La cannabis legale venduta negli smart shops contiene lo 0,2 di principio attivo. Produce un effetto placebo, utile per coloro che vogliono smettere o ridurre il consumo, e assolutamente innocuo per coloro che pensano di “darsi un tono”, ma che in questo modo non entrano in contatto con i pusher e il mercato illegale. Chiuderli è un controsenso, che ignora ogni evidenza scientifica e tiene invece in conto i sondaggi elettorali che premiano chi propone soluzioni semplici che individuano facili capri espiatori, spacciando l’illusione di risolvere il problema-droga. È invece un grande piano per l’occupazione giovanile che avrebbe l’effetto di ridurre di gran lunga il volume dei consumi di sostanze psicoattive: ma costa, e costituirebbe un programma ed un impegno serio, rivolto al benessere dei giovani, che restituirebbe loro prospettive di futuro, offrendo opportunità di coinvolgimento e rafforzando identità che avrebbero meno bisogno di evasioni e compensazioni.
Ma non si ascolta nessuno: da dieci anni l’obbligo per legge di convocare la Conferenza Nazionale sulle tossicodipendenze non viene rispettato dal Governo. Da dieci anni non viene nominato un comitato e una consulta scientifica. Nel frattempo i servizi sono stati depotenziati: i Ser.t con sempre meno operatori a disposizione; alcune comunità terapeutiche costrette a chiudere.
I cannabis shop non sono la causa delle dipendenze giovanili, nè la loro chiusura la soluzione.
(leopoldo grosso, presidente onorario Gruppo Abele)