Scorticabove incontra l’assessora Baldassarre: soluzione irricevibile

Il 12 luglio una delegazione formata da alcuni rifugiati sudanesi di via Scorticabove e alcuni rappresentanti della rete di solidarietà che sta dando supporto agli uomini sgomberati dalla loro casa la scorsa settimana, è stata ricevuta dall’assessora alle politiche sociali del Comune di Roma Laura Baldassare.

 

Come già la sera dello sgombero, l’assessora ha replicato la sua offerta di mettere a disposizione 40 posti nel circuito dell’accoglienza dedicata alle fragilità cittadine in quattro centri diversi, per un tempo dai 3 ai 6 mesi. Si è detta disponibile ad aprire un tavolo di confronto permanente per valutare insieme delle soluzioni di medio periodo, che potrebbero riguardare i beni confiscati alla criminalità organizzata, per il cui utilizzo è stato recentemente adottato un regolamento.

I rifugiati lì presenti hanno espresso perplessità rispetto a una proposta, quella dei centri di accoglienza, che innanzitutto non sarebbe sufficiente a ospitare tutte le novanta persone rimaste per strada e i cui tempi prospettati difficilmente sarebbero sufficienti a intraprendere e completare un percorso stabile e definitivo. Dopo aver comunque accettato di andare a visitare questi centri, i rifugiati hanno definito come “irricevibile” la proposta di una soluzione alloggiava temporanea che di fatto li farebbe regredire di quindici anni rispetto all’autonomia e alla capacità di autorganizzarsi acquisita.

E’ fondamentale ricordare come queste persone, che vivono in Italia da anni, sono tutte rifugiate del genocidio del Darfur e hanno dovuto attraversare anche in Italia enormi difficoltà, non da ultimo quella di essere finiti in un centro gestito da una cooperativa implicata in Mafia Capitale. Da questa ulteriore esperienza di abbandono istituzionale però, questi uomini hanno saputo reagire vivendo nello stabile di Scorticabove autogestendosi, in un modello grazie al quale chi lavora mette una parte del proprio reddito a disposizione di chi non ha possibilità, in cui si fanno turni di pulizia e la raccolta differenziata, dove chi non ha reddito si occupa di preparare da mangiare per tutti ed, elemento per noi estremamente importante e qualificante di questa esperienza, si è creato un luogo in cui continuare a parlare di Darfur e del dittatore al-Bashir che ancora opprime il popolo sudanese, creando una vera e propria rete impegnata sia in un lavoro culturale, sia in un concreto sostegno a tutti i sudanesi che nella città di Roma hanno avuto bisogno di orientamento ai servizi, mediazione, ospitalità. Da anni la comunità chiede alle istituzioni la possibilità di contribuire al pagamento dell’affitto di un luogo in cui poter abitare insieme e in cui poter continuare a far vivere questa esperienza, ed è per questo che il lungo silenzio da parte degli organismi competenti ci sembra così grave.

In questo momento i rifugiati di Scorticabove sono accampati sotto dei gazebo davanti a quella che era la loro casa, con tutta la loro vita lì, buttata in mezzo a una strada. La proprietà ha dato oggi come ultimatum per l’utilizzo dei bagni e l’accesso alla struttura per il recupero degli oggetti personali, ultimatum che se confermato aggraverebbe ancora di più la situazione di persone che di fatto si sono trovate catapultate nell’emergenza senza che gli sia stato offerto nulla di concreto. Per questo auspichiamo che almeno fino al 23 luglio, data del secondo appuntamento del tavolo cui vorremmo fosse invitata anche la Regione nelle deleghe al sociale e al patrimonio, ai rifugiati venga permesso di rimanere su via Scorticabove e gli sia consentito l’utilizzo dei bagni. Ma, soprattutto, chiediamo all’amministrazione di utilizzare buon senso, buona politica e buon governo, dando la dimostrazione di essere in grado di comprendere, distinguere e valorizzare un’esperienza di inclusione e integrazione come difficilmente se ne vedono in città, valutando tutte le soluzioni possibili che permettano ai rifugiati di vivere insieme, come da loro richiesta.

Quello dei rifugiati di via Scorticabove potrebbe essere davvero un modello cui tutti noi dovremmo guardare per progettare finalmente politiche concrete che non si limitino a governare emergenze – peraltro continuamente prodotte da quelle stesse politiche – e a evocare soluzioni assistenziali, ma che invece abbiano il coraggio di superare burocrazia e tecnicismi procedurali costruendo percorsi duraturi di valorizzazione di comunità meticce e solidali.

 

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