Dopo la fine della favola del Draghi verde, finisce anche quella del Draghi keynesiano

Le proposte della Rete dei Numeri Pari per uscire dalla crisi

Sblocco dei licenziamenti dal 1 luglio; semplificazione del codice degli appalti senza creare nuove garanzie; nessuna misura di redistribuzione della ricchezza; nessuna riforma della pubblica amministrazione; nessuna riforma fiscale; nessun progetto di riforma del modello di welfare; nessun investimento strategico sulla sanità territoriale, l’istruzione, la ricerca e le nuove generazioni; nessun piano di investimento strutturale per l’edilizia popolare, il recupero e il riutilizzo di immobili pubblici dismessi e privati invenduti; nessun programma per sconfiggere la dispersione scolastica e la povertà educativa; nessuna riconversione ecologica ma il paradosso di veder riproposti vecchi e superati megaprogetti come il ponte dello Stretto e le trivelle nell’adriatico. Reinserito nel DEF invece il DDL per l’autonomia differenziata, nonostante la pandemia abbia evidenziato le insufficienze strutturali del Ssn pubblico causate dalla regionalizzazione, dalle politiche di austerità e dalle privatizzazioni attuate negli ultimi 20 anni. In compenso tanti soldi alle imprese, specie a quelle del nord, senza nessuna condizionalità.

Dopo la favola del Draghi verde, le scelte e i numeri raccontano di un governo sempre più espressione degli interessi di Confindustria, che non interviene in maniera adeguata a contrastare il dramma dell’aumento senza precedenti delle disuguaglianze e della povertà. La priorità del governo Draghi è il perseguimento di quello stesso modello economico e culturale che ha provocato la crisi e che impedisce il cambiamento. Siamo dinanzi al tradimento della Costituzione che stabilisce come prioritari i diritti sociali fondamentali e obbliga la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Questo è quello che emerge dal consiglio dei Ministri che si è tenuto lunedì 24 maggio. Il Governo Draghi si dimostra attento unicamente alle richieste di Confindustria, scegliendo di stare dalla parte dei più ricchi e dei più forti, mentre nel paese continuano a crescere disuguaglianze, povertà, precarietà e disagio sociale e psichico. Un paese sempre più fragile e disuguale: 6 milioni di persone in povertà assoluta, oltre 9 milioni in povertà relativa, disoccupazione sopra il 10%, più di 950 mila posti di lavoro persi dall’inizio della pandemia e milioni di lavoratrici e lavoratori poveri, per citare solo alcuni dati. Un quadro drammatico in cui l’aumento senza precedenti delle disuguaglianze sociali, causato e favorito dall’assenza di politiche pubbliche e di investimenti adeguati da parte dello Stato, finiscono per favorire gli interessi delle organizzazioni criminali. Sono proprio le mafie che continuano a mettere in campo un welfare sostitutivo capillare attraverso il quale rimpiazzano l’assenza di politiche sociali efficaci e rafforzano il loro potere di penetrazione sui territori. Disponendo di liquidità e approfittando della crisi, si impadroniscono di intere filiere produttive, investono nella finanza e studiano come mettere le mani sui soldi che arriveranno dal Next Generetion EU. Quando la politica è debole, come in questo caso, sono le mafie a essere forti.

Ma quello che ci preoccupa di più è l’assenza di qualsiasi opposizione rispetto alle proposte e le scelte di un governo che è l’espressione più compiuta di un modello economico e culturale ormai insostenibile in termini sociali, economici, ambientali e sanitari. La relazione tra collasso climatico, riduzione della biodiversità e coronavirus, dimostra una volta di più che siamo davanti a crisi figlie dell’insostenibilità del modello di sviluppo liberista. Ingiustizie sociali, ambientali ed ecologiche sono gli “effetti collaterali” di un modello economico per sua natura insostenibile. Abbiamo la necessità e l’urgenza di cambiare, per costruire un punto di vista che metta insieme giustizia sociale, giustizia ambientale e giustizia ecologica. Abbiamo bisogno di dare voce e rappresentanza politica alla stragrande maggioranza della popolazione che è stata in questi anni indebolita e impoverita e che non troverà nessuna risposta efficace in un modello che per sua natura ha bisogno delle disuguaglianze, di sottopagare il lavoro e di spremere per i propri interessi tutte le risorse, comprese quelle esauribili, del nostro pianeta, minando il nostro diritto alla vita e quello delle generazioni che verranno.

Al Governo Draghi e al Parlamento continuiamo ad avanzare le proposte che sono frutto del lavoro di oltre 600 realtà sociali. Le stesse che in questi anni di crisi hanno continuato a promuovere solidarietà, cooperazione e mutualismo garantendo risposte concrete a decine di migliaia di persone lasciate indietro anche in piena pandemia.

Reddito di dignità; garanzia del diritto all’abitare tramite l’utilizzo del patrimonio pubblico disponibile, dell’invenduto, del confiscato e calmierazione dei fitti; investimenti nel servizio sanitario nazionale; aumento del Fondo Nazione Politiche Sociali ai livelli del 2008; riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica da portare avanti in maniera pianificata, inclusiva, equa e partecipata attraverso investimenti pubblici, lavori di cittadinanza, socializzazione delle infrastrutture strategiche e attività di riproduzione socio ecologica e di cura del vivente: unica strada per creare lavoro così da garantire la salute dei lavoratori e contrastare cambiamento climatico e inquinamento ambientale; riforma fiscale e patrimoniale su grandi ricchezze per recuperare i fondi necessari. Queste continuano a essere le uniche proposte efficaci per uscire dalla crisi e garantire dignità e democrazia economica a partire da milioni di persone a cui è stata negata.

Ufficio Stampa Rete dei Numeri Pari
Elisa Sermarini – Tel: +39 347 3935 956
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