La sintesi per i decisori politici del sesto rapporto sul cambiamento climatico ovvero l’appello inascoltato e inascoltabile

di Roberto Rosso per Transform Italia

Lunedì 20 marzo 2023 è stata presentata, all’interno del rapporto di sintesi sul cambiamento climatico 2023 dell’IPCC)1, la sintesi per responsabili e decisori politici, che così esordisce:

Il rapporto di sintesi (SYR) del sesto rapporto di valutazione dell’IPCC (AR6) riassume lo stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici, i suoi impatti e rischi diffusi e la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Esso integra i principali risultati del sesto report di valutazione (AR6) basato sui contributi dei tre gruppi di lavoro   e delle tre relazioni speciali. La sintesi per i responsabili politici (SPM) è strutturata in tre parti: SPM.A uno stato attuale e tendenze, SPM.B Cambiamenti climatici futuri, rischi e risposte a lungo termine e SPM.C risposte a breve termine.

Questa relazione riconosce l’interdipendenza tra clima, ecosistemi e biodiversità e società umane; il valore delle diverse forme di conoscenza; e gli stretti legami tra adattamento ai cambiamenti climatici, mitigazione, salute degli ecosistemi, benessere umano e sviluppo sostenibile, e riflette la crescente diversificazione degli attori coinvolti nell’azione per il clima.”

Il secondo paragrafo in particolare enuncia tutta la complessità della materia di cui si tratta, la stretta interdipendenza dei diversi aspetti della realtà in cui viviamo. La prima considerazione che viene di fare, essendo questo documento rivolto alla politica, che la politica -nel senso più ampio come risultato della competizione e delle mediazioni raggiute all’interno delle classi dirigenti nel contesto globale ed in quello specifico di ogni paese- non sembra assolutamente in grado di affrontare quella complessità. Con ciò non si vuole negare che il cambiamento climatico, le sue conseguenze immediate ed i suoi orizzonti futuri facciano parte delle politiche e delle strategie dei governi, tuttavia ciò avviene senza che questo determini nella gran parte dei casi quella svolta radicale che è auspicata nel rapporto per adattarsi ai cambiamenti già in atto, mitigarne le conseguenze, rallentare e fermare un processo dagli esiti sicuramente catastrofici per oltre metà dell’umanità.

Interdipendenza dei processi, complessità crescente della formazione sociale globale, sono i termini di riferimento, in un contesto che abbiamo definito, ma è ormai universalmente riconosciuto, come intreccio di processi di crisi diverse, su cui l’economista Nouriel Roubini si esprime nei seguenti termini “Quelle che ho chiamato megathreats (megaminacce) altri hanno chiamato una “polycrisis” – che il Financial Times ha recentemente ha nominato la sua parola d’ordine dell’anno. Da parte sua, Kristalina Georgieva, direttrice operativa del  Fondo Monetario Internazionale, parla di una “confluenza di calamità”2. Sempre Roubini così conclude un altro suo precedente articolo3 “Eppure ci sono molti ostacoli nazionali e internazionali che si frappongono alle politiche che vorrebbero consentire un futuro meno distopico (anche se ancora contestato e contraddittorio). Così, mentre un meno desolante scenario è ovviamente auspicabile, un’analisi lucida indica che la distopia è molto più probabile di un esito più felice. Gli anni e i decenni a venire saranno segnati da una crisi del debito caratterizzata dalla stagflazione e le relative mega minacce – guerra, pandemie, cambiamenti climatici, IA dirompente e deglobalizzazione – tutto ciò sarà negativo per i posti di lavoro, le economie, i mercati, la pace e la prosperità.”

Certo Roubini si è fatto una fama di profeta di sventure con le sue previsioni azzeccate sulla crisi del 2008-2011, ma qui non si limita a replicare il suo personaggio, mette l’accento su quanto nello stato attuale delle cose, nella congiuntura attuale potremmo dire, impedisce la realizzazione di una strategia, necessariamente globale, necessariamente coordinata, frutto di comportamenti cooperativi da parte di tutti i protagonisti della scena globale. Le cronache quotidianamente raccontano l’opposto, sul piano del contrasto al cambiamento climatico, gli esiti delle ultime delle COP dopo quella di Parigi, come abbiamo avuto modo di analizzare a più riprese, non lasciano adito a speranze.

La relazione, destinata ai decisori politici, è uno straordinario condensato delle analisi, delle osservazioni e delle previsioni che si ritrovano per esteso nel sesto rapporto dell’IPCC.  In nota mettiamo gli enunciati sintetici dei capitoli che compongono le tre sezioni in cui è organizzato il rapporto: Stato attuale e tendenze – Futuro cambiamento climatico, rischi e risposte a lungo termine – Risposte a breve termine.

Tutte le considerazioni vertono sulle necessità e possibilità di accomodamento alle conseguenze accertate e inevitabili del riscaldamento globale, sulla difficoltà reale di mettere in pratica queste politiche; purtroppo i cambiamenti radicali che renderebbero possibile evitare la quota di 1,5° C sono al di là di ciò che gli investimenti e le politiche attuali rendono possibile.

Di seguito alcuni sommari introduttivi dei diversi capitoli, a ogni previsione sono assegnati i gradi di affidabilità: very high confidence, high confidence.

La sintesi del capitolo c1 della terza sezione afferma quanto segue:

C.1 Il cambiamento climatico è una minaccia per il benessere umano e la salute planetaria (very high confidence). C’è una finestra di opportunità che si chiude rapidamente per garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti (very high confidence). Lo sviluppo resiliente al clima integra adattamento e mitigazione per promuovere la sostenibilità sviluppo per tutti, ed è reso possibile da una maggiore cooperazione internazionale, compreso un migliore accesso a risorse finanziarie adeguate, in particolare per le regioni, i settori e i gruppi vulnerabili, una governance inclusiva e politiche coordinate (high confidence). Le scelte e le azioni messe in atto in questo decennio avrà impatti ora e per migliaia di anni (high confidence).

La frase finale è di una assoluta drammaticità, le conseguenze di questo decennio si proiettano su migliaia di anni a venire, coniugata con l’incipit che parla di una finestra di opportunità che si sta chiudendo.

A.2 I cambiamenti diffusi e rapidi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera si sono verificati. I cambiamenti climatici causati dall’uomo stanno già influenzando molte condizioni meteorologiche e climatiche estreme in ogni regione del mondo. Ciò ha portato a diffusi impatti negativi e relative perdite e danni alla natura e alle persone (high confidence). Comunità vulnerabili che storicamente hanno contribuito al minimo agli attuali cambiamenti climatici sono colpiti in modo sproporzionato.

A.3 La pianificazione e l’attuazione dell’adattamento sono progredite in tutti i settori e in tutte le regioni, con benefici documentati ed efficacia differenziata. Nonostante i progressi, esistono lacune nell’adattamento e continueranno a crescere agli attuali tassi di attuazione;  con limiti più o meno forti  nell’adattamento in diversi ecosistemi e regioni del globo, sino alla totale mancanza.

Gli attuali flussi finanziari globali per l’adattamento sono insufficienti e limitano l’attuazione di possibilità di adattamento, soprattutto nei paesi in via di sviluppo  

A.4 Le politiche e le leggi finalizzate alla mitigazione si sono costantemente ampliate dall’AR5. Le emissioni globali di gas climalteranti nel 2030 così come definite nei cosiddetti Nationally Determined Contributions (NDC – contributi determinati a livello nazionale) definiti entro l’ottobre 2021 rendono probabile che il riscaldamento supererà 1,5 ° C durante il 21 ° secolo e renderanno più difficile limitare riscaldamento al di sotto dei 2°C.  Vi sono forti differenze tra le emissioni previste derivanti dalle politiche attuate e quelle definite dagli  NDC; i flussi finanziari non raggiungono i livelli necessari per raggiungere gli obiettivi climatici in tutti i settori e Regioni.

B.6 Tutti i modelli di traiettorie globali che limitano il riscaldamento a 1,5 ° C (>50%) con nessun o limitato overshoot, e quelli che limitano il riscaldamento a 2°C (>67%), comportano rapide, profonde e, nella maggior parte dei casi, immediate riduzioni delle emissioni di gas serra in tutti i settori in questo decennio. Le emissioni nette globali di CO2 pari a zero sono raggiunto per queste due tipologie di traiettoria, rispettivamente nei primi anni 2050 e intorno ai primi anni 2070 (high confidence).

C.3 Sono necessarie transizioni rapide e di vasta portata in tutti i settori e sistemi per raggiungere profonde e durature riduzioni delle emissioni e garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti. Queste transizioni di sistema comportano un significativo aumento di un ampio portafoglio di opzioni di mitigazione e adattamento. Sono già disponibili opzioni fattibili, efficaci e a basso costo per la mitigazione e l’adattamento, con differenze tra sistemi e regioni.

Il sommario dell’ultimo capitolo vuole dare un indirizzo ai decisori politici.

C.7 Finanza, tecnologia e cooperazione internazionale sono fattori chiave per accelerare l’azione climatica. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici, sia i finanziamenti per l’adattamento che quelli per la mitigazione dovrebbero aumentare di molte volte. Esiste un capitale globale sufficiente per colmare le lacune di investimenti globali, ma ci sono ostacoli al reindirizzamento dei capitali verso l’azione per il clima. Migliorare i sistemi di innovazione tecnologica è fondamentale per accelerare l’adozione diffusa di tecnologie e pratiche. Migliorare l’internazionalizzazione La cooperazione è possibile attraverso più canali.

Finanza, tecnologia, cooperazione sono ovviamente i punti di riferimento dell’esortazione ai decisori politici, purtroppo ci troviamo in un contesto globale che vira decisamente verso polarizzazioni, forme di competizione sempre più aspre, che si spingono sul crinale che porta alla guerra guerreggiata, in uno stato di belligeranza globale.  I famosi 100 miliardi da donare ai paesi più poveri colpiti dal cambiamento climatici, da anni sono di là da venire, la disparità delle risorse a disposizione per affrontare il cambiamento climatico sta crescendo.  Come abbiamo sottolineato in precedenti articoli, la perdita di connessione nel complesso della riproduzione del sistema climatico e nelle reti ecologiche, il costo crescente del mantenimento di un grado accettabile di stabilità climatica, ecologica, economica e sociale -tra loro necessariamente interconnesse, fa si che le risorse vengano sempre più concentrate per il mantenimento di determinate frazioni sociali e regioni del globo, laddove la base del privilegio è la garanzia della sopravvivenza tout court e -a partire da questa- la crescita del livello di vita. La garanzia di sopravvivenza, di essere al sicuro di eventi estremi e di sempre più rapidi processi di degrado dell’ambiente complessivo, diventa il privilegio di una parte dell’umanità, che si costruisce megalopoli in forma di edificio lineare nel deserto, ungo oltre mille chilometri.

L’IPCC emette le proprie raccomandazioni ai governi, alle élites che governano il mondo, ma non sembra proprio che ci siano le condizioni per un loro accoglimento; le vicende di queste settimane prospettano un intreccio tra crisi finanziaria globale latente e sempre sul punto d esplodere e nuove forme di competizione e conflitto globale che garantiscono da uno a più decenni di instabilità. Come già nella prima metà del secolo ventesimo, nel frattempo la popolazione mondiale ha superato gli otto miliardi e la crisi climatica imperversa ed accelera.

In nota i sommari dei capitoli del rapporto di sintesi sul cambiamento climatico 2023 dell’IPCC4

Roberto Rosso

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