6 febbraio 2019
Nel corso dell’audizione al Senato sul cosiddetto decretone reddito-pensioni, il provvedimento che include il Reddito di Cittadinanza, Tito Boeri, presidente dell’Inps, ha ricordato come la platea dei possibili beneficiari del reddito di cittadinanza potrebbe essere molto inferiore alle stime iniziali del governo. Luigi Di Maio aveva parlato di 5 milioni quando, in realtà, la misura coinvolgerebbe soltanto una platea di 1,2 milioni di nuclei e 2,4 milioni di persone. Il 50% dei nuclei sarebbero senza redditi e comunque senza redditi da lavoro “tra i quali si celano anche gli evasori e i sommersi totali”, sottolinea Boeri.
I calcoli sono semplici: nove milioni di persone che versano in uno stato di povertà relativa, un terzo della popolazione a rischio di esclusione sociale, e milioni di persone in uno stato di povertà assoluta saranno tenuti fuori dalla misura di reddito così come pensata.
Molto lontano dalle promesse iniziali, il Reddito di Cittadinanza non rispecchia nemmeno quanto stabilito dalle risoluzioni europee a partire dal 1992 e dai Pilastri Sociali Europei. Mentre il governo gialloverde annuncia il portale del sussidio alla povertà (uno sfondo blu e un sottotitolo “Una rivoluzione per il mondo del lavoro”), continuano ad essere molte le perplessità oggettive. Non solo secondo Boeri, che elenca, tra gli altri effetti negativi, anche il rischio che la misura si trasformi in un disincentivo al lavoro, ma anche secondo il CENSIS che, in una indagine sul welfare aziendale elaborata con Eudaimon, nota come negli ultimi dieci anni (2007-2017) il numero di occupati nel Paese è diminuito dello 0,3% e, chi lavora, lavora sempre di più. Un paradosso italiano che conferma come il cosiddetto Reddito di Cittadinanza non solo non abolirà la povertà ma non garantirà nemmeno delle politiche occupazionali con una visione politica di ampio respiro.
Rete dei Numeri Pari