Quarto rapporto sull’esclusione abitativa realizzato da Feantsa e dalla Fondation Abbé Pierre. Le stime parlano di 700mila persone senza dimora che dormono in strada o in alloggi di emergenza. In crescita negli ultimi dieci anni.
L’esclusione abitativa colpisce tutta Europa e causa un forte aumento dei prezzi, la grave carenza di alloggi a costi accessibili. Non sono che alcune delle emergenze che stanno colpendo i diversi Paesi dell’Unione che si mostrano con tutta la potenza dei numeri nella quarta panoramica sull’esclusione abitativa in Europa di Feantsa (European Federation of National Organisations Working with the Homeless) e Fondazione Abbé Pierre. Le due organizzazioni mettono anche in evidenza la diminuzione dell’efficacia della lotta dell’Ue contro la povertà.
I dati segnalati nella relazione parlano di un aumento del 150% dei senzatetto in Germania, nel Regno Unito un +71% e in Irlanda si arriva a un +160%.
Guardando alle cifre il rapporto segnala che:
- 23.017.924 famiglie – circa il 10,4% della popolazione totale dell’Ue – spende eccessivamente per il costo della casa, almeno il 40% del reddito familiare
- 8.853.048 famiglie – circa il 4% della popolazione totale – vive in alloggi inadeguati
- 17.263.444 famiglie – circa il 7,8% della popolazione totale dell’Ue – non è in grado di mantenere una temperatura adeguata nelle proprie case
Circa 700 mila persone in Europa dormono in strada o in alloggi di emergenza. Secondo le stime effettuate da Feantsa, questo dato comporterà un aumento di senza tetto del 70% dal 2009.
Si tratta di cifre allarmanti, ma non vanno lette come una fatalità, né sono inevitabili: in Finlandia, per esempio, il numero di senzatetto è passato da più di 20mila negli anni ’80 a 6.615 nel 2017. Nessuno dorme per strada e solo il 6% di loro vive in alloggi di emergenza (84% sono senzatetto temporaneamente ospitati da amici o parenti). Quindi porre fine alla condizione di senzatetto combattendo l’esclusione è possibile, ma serve una volontà politica e una pianificazione strategica. Le due organizzazioni sottolineano, del resto che la “gestione stagionale che risponde alle condizioni meteorologiche” va a minare “la necessità di adottare strategie continue e costanti nella lotta contro i senza tetto”. Del resto, la sistemazione di emergenza è “una soluzione a breve termine, quindi inadatta ai bisogni a lungo termine: dai dormitori sovraffollati alle sistemazioni “umanizzate”, i servizi non tendono ad evolversi per soddisfare le esigenze degli utenti, causando effetti dannosi e prolungando l’esperienza individuale di homelessness”
Ogni inverno, gli stati membri dell’Ue tentano di fornire accoglienza a migliaia di persone senza dimora quando i servizi sono già al limite delle loro capacità. L’Unione Europea deve confrontarsi con la realtà: i servizi di emergenza sovraffollati si trovano di fronte a richieste di alloggio sempre più numerose, non sono attrezzati per affrontare la diversificazione della popolazione homeless e mancano soluzioni abitative durature ed economicamente convenienti.
Raffronto dati tra Italia e media europea – Fonte report Feantsa, Fondation Abbé Pierre
La situazione in Italia. Per quanto riguarda l’Italia, le statistiche ufficiali Istat parlano di oltre 50mila persone che hanno richiesto assistenza base (docce, cibo, un letto). Un aumento del 6% tra il 2011 e il 2014. Secondo l’ultima valutazione dei membri di fio.PSD (consigli comunali, imprese sociali, fondazioni, organizzazioni religiose) nel 2017, il numero di posti letto in alloggi di emergenza è aumentato in Italia negli ultimi anni. “Ciò è dovuto principalmente – si legge nella relazione – all’aumento del numero di senzatetto e alla comparsa di nuovi gruppi che vivono situazioni molto precarie. I membri di fio.PSD hanno dichiarato che stanno accogliendo più immigrati, richiedenti asilo, giovani (18-25 anni), famiglie e lavoratori poveri”. Tra le persone senza dimora che hanno usufruito dei servizi sociali di Caritas nel 2017, il 33% erano giovani tra i 18 ei 34 anni e il 30% erano donne. Secondo un’indagine nazionale pubblicata nel 2015 dall’Istat, la durata media di un soggiorno in alloggi di emergenza è di 2,5 anni. Sulla base della legislazione italiana sulla migrazione, una persona deve avere un permesso di soggiorno per poter accedere a centri di accoglienza pubblici. “L’articolo 40 del Testo Unico Immigrazione – scrivono Feantsa e Abbè Pierre – sancisce che le regioni italiane possono fornire alloggio, negli stessi centri di accoglienza utilizzati da cittadini italiani e comunitari, solo a immigrati con permesso di soggiorno. Oggi, anche se i migranti in situazione irregolare non hanno il diritto di accedere ai centri di accoglienza pubblici, dei regolamenti comunali possono essere adottati dai consigli comunali”. In Italia, la quota di famiglie (povere e non povere) che non sono state in grado di mantenere la casa adeguatamente calda è aumentata del 42% tra il 2007 e il 2017. In Italia, come nel resto dell’Ue, le famiglie monoparentali sono più vulnerabili agli eccessivi costi abitativi e al sovraffollamento rispetto all’insieme delle famiglie. Il 50% degli stranieri si trova di fronte a un sovraffollamento delle abitazioni (rispetto al 22% dei cittadini italiani), con un aumento del 25% dal 2007.
Feantsa e la Fondazione Abbé Pierre sostengono che la fine dell’homelessness e dell’esclusione abitativa deve diventare una priorità dell’agenda politica europea per i prossimi anni, non solo per il bene della dignità umana, ma anche per motivi di credibilità quando si tratta del progetto sociale europeo.