Dalle corti d’appello riflettori accesi su economia mafiosa e crimini dei minori

Durante le inaugurazioni degli anni giudiziari, i vertici degli uffici hanno sottolineato quelli che dal loro osservatorio sono i rischi maggiori sui diversi territori: al Nord, maggiore attenzione sulla presenza di capitali illeciti nell’economia legale, a Sud sui minori coinvolti in attività criminali

Redazione lavialibera 27 gennaio 2025

Un’attenzione generale agli affari illeciti della criminalità organizzata, soprattutto quella mafiosa, capace di danneggiare l’economia legale. E un occhio di riguardo ai fenomeni di criminalità minorile, soprattutto quando, in certe, aree, i giovanissimi diventano manodopera al servizio dei clan. Da Nord a Sud, le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario tenute sabato 25 gennaio sono state un momento per fare un punto sullo stato dell’arte delle priorità delle procure in tutta Italia.

Corte d’appello di Milano

“Nel distretto milanese si sta estendendo in maniera preoccupante la presenza delle mafie italiane e tradizionali nonché della grande criminalità dedita al narcotraffico oltre che delle cosiddette mafie straniere”, ha affermato il presidente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei. Dai tribunale di Lecco, Como e Monza arrivano allarmi sugli interessi illeciti delle organizzazioni mafiose, soprattutto la ‘ndrangheta, nel ricco tessuto produttivo di queste aree, con attività di finanziamento e riscossione di crediti e riciclaggio di denaro sporco grazie a società che sono in realtà “scatole vuote”.

Il presidente Ondei ha anche voluto sottolineare la gravità delle manifestazioni di criminalità minorile, definendo “un fenomeno particolarmente preoccupante (…) la diffusione di gruppi criminali composti da giovanissimi, spesso appena maggiorenni, che si accompagnano a minorenni”, spesso autori di “comportamenti di notevole violenza spesso con l’unico scopo di esprimere odio e sopraffazione verso soggetti più deboli”.

Corte d’appello di Venezia

Il Veneto ha un “tessuto economico particolarmente ricco e attrattivo per le organizzazioni criminali”, ha spiegato Federico Prato, procuratore generale di Venezia, nel suo intervento. E così si registra “una situazione allarmante circa il radicamento di più organizzazioni criminali, alcune anche di tipo mafioso”: “Costante è la presenza del fenomeno della criminalità organizzata di cui all’art. 416 bis codice penale – ha rilevato Prato –. Le indagini svolte e le sentenze emesse restituiscono la mappa territoriale che vede prevalentemente l’aggressione alle Province di Padova, Venezia, Verona e Vicenza”.

La spartizione territoriale “vede dominante la criminalità ‘ndranghetista, in particolare la cosca Grande Aracri a Padova e Vicenza”. C’è poi il fenomeno, diffuso soprattutto tra le province di Padova e Venezia, della criminalità organizzata nigeriana, come rivela un processo “nei confronti di oltre 50 indagati africani dediti all’importazione dall’Olanda di ingenti quantitativi di stupefacente con terminale di vendita a Padova e Venezia, tra cui il cosiddetto ‘quadrilatero della stazione ferroviaria’ di Venezia Mestre”, una delle aree in cui si registra il maggior numero di morti da overdose.

Corte d’appello di Genova

Il procuratore generale Mario Pinelli ha ribadito che in Liguria, come in altre regioni del Nord Italia, “è presente una mafia silente” caratterizzata “dall’apertura e utilizzazione di collaudati canali di riciclaggio” che avviene “tramite attività edilizie e commerciali, cui si aggiunge – sottolinea Pinelli – quale elemento di ulteriore appetibilità per quel che concerne la Liguria, l’allocazione frontaliera e la presenza di porti su cui canalizzare l’arrivo delle partite di droga”.

E proprio sul traffico di stupefacenti “si sono potute verificare, nell’anno passato, forme di riscontrata cooperazione tra la criminalità calabrese e gruppi di diversa etnia, specie albanese”. Ma oltre al settore del narcotraffico “è anche verosimile ritenere che l’aumentato numero di extracomunitari non controllati, senza fissa dimora e senza occupazione, ben possa contribuire ad alimentare gli appetiti della criminalità organizzata, sempre pronta ad approfittare di situazioni in cui lo Stato stenta a garantire la necessaria assistenza e un impiego lecito, per consentire di sopravvivere, a chi si trova in condizioni disperate e senza alcun punto di riferimento o ha avuto la sventura di perdere il proprio posto di lavoro”.

Corte d’appello di Bologna

In Emilia-Romagna si assiste “a un progressivo inserimento delle attività mafiose nell’economia legale (specie nel settore edile e commerciale) e, parallelamente, lo strutturarsi di un’area grigia in cui orbitano professionisti e imprenditori, con i quali i gruppi criminali stringono relazioni a doppio filo al fine di sfruttare appieno le diversificate opportunità e risorse del territorio (appalti, concessioni, acquisizioni di immobili o di aziende)”, si legge nella relazione della procura generale di Bologna, firmata dal procuratore generale Paolo Fortuna e dall’avvocato generale Ciro Cascone.

I magistrati hanno parlato del ruolo di ‘testa di ponte‘ “ricoperto dai numerosi soggetti di origine meridionale immigrati da tempo nella regione, i quali, mantenendo ben saldi i legami con le terre di origine, si sono progressivamente trasformati in veri e propri punti di riferimento criminali”. Il settore economico risultato maggiormente vulnerabile è quello d’edilizia, come emerge dai provvedimenti delle prefetture sulle ‘white list‘. “Anche il ricorso alla normativa Commissariale emergenziale per la ricostruzione post Sisma e, più recentemente, post Alluvione ha attirato non pochi appetiti criminali”.

Corte d’appello di Firenze

In Toscana, una regione “che non presenta caratteristiche della criminalità diverse da quelle che si registrano nelle altre regioni del centro-nord del Paese”, da tempo “sono stati inseriti nel circuito economico legale capitali mafiosi che non è possibile aggredire utilizzando solo gli strumenti legislativi che sono propri del sistema antimafia”, ha affermato il procuratore generale di Firenze, Ettore Squillace Greco. I reati in materia di droga, i reati economici e tributari e i reati ambientali continuano a essere, ha sottolineato Squillace Greco, “quelli che, nel quadro complessivo delle manifestazioni di criminalità in ambito regionale, risultano essere maggiormente meritevoli di attenzione”.

Il procuratore generale ha osservato che per quanto riguarda il traffico di droga, sia importante monitorare il porto di Livorno che “richiede un costante sforzo organizzativo e investigativo, nonché un convinto impegno di coordinamento a livello nazionale e internazionale”, e che “mafia albanese, ‘ndrangheta e altre organizzazioni criminali utilizzano per il traffico di stupefacenti lo scalo labronico come alternativa privilegiata ai porti di Gioia Tauro e Genova”, e “parte dei profitti del traffico di droga viene poi investita in attività economiche lecite”.

Corte d’appello di Roma

Roma “sta progressivamente diventando il coacervo di tutte le mafie e di tutte le forme di criminalità e, nonostante ciò, la percezione di tale emergenza stenta ad andare di pari passo con la velocità con cui si radicano e diffondono le organizzazioni e le pratiche criminali”. È la constatazione del presidente della Corte d’appello di Roma, Giuseppe Meliadò. La “massiccia presenza” di associazioni mafiose non riguarda soltanto il capoluogo, ma anche i “territori di VelletriLatinaCassino Frosinone, che rende gli uffici romani comparabili a quelli delle ‘capitali storiche’ della associazioni criminali del Paese”.

Concetti, questi, che la scorsa estate già erano stati tracciati da Francesco Lo Voi, procuratore capo di Roma: “A Roma e dintorni la mafia c’è. La criminalità organizzata si espande in tutti i settori che consentono opportunità di reinvestimento attraverso riciclaggio e autoriciclaggio nelle forme più diverse: edilizia, ristorazione, ricezione alberghiera, attività di servizi, logistica. Nella pubblica amministrazione, molto spesso l’infiltrazione presenta poi aspetti di vera e propria occupazione”. Con l’aggiunta: “Eravamo contenti quando il Csm ci ha fatto omaggio di nove posti di sostituti che non sono ancora arrivati ma altri se ne stanno andando. La Dda dovrebbe avere 24 sostituti ma non riusciamo ad averne più di 13, per un distretto che – come confermano le cronache – è impegnato a fronteggiare situazione complessa”.

Corte d’appello di Napoli

Ogni mille arresti nel distretto della Corte d’appello di Napoli, 152 riguardano questioni di criminalità organizzata. È il dato sottolineato dal procuratore generale di Napoli Aldo Policastro. Dalle statistiche emerge un calo generale dei delitti tra le province di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta. A preoccupare di più Policastro è “la realtà della criminalità minorile nel distretto di Napoli” dove “sempre più minori sono coinvolti nelle associazioni camorristiche”: “Le associazioni camorristiche attraggono un folto numero di giovani di età sempre più bassa. Si tratta di manovalanza reclutata grazie alla povertà che l’affligge, con il miraggio di facili guadagni e per l’acquisizione di una posizione di rispetto da parte degli altri”. In questo contesto “si inserisce il tragico conflitto a fuoco tra numerosi minorenni appartenenti a differenti quartieri che avrebbe portato alla morte del 15enne Emanuele Tufano: non una tragica fatalità, non un incidente isolato, ma uno scontro tra gruppi rivali e sintomo di un disagio e di un problema più vasto”. Un evento tragico che, per il pg di Napoli, deve “interrogare le coscienze di tutti si quanto siamo riusciti a fare e quanto ancora ci tocca fare”. Policastro si dice quindi preoccupato per il numero “esorbitante” di armi proprie e improprie portate da minorenni: “Quest’anno si sono registrati 409 procedimenti penali per armi e 1.086 per lesioni, per la maggior parte gravi e gravissime, molte di esse commesse con sfrontatezza e sotto gli occhi di tutti, spesso nel contesto di quella che viene denominata la mala movida”.

Viene definito “allarmante” il fenomeno delle “stese”, in aumento rispetto al 2023 (19 nel primo semestre del 2023, 24 nello stesso periodo nel 2024), secondo la presidente della corte d’appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli. Nella sua relazione ha segnalato anche che le dinamiche criminali, in città e in provincia, “sono fortemente condizionate dalla preponderante presenza del radicamento storico del fenomeno associativo di natura camorristica, che tende a governare lo svolgimento di tutti i traffici illeciti, gestendoli direttamente o più spesso delegandone lo svolgimento attraverso l’imposizione di una quota per i clan di riferimento sul territorio”. Tra le principali attività illecite della camorra, restano il traffico di stupefacenti e l’usura. In particolare nel centro del capoluogo partenopeo, da quanto emerge dalla relazione della presidente Covelli, insistono prevalentemente molteplici gruppi che “contendono il governo assoluto sui traffici illeciti nei quartieri di riferimento, in un fluido e continuo alternarsi e capovolgersi di alleanze, in cui diventa ancora più stringente il fenomeno della morsa delle estorsioni”.

Corte d’appello di Salerno

“Il territorio del circondario (di Salerno, ndr) è sempre più contraddistinto da un proliferarsi di gruppi associati o meno dediti in modo assiduo alla cessione di sostanze stupefacenti, che il più delle volte coinvolgono anche soggetti di minore età”, ha scritto nella sua relazione la procuratrice generale di Salerno, Rosa Volpe. Riflettori puntati sul porto: “Sempre di primaria attenzione investigativa sono i traffici illeciti di natura transnazionale che si consumano attraverso il porto di Salerno, e che riguardano prevalentemente le importazioni di sostanza stupefacente dal Sud America attraverso carichi di copertura. “Altro fenomeno criminale che connota il territorio, e sul quale vi e’ stato un investimento di notevoli risorse – ha detto ancora Volpe – è quello relativo, nelle forme più variegate, alla illecita regolarizzazione di cittadini extracomunitari transitati sul territorio nazionale”.

Corte d’appello di Bari

Sul distretto di Bari, che include anche la provincia di Foggia, è ancora forte la pressione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, ma anche da altre associazioni dedite a reati predatori di grande allarme sociale, quali gli assalti ai portavalori e il fenomeno dei furti di autovetture, e al conseguente riciclaggio. È emerso dalla relazione annuale del presidente della Corte d’appello di Bari, Franco Cassano.

Qui lo Stato ha ottenuto dei segnali positivi, come la comparsa di nuovi collaboratori di giustizia; l’aumento delle denunce da parte delle vittime di reati e la soluzione dei più importanti omicidi di mafia nel territorio foggiano con pesanti condanne dei responsabili, anche alla pena dell’ergastolo.

Grazie “all’enorme profitto realizzato con il traffico anche internazionale di droga” i clan mafiosi baresi si sono infiltrati “nei circuiti economico-imprenditoriali, soprattutto nel settore agro-alimentare e turistico, nel gaming e del traffico di petroli”, e grazie a fiancheggiatori professionali che hanno costituito una zona grigia, è aumentata la penetrazione delle mafie pugliesi nell’economia. In particolare, preoccupa la situazione nel Foggiano. In Salento, invece, le mafie cercano di rialzare la testa e di infiltrarsi nei gangli delle amministrazioni pubbliche, in particolare delle amministrazioni locali.

Corte d’appello di Lecce

“In alcuni procedimenti sono emersi contesti criminali riconducibili ad associazioni di stampo mafioso ancora radicate nel territorio nonostante i duri colpi inferti dalla magistratura alla storica organizzazione della Sacra Corona Unita”, si legge nella relazione della Corte d’appello di Lecce. Secondo il procuratore generale Giovanni Gagliotta, “il crimine organizzato, sia pur fortemente ridimensionato nel corso di questi anni dall’azione delle forze dell’ordine e della magistratura continua a cercare di rialzare la testa. L’enorme quantità dei profitti che alcune realtà delinquenziali gestiscono ancora, come il traffico di stupefacenti, reati ambientali e riciclaggio, sono elementi che spingono alla creazione di strutture criminali organizzate, il cui fine è quello di controllare l’intero territorio e di infiltrarsi nei gangli delle amministrazioni pubbliche, in particolare delle amministrazioni locali“.

Corte d’appello di Catanzaro

Anche nell’area di competenza della Corte d’appello di Catanzaro, la criminalità organizzata riesce a coinvolgere “spesso e pesantemente anche la popolazione minorile, data la struttura su base familiare di quella che oggi viene riconosciuta unanimemente come la più temibile e potente organizzazione criminale al mondo, la ‘ndrangheta”, ha affermato nella sua relazione la presidente della Corte d’appello di Catanzaro, Concettina Epifanio.

Corte d’appello di Catania

Nel distretto della Corte d’appello di Catania (che ricopre questa provincia, quelle di Siracusa e Ragusa e una parte di comuni messinesi), le organizzazioni mafiose stanno adottato la strategia dell’inabissamento per non attirare attenzione su di loro e continuare le loro attività, soprattutto il traffico di droga in collaborazione con la ‘ndrangheta. Sempre più spesso mogli e compagne degli affiliate entrano negli organigrammi dei gruppi criminali. Lo ha rilevato il presidente della Corte d’appello di Catania, Filippo Pennisi. Resta presente la tendenza a infiltrarsi negli “appalti di lavori pubblici e relativi subappalti, filiera dei prodotti petroliferi, lavorazione dei prodotti agricoli e grande distribuzione e, in generale, ogni tipo di attività che possa consentire il reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’opera compiacente di professionisti e imprenditori apparentemente estranei a logiche criminali” e inoltre “permane l’elevato interesse della criminalità organizzata per le risorse stanziate per il rilancio del Paese, come pure per le specifiche garanzie pubbliche accordate in favore degli istituti di credito per i finanziamenti concessi alle imprese e da destinarsi ad investimenti o costi per il personale”.

Attenzione particolare ai minori: “Gli altissimi tassi di devianza minorile – ha aggiunto Pennisi – vanno letti anche in correlazione agli allarmanti dati dell’abbandono scolastico”. Su questo aspetto il magistrato ha aggiunto che “il mirato impegno volto al contrasto della dispersione scolastica ha consentito così al Tribunale per i minorenni di operare numerosi interventi in tema di responsabilità genitoriale, con misure graduate in funzione della gravità della situazione; più specificamente, nel periodo in esame sono pervenute alla procura della Repubblica per i minorenni 889 segnalazioni, che hanno comportato la presentazione di 211 ricorsi al corrispondente tribunale, definiti quasi sempre con la ripresa della frequenza scolastica da parte dei minori coinvolti”.

Corte d’appello di Palermo

“Le investigazioni e i conseguenti processi degli ultimi anni sono stati in grado di evidenziare come Cosa nostra sia restata perfettamente attiva, con sempre nuovi referenti per le proprie esigenze di controllo del territorio e, soprattutto, ha continuato a conservare le proprie vecchie regole mafiose ricostituendo in modo lesto e spregiudicato gli organi di vertice ogni volta che i precedenti sono stati arrestati e processati”, ha affermato il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca. La presenza criminale della mafia è “ancora oggi particolarmente attiva ed economicamente florida” e “conserva capacità di infiltrazione in settori economici e sociali con lampante connessione ai pubblici appalti, alla ecomafia, alla illecita gestione dei fondi comunitari, al controllo della grande distribuzione e a tutti quei meccanismi che consentono alla mafia di ottenere posizioni di favore nel mercato economico e finanziario, inquinando e impoverendo il resistente e parallelo mercato lecito”.

Crescono gli affari della mafia in tanti ambiti, grazie soprattutto ai rapporti con la politica. Il settore dei subappalti ne sarebbe la riprova: “Continua a suscitare l’interesse dell’organizzazione sfruttando la inquietante riservata interlocuzione, al di là della rilevanza penale, fra esponenti mafiosi ed amministratori locali”, si legge ancora nella relazione di Frasca. “È prevedibile, con le allettanti risorse del Pnrr, un’ulteriore espansione di tutte le attività di Cosa nostra indirizzate al fine di lucro, con tentativi di aggiudicarsi ricchezza ingente, attraverso il riciclaggio e l’acquisizione di aziende”. Nella zona di Trapani, “storica roccaforte di Cosa nostra”, la mafia è “in grado di avvalersi di complicità e connivenze radicatesi presso ampi settori della Pubblica amministrazione e ambienti deviati della massoneria“.

“Per l’ala militare di Cosa nostra non è un momento facile, anziani capi detenuti hanno l’ansia di riprendere un ruolo attivo sul territorio e giovani rampanti cercano proiezioni future, contrastati dalla Dda che impedisce la ricostruzione di quella ‘cupola palermitana‘ indispensabile alla mafia per essere sempre più potente. Ma dobbiamo intenderci: Cosa nostra non è sconfitta”, è il monito della procuratrice generale di Palermo, Lia Sava che ha notato come sia rimasta “vigorosa una ‘mentalità mafiosa’”, con una “voglia di mafia e di ‘mafiare’ che è ben lungi da scomparire”.

“Gli appetiti dell’organizzazione riguardano principalmente la gestione dei fondi del Pnrr ai quali attingono grazie a pubblici funzionari compiacenti. Il settore dei subappalti stimola gli appetiti dell’organizzazione che sfrutta la inquietante riservata interlocuzione, al di là della rilevanza penale, fra esponenti mafiosi ed amministratori locali”.

“Crescono i reati di criminalità comune commessi da minori. Giovanissimi si sono resi responsabili di reati contro la persona e le piazze di smercio del crack sono in continua proliferazione”. Così il Procuratore generale di Palermo Lia Sava all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Nell’arco temporale oggetto di analisi, massimo è stato l’impegno della Procura della Repubblica per i Minori per la salvaguardia di infradiciottenni da contesti familiari violenti, che facilitano l’accettazione dell’offerta deviante del crimine organizzato. In cosa nostra i figli dei boss sono sempre di più candidati a prendere le redini del comando ed abbiamo casi di spacciatori di coca e crack già a 10 anni- dice – E’ stata, addirittura, sequestrata droga dentro la panca dei giochi di un bambino. Abbiamo documentato situazioni di minori che assistono all’attività di spaccio dei loro familiari, creature immolate al malaffare”.

Corte d’appello di Caltanissetta

“Abbiamo due priorità assolute: fare tutto il possibile in materia di stragi del 1992 e assicurare la sicurezza su dei territori dove ancora abbiamo una subcultura corleonese – ha affermato il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca –. Alcuni mesi fa eravamo impegnati in un’operazione che [CONTINUA A LEGGERE SU LA VIA LIBERA]

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