Di Domenico Gallo – Volere la Luna
«Bussate e vi sarà aperto», il noto versetto del Vangelo di Luca nella cattolicissima Polonia viene interpretato a contrario: bussate quanto vi pare, mai vi sarà aperto. Anzi non solo non vi sarà aperto ma alzeremo un muro, proprio come è avvenuto a Berlino nell’agosto del 1961, per impedire a chiunque l’attraversamento della frontiera. È questo l’annuncio dato il 15 novembre dal premier polacco Mateusz Morawiecki, che ha precisato che la costruzione inizierà già nel mese di dicembre. Nella stessa giornata, in un’intervista concessa all’Agenzia Pap, il premier polacco ha ventilato l’intervento della NATO: «Stiamo discutendo con la Lettonia ma soprattutto con la Lituania se non mettere in funzione l’articolo 4 della NATO; ci sembra che ne abbiamo sempre più bisogno […]. Ormai sappiamo che per fermare il regime bielorusso non bastano solo le parole».
Ormai è evidente che ci troviamo di fronte allo scatenarsi di una nuova guerra fredda, alla nascita di una nuova cortina di ferro, spostata un po’ più a est della precedente ma ugualmente contrassegnata da muri, distese di cavalli di frisia, eserciti che si confrontano, armi che si accumulano. C’è da chiedersi, allora, dov’è il casus belli, qual è l’oggetto della controversia che ci ha fatto precipitare in una crisi così profonda e grave? Dove sono le truppe che minacciano la frontiera polacca e con quali armi?
È paradossale, ma l’armata che minaccia la Polonia e i confini orientali dell’Unione Europea è uno sparuto nucleo di uomini, donne e bambini, accampati in un bosco al freddo e al gelo, armati solo dalla speranza di una vita migliore, sottratta agli insulti della violenza e della fame da cui sono fuggiti. Certamente queste persone sono state portate alla frontiera nel quadro di una politica cinica che sfrutta la loro disperazione come merce di scambio politico o come rivalsa verso le sanzioni che la UE ha adottato nei confronti della Bielorussia, ma questo non cambia la sostanza del problema: il rifiuto di ogni forma di umana solidarietà e di accoglienza nei confronti dei profughi che percorre tutta l’Unione Europea e assume caratteri di vera paranoia in Polonia e Ungheria.
Parlando del dramma dei migranti all’inaugurazione dell’anno accademico a Siena, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: «È sconcertante quanto avviene ai confini dell’UE, c’è un divario con i principi proclamati […]. Sorprendente il divario tra i grandi principi proclamati e non tenere conto della fame e del freddo a cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione». Anche se non ne ha tratto le conclusioni politiche, Mattarella ha rotto il tabù dell’indifferenza qualificando i profughi accalcati alla frontiera, non come invasori, non come alieni, ma come “esseri umani”. È proprio questo il punto: le politiche di respingimento dei flussi migratori adottate dall’Unione Europea sono sostenibili solo al prezzo di disumanizzare la folla dei profughi, di considerarli merce indesiderata da bloccare ai confini, ancor meglio prima che arrivino ai confini dell’UE.
C’è un divario sconcertante fra i grandi principi proclamati solennemente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Che senso ha dichiarare che la dignità umana è inviolabile (art. 1), che ogni persona ha diritto alla vita (art. 2), che ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica (art. 3), se poi si lasciano morire di fame e di freddo le persone accampate alla frontiera? che senso ha riconoscere il diritto di asilo (art. 18) secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, se poi si impedisce ai profughi di presentarsi alla frontiera per richiedere asilo? Persino Putin si è potuto permettere di bacchettare l’Unione Europea osservando che non rispetta i suoi stessi principi umanitari.
È veramente assurdo che si schieri un’armata in assetto di guerra per proteggere la frontiera dall’assalto di 4.000 persone disarmate che chiedono solo di poter vivere. I militari polacchi non hanno avuto ritegno a usare i lacrimogeni e i cannoni ad acqua per disperdere i migranti che cercavano di attraversare la frontiera. Per questo atto eroico hanno ricevuto le congratulazioni del ministro della Difesa polacco, Mariusz Błaszczak, mentre la portavoce delle guardie di frontiera polacche, Anna Michalska ha dichiarato in conferenza stampa che: «se necessario, saremo pronti a utilizzare le armi». Ad oggi si ha notizia di almeno 13 morti accertati, tra cui un bambino di un anno, stremati per il freddo e gli stenti, ma la cifra reale potrebbe essere di gran lunga superiore.
Nell’Unione Europea vivono circa 400 milioni di persone; i profughi accampati alla frontiera polacca, percepiti come una minaccia dai leaders sovranisti, non rappresentano neppure lo 0,01% della popolazione europea. In Italia negli ultimi dieci anni sono sbarcate 876.000 persone giunte dal mare; una piccola parte è stata rimpatriata, l’altra è stata assorbita senza drammi dall’Italia e dagli altri Paesi europei. È singolare che il Consiglio dei Ministri degli esteri abbia varato nuove sanzioni contro la Bielorussia, senza muovere un dito per consentire che le persone accampate nella foresta potessero essere accolte da qualche Paese europeo. È singolare che un continente in crisi demografica in cui cresce l’invecchiamento della popolazione, respinga i bambini accampati al freddo nella foresta, privandosi dei loro sogni, della loro gioia di vivere, della loro energia vitale, e si cinga di filo spinato alle frontiere. È urgente una rivolta morale e un’azione politica coerente: dobbiamo pretendere che siano salvati i profughi alla frontiera per salvare l’onore e l’anima dell’Europa.