Il 15 gennaio scorso, Madalina, attivista rumena del Movimento per il Diritto all’Abitare, ha ricevuto un provvedimento di allontanamento dal suolo italiano entro 30 giorni, e per la durata di 5 anni, firmato dal Prefetto di Roma. La motivazione sarebbe la sua mancata integrazione sociale, a propria volta comprovata da notizie di reato relative al suo impegno nel movimento. Attorno a Madalina si è creato un vero e proprio cordone di solidarietà che sta smentendo le tesi del provvedimento, mobilitando i mondi e le realtà più disparate, in Italia ma non solo. Vari comunicati (di cui uno degli attivisti rom per l’abitare di Bucarest), una petizione di solidarietà sottoscritta da centinaia di accademici e giornalisti, condivisioni social, interviste e inviti nelle piazza hanno unanimemente smontato la tesi per cui Madalina non sarebbe integrata. Anzi, hanno ribadito come il suo attivismo, nelle sue varie articolazioni, dalla mobilitazione in piazza alla creazione di spazi culturali autogestiti per adulti e bambini, rappresenti la prova del fatto che Madalina sia protagonista appieno nella realtà in cui vive. Di più, hanno affermato l’idea che la partecipazione politica sia una prova di quanto la sua presenza sia stata e sia tuttora preziosa per questa città e la società meticcia che contribuisce quotidianamente a costruire. Tutte queste realtà, e singolarità, hanno chiesto a gran voce al Prefetto di Roma di ritirare questo vergognoso provvedimento ai danni di Madalina. Tuttavia, ad oggi, questo provvedimento rimane in piedi; e, stando a quanto dettato, il 15 febbraio Madalina dovrebbe andarsene dall’Italia volontariamente per evitare la reclusione prima, e il rimpatrio forzoso in Romania poi.
L’assemblea di oggi, venerdì 1 febbraio, dentro l’occupazione abitativa di Casalboccone dove Madalina abita, in quel teatro che lei ha contribuito a rendere uno spazio vitale e fruibile per gli occupanti e la città, rappresenta uno degli spazi in cui il concetto “indivisibili” vuole trovare una materialità. Siamo infatti consapevoli che quanto sta accadendo a Madalina sia il punto di precipitazione di un processo che vediamo muoversi ormai da anni. La repressione della libertà di dissenso e movimento a colpi di provvedimenti amministrativi sono una realtà che gli attivisti e le attiviste di questa città e nel resto del paese conoscono ormai da anni, essendo stati colpiti ripetutamente e a vario titolo da multe, avvisi orali, sorveglianze speciali, Daspo urbani, fogli di via, obblighi di dimora e sanzioni pecuniarie. A questo si aggiunge l’ulteriore criminalizzazione ai danni di chi, migrante, osa alzare la testa per reclamare diritti per sé e gli altri.
In questo periodo di populismo penale a targhe alterne, di razzismo istituzionale, di persone tenute come ostaggio sulle navi come merce di scambio, la misura comminata a Madalina incarna i paradossi che questo dibattito pubblico sta producendo. Se sei migrante, non devi essere accolto sulle spalle degli altri, ma non puoi nemmeno lottare per emanciparti dalla precarietà che impedisce di avere un salario dignitoso, un tetto sopra la testa, una vita decente ed autonoma. Se sei migrante e donna, va bene se ti sottoponi alla retorica della ‘vittima’ da salvare o se in silenzio accetti di fare lavori di cura, facchinaggio e pulizie; ma guai a rivendicare i tuoi diritti. Se sei donna e migrante, il tuo ruolo nella società deve essere l’invisibilità e l’obbedienza. Ma noi non siamo disposti ad accettare tutto questo. Lo dobbiamo alla dignità e al coraggio con cui Madalina ha portato avanti il proprio percorso di lotta dopo aver ricevuto questo provvedimento, senza paura e a testa alta. Lo dobbiamo a tutti gli attivisti, i solidali, gli uomini e le donne che in Madalina si riconoscono e che per lei, insieme a lei, vogliono continuare a lottare.
Per questo, chiediamo a tutte le realtà sociali, politiche e sindacali in Italia di sostenere questo percorso e di assumere la data del 15 febbraio come giornata di mobilitazione diffusa da costruire collettivamente, per affermare il diritto di Madalina a non essere deportata. Diciamo insieme “giù le mani da Madalina” perché chi tocca una tocca tutte.