Il decreto legge 4 ottobre 2018, n.113, ribattezzato “decreto sicurezza”, contiene provvedimenti in materie molto diverse tra loro. Le novità in materia di diritto d’asilo e di protezione umanitaria, la riforma dei trattenimenti e del sistema di accoglienza, le restrizioni sulla cittadinanza, le misure antiterrorismo e di prevenzione, la gestione dei beni confiscati sono stati inseriti in un solo contenitore da un governo che afferma la legittimità di questo strumento molto aggressivo come mezzo necessario del “cambiamento”.
È chiaro che in questo modo non solo si lede solo il principio di eguaglianza, ma si alimenta ancora di più una latente guerra tra poveri. La garanzia dei diritti per tutti conquistati con le lotte di milioni di persone negli anni scompare, mentre si prova a disinnescare ogni ipotesi di conflitto attraverso provvedimenti che colpiscono pratiche di azione diretta quali il blocco stradale, il picchetto e l’occupazione di uffici pubblici.
Il sospetto che si abbatte sui poveri, e sui migranti in particolare, non si articola solo sulla linea del colore della pelle ma produce un trattamento differenziale anche all’interno del disagio sociale, promettendo briciole di cittadinanza da una parte e implementando norme di controllo dall’altra. Un concetto di sicurezza sociale basato sulla restrizione delle libertà piuttosto che sull’allargamento dell’accesso ai diritti primari come la casa e un reddito dignitoso, la salute e l’istruzione.
Le occupazioni abitative sono luoghi paradigmatici da questo punto di vista, sia per la loro composizione meticcia, sia per le istanze che rappresentano attraverso forme di lotta sanzionate nel tempo in maniera sempre più aggressiva: l’articolo 5 nel 2014, le misure di sorveglianza speciale nei confronti degli attivisti, il decreto Minniti con il suo articolo 11 nel 2017, la circolare Salvini del 1 settembre e ora il decreto sicurezza in via di conversione in legge. Se a questo aggiungiamo le sentenze di tribunale che condannano il ministero dell’interno al risarcimento delle proprietà private per il mancato sgombero degli edifici occupati, compreso quello di viale del Caravaggio, risulta chiaro il livello di attacco contro un movimento che attraverso le pratiche di riappropriazione ha inteso affermare un diritto negato quale la casa, e in maniera indiretta anche quello al reddito.
L’idea del governo che sia necessaria una sorta di regolamento dei conti viene fuori anche dalla narrazione che si è fatta intorno allo stupro e all’omicidio di Desirée a San Lorenzo, sciacallando sulla terribile violenza subita da una ragazza di 16 anni. Accomunando in maniera squallida e strumentale un luogo degradato e abbandonato ai palazzi occupati, il ministro Salvini e molte testate giornalistiche e radio-televisive hanno di fatto voluto indicare il prossimo obiettivo da colpire.
Giovedì 8 novembre ci incontreremo nell’occupazione di via del Caravaggio per discutere insieme del decreto sicurezza e dell’attacco al diritto all’abitare. Sono invitati a partecipare: Italo Di Sabato (Osservatorio Repressione), gli avvocati Francesco Romeo, Simonetta Crisci e Rosario Cunsolo, il presidente del Municipio 8 Amedeo Ciaccheri.
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Movimento per il diritto all’abitare