e lo studio della loro distribuzione per gruppi sociali.
Nel Rapporto 2020 si è aggiunto a questo processo un nuovo tassello, con l’aggiornamento del sistema di indicatori messo a punto per seguire l’evoluzione del concetto di benessere e cogliere le profonde trasformazioni in atto, ivi incluse quelle determinate dalla pandemia da Covid-19. In particolare, si è dato corso all’arricchimento del panorama informativo sui temi che più di altri hanno impatto oggi sul benessere dei cittadini: la salute e i servizi sanitari, le risorse digitali, il cambiamento climatico e il capitale umano, quest’ultimo sia in termini di formazione che di potenziale produttivo.
A dieci anni dall’avvio del progetto, gli indicatori proposti mostrano chiaramente come i cambiamenti nel profilo del benessere in Italia siano stati molti: tanto nella direzione del progresso, quanto nella persistenza di aree di criticità, anche profonde.
Per effetto dei tagli continui lungo tutto il decennio, il nostro sistema sanitario è arrivato a disporre di meno posti letto, di medici di età mediamente più elevata, per il blocco del turnover, con l’effetto complessivo di una maggiore disuguaglianza nell’accesso alle cure. I bambini iscritti al nido e i giovani che si laureano sono ancora troppo pochi, e il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad allargarsi. La distanza dagli altri partner europei non diminuisce nemmeno per gli investimenti in ricerca e sviluppo, che restano troppo bassi, né, malgrado i progressi, per l’incidenza di lavoratori della conoscenza. Nel contempo si è accresciuto il numero di ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in programmi di formazione professionale. La qualità del lavoro in Italia resta critica, e l’incidenza della povertà assoluta, che per sette anni si era mantenuta su livelli doppi rispetto ai valori del 2009, solo nel 2019 mostra, per la prima volta, una leggera flessione, per poi aumentare nuovamente nel 2020. Quanto alla digitalizzazione, l’uso di internet è cresciuto, ma permane lo svantaggio del Mezzogiorno, delle donne e dei più anziani. Gli investimenti per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, già storicamente inadeguati, sono in diminuzione. Sul fronte dell’ambiente, molti sono i segnali di allarme: crescono infatti le criticità sulle risorse idriche, resta allarmante la qualità dell’aria, avanza il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio torna a livelli preoccupanti nel Mezzogiorno. La pandemia ha rappresentato una frenata, o addirittura un arretramento, in più di un settore. Gli indicatori del Bes hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sul fronte della salute, annullati in un solo anno. L’emergenza sanitaria ha avuto conseguenze pesanti su un mercato del lavoro già poco dinamico e segmentato e ha imposto una battuta di arresto nella partecipazione culturale. In questo contesto, aumentano comprensibilmente i timori dei cittadini per la propria situazione futura e resta bassa la quota di persone molto soddisfatte per la vita.
Dal lato delle buone notizie, dopo anni di declino, l’interesse dei cittadini per i temi civici e politici ha mostrato segnali di ripresa e la loro sensibilità per i cambiamenti climatici continua ad aumentare. La presenza delle donne nei luoghi decisionali ha fatto passi in avanti, sebbene lentamente. La criminalità è andata progressivamente riducendosi. Alcuni indicatori ambientali, come quelli che monitorano la gestione dei rifiuti, hanno mostrato un andamento favorevole.
Il Rapporto presenta, in sintesi, un quadro complesso ricco e al tempo stesso contraddittorio. Mostra un Paese in grandi difficoltà, che tuttavia mantiene in vita riserve di speranza
Cliccare qui per il testo integrale del Rapporto