Abbiamo atteso due giorni prima di prendere parola. Era necessario. Il fiume di inchiostro e le pagine web che hanno raccontato lo sgombero di Cardinal Capranica ora cominciano a dissiparsi e quindi diventa utile mettere in chiaro alcune questioni. Prima tra tutte la questione dei numeri. Ancora nessuno ha quantificato lo sforzo bellico messo in campo dalla Prefettura, dalla Questura, da Roma Capitale e dalla Sala Operativa Sociale. Nemmeno una comunicazione ufficiale. Eppure il dispositivo muscolare esibito è stato davvero notevole.
Centinaia di uomini e donne in divisa e in borghese, più di 50 tra mezzi blindati e defender, automezzi dei vigili del fuoco, tre idranti, autobus messi a disposizione da Atac, vetture e camper dei servizi sociali, autoambulanze e mezzi cinofili, elicotteri e veri e propri check-point che hanno trasformato il quartiere di Primavalle in una zona rossa. Un esercito in piena regola per 78 nuclei familiari da sgomberare. Un vero e proprio assetto da guerra. Ai poveri.
In realtà questi 78 nuclei erano già diminuiti durante la notte tra domenica e lunedì. Quando la forza pubblica ha iniziato a circondare l’edificio e chiudere le strade adiacenti, intorno alle 22.30, alcuni nuclei hanno deciso di lasciare lo stabile occupato mentre la maggior parte degli abitanti ha iniziato a barricarsi per difendere legittimamente la propria casa.
Quindi arriviamo ai numeri della cosiddetta accoglienza fornita dopo lo sgombero e dopo una trattativa condizionata dall’urgenza e dal ricatto dell’imponente massa in divisa che premeva per entrare nello spazio occupato, ricordiamo di proprietà pubblica, precisamente del Comune di Roma.
Dopo aver blaterato fino alla noia del modello “Carlo Felice” e di sgomberi ‘soft’ come strada replicabile per la ricollocazione ‘concordata’ delle famiglie sotto sgombero, a via di Cardinal Capranica l’Assessore Baldassarre ha tentato di risolvere tutto in mezzora dopo settimane di mancate azioni, dopo essersi resa irreperibile tutta la notte dalle chiamate di chi la cercava per chiederle conto dell’operazione messa in campo e della disperazione degli abitanti sulle barricate. E’ davvero così sorprendente che non sia voluto trovare una soluzione pacifica? Avevano tutti fretta, la Questura e la Prefettura in primis, alla ricerca di uno scalpo da esibire per il ministro Salvini, la cui urgenza di mostrare i muscoli e mettere in difficoltà i Cinque Stelle si è evidentemente mescolata con la necessità di ‘distrarre’ l’opinione pubblica dai loschi traffici della Lega.
Benché questo gioco fosse totalmente evidente, la Raggi e la sua giunta si sono adattati e hanno abdicato a svolgere una funzione politica degna di questo nome sotto gli occhi frustrati di consiglieri regionali, comunali e municipali, tenuti a debita distanza dall’autoproclamata ‘zona rossa’, e pertanto chiaramente delegittimati nella loro funzione di mediazione politica.
Con una stretta di mano poco prima delle ore 12 di lunedì, l’assessora Baldassarre e i dirigenti della Questura si sono complimentati tra loro per il lavoro svolto. Davvero bravi. E le persone sgomberate? La sala operativa sociale con parole gonfie di orgoglio parla di 145 persone accolte in diversi centri per l’emergenza e a queste affermazioni si accodano sorridenti la Baldassarre e l’ineffabile Virginia Raggi, silenzio imbarazzante dal vice-sindaco Bergamo nonostante l’attenzione dimostrata “illo tempore” verso gli edifici occupati per necessità.
Ma questi numeri corrispondono alla realtà? E quali sono le strutture che hanno accolto gli sgomberati, che caratteristiche hanno? A noi risulta che siano 4 le strutture utilizzate, tra centri di accoglienza, dormitori e case famiglia, ubicate a viale della Primavera (Centocelle), via Paolo Savi (Torre Maura), a Casalotti e a Tor Vergata. Dentro queste strutture dopo diversi rifiuti permangono 18 nuclei per un totale di 41 persone, mentre sono in strada e stanno trovando accoglienza nelle occupazioni abitative del Municipio XIV 29 nuclei per un totale di 67 persone. Inoltre si sta cercando di capire i restanti 31 nuclei dispersi dove sono finiti, per ricomporre una comunità dispersa dalla brutalità dello sgombero e dall’indisponibilità dell’amministrazione comunale a trovare soluzioni dignitose per tutti i nuclei familiari coinvolti.
Che dire invece delle strutture e dei rifiuti? Materassi infestati da parassiti e blatte, porte sfondate, impossibilità di scaldare autonomamente con un fornello il latte per i bambini piccoli in assenza di una cucina, posti letto in dormitori con stanze da sei posti con letti a castello, divisione dei nuclei familiari, separazione dai propri animali. Se a questo aggiungiamo la distanza dai luoghi dove si è vissuto per più di dieci anni e dalle scuole regolarmente frequentate dai bambini e dalle bambine, ci rendiamo conto del disastro che si è realizzato e di quanto siano state false le promesse avanzate dalla Baldassarre per convincere, peraltro senza riuscirci, i nuclei occupanti ad uscire con le buone.
Ora si parla di un tavolo permanente per le soluzioni, un tavolo che coinvolga gli assessorati alla casa e all’urbanistica, oltre quello al sociale. Staremo a vedere la serietà con la quale si porterà avanti questo impegno, approntato colpevolmente e decisamente in ritardo.
Mentre avviene tutto questo e si spengono i clamori sullo sgombero, si prepara un nuovo tavolo provinciale per l’ordine e la sicurezza, che sembra voler mettere nel mirino l’ottavo municipio e soprattutto lo stabile occupato di viale del Caravaggio, ma con un occhio attento alle vicende del complesso Ipab in via Casal de Merode. Le parole della prefettura ci appaiono scontate e anche le affermazioni sugli infiltrati lasciano il tempo che trovano. L’internità dei movimenti nei percorsi del diritto all’abitare è fuori discussione, e se si vuole usare il termine infiltrati ognuno faccia ciò che preferisce, ma è chiaro che escluderli dalle trattative e far finta che i movimenti non esistano, per poi indicarli come causa dell’uso della forza pubblica e degli arresti, è un gioco destinato a finire male ed è sintomatico di una visione autoritaria rispetto alle dinamiche sociali esistenti in città.
L’idea del muro popolare e il fatto che sia l’intera città ad assumersi l’onere della difesa degli stabili e degli spazi sociali occupati è secondo noi ancora valida, a prescindere dall’aggiramento tattico con l’anticipazione dell’orario di mobilitazione delle forze dell’ordine per impedirlo. Per noi è stata importante la capacità di tenere in piedi un nutrito presidio solidale nella notte e nella mattinata di lunedì, un presidio che ha rispettato i tempi decisionali degli occupanti e che si è mosso nel quartiere anche con rabbia nel momento in cui lo sgombero è iniziato e la resistenza degli abitanti è stata messa in campo. È chiaro che siamo stati misurati e che dobbiamo tenere conto di questo rispetto alle prossime mosse della Prefettura, ma non dobbiamo disperdere il lavoro fatto fin qui. Non è una sommatoria di forze quella che stiamo sperimentando, e non sarà facile muoversi bene se la pressione aumenterà. Dobbiamo per questo utilizzare al meglio intelligenze e forze, comprese quelle impegnate per la mobilitazione permanente contro la conversione in legge del decreto Salvini bis e solidali con le imbarcazioni che nel Mediterraneo salvano migranti in fuga dai lager libici. Dobbiamo considerare le occupazioni abitative e gli spazi sociali come navi che non vogliono far attraccare e di conseguenza immaginare una battaglia comune capace di invertire una tendenza autoritaria funzionale alla criminalizzazione della povertà e della solidarietà, due reati non ancora contemplati nel codice penale ma che già vengono contestati nelle aule di tribunale.
I movimenti per l’abitare, mentre predispongono gli strumenti per attraversare l’estate, chiedono l’apertura di un ampio confronto in tutto il paese verso un’assemblea nazionale da collocare nel mese di settembre a Roma, e si preparano alla mobilitazione permanente per opporsi al Decreto Sicurezza Bis e a questa ignobile guerra ai poveri con ogni mezzo necessario.
Ci vediamo in città!
Movimenti per il diritto all’abitare