Il piano NextGenerationEU riconosce la necessità di rilanciare il progetto politico europeo, a partire da un bilancio comune e responsabilità condivise. Con ciò, indicando un’inversione a U rispetto alle scelte degli ultimi 12 anni di crisi, segnati da politiche di austerità e riforme strutturali che hanno provocato un aumento delle disuguaglianze senza precedenti, e che la pandemia ha messo ancora più a nudo. Ma il piano italiano messo a punto dal Governo Conte2 prima e dal Governo Draghi poi non coglie l’occasione e rilancia un piano per tornare alla “normalità”.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR è inadeguato alle esigenze e agli obiettivi strategici indicati dal NGEU per affrontare e superare la crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria. Le ingenti risorse messe a disposizione per il nostro paese, circa 224 miliardi di euro, rischiano di essere utilizzate in realtà per scopi opposti agli obiettivi enunciati o di non essere spese.
Costruire un futuro sostenibile, come in teoria propone il NGEU, è possibile solo se usciamo dal modello di crescita economica liberista che ha prodotto la crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria. Concretamente, significa orientare la base produttiva in modo da garantire allo stesso tempo equità sociale e sostenibilità ecologica, investendo su un nuovo modello culturale, puntando su ricerca ed istruzione. Purtroppo, il PNRR insiste su ricette sbagliate, contravvenendo alle necessità di investire su un nuovo modello economico. Continuare a teorizzare come obiettivo prioritario la crescita economica infinita a fronte di un pianeta con risorse finite è stupido, quanto inefficace per i limiti imposti dalla crisi ecologica; così come continuare a sventolare la crescita economica come necessità ineludibile per generare occupazione e benessere è falso scientificamente, e allo stesso tempo ipocrita per chi non ha mai redistribuito ricchezze e lavoro nemmeno dopo decenni di crescita.
All’interno di una crisi strutturale e sistemica del modello di sviluppo, l’unica maniera per redistribuire ricchezza, promuovere inclusione sociale e sostenibilità ecologica, è attraverso grandi investimenti pubblici che ci consentano di rimettere insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute. Il metodo per raggiungere questi obiettivi si fonda sulla partecipazione attiva di cittadini e comunità. Parliamo quindi di una riconversione ecologica delle nostre attività produttive e della filiera energetica che non può essere promossa dal centro e dall’alto, bensì deve avvenire in maniera decentrata, distribuita e partecipativa. Una transizione ecologica che promuova un altro modello economico, sociale, culturale e di relazione, sostenuto da una nuova base produttiva, con l’obiettivo di sconfiggere le disuguaglianze attraverso la creazione di posti di lavoro, inclusione sociale, riforma del welfare, investimenti in istruzione e ricerca e rigenerazione delle nostre città.
Non basta parlare di sviluppo sostenibile, enunciando parole come “transizione”, “green economy” e inclusione se a queste non si accompagnano obiettivi, interventi, fondi, strategie efficaci e azioni coerenti. Il PNRR presenta a oggi problemi sia nel metodo, che nel merito dei progetti presentati. Sul metodo, gravissima l’assenza di qualsiasi partecipazione dei cittadini e delle reti sociali alla realizzazione del piano e dei progetti. Partecipazione prevista dall’art.3 del Codice di Partenariato europeo, ritenuta indispensabile per ottenere risultati effettivi soprattutto per gli interventi nei territori marginali.
A questo si sommano enormi incoerenze tra quanto indicato nel PNRR e quanto previsto nei Bilanci ordinari. In termini generali, sono da apprezzare i tre obiettivi trasversali di intervento: giovani, donne e mezzogiorno in contrasto alle disuguaglianze ma in moltissimi progetti manca la precisa quantificazione di risultati attesi, in termini di crescita stimata, di buona occupazione e di ripartizione territoriale come se bastasse indicare solo gli obiettivi. Ma quello che più emerge è un’assenza di visione capace di costruire un futuro più giusto, equo e sostenibile. Una lacuna che fotografa in maniera impietosa il fallimento dell’attuale classe dirigente politica, costretta infatti dinanzi alle difficoltà poste dalla crisi a scegliere un ennesimo governo “tecnico”. Di “tecnico” non c’è nulla quando si decide sul modello economico, gli assi strategici prioritari attraverso i quali portarlo avanti, su che tipo di transizione promuovere, su quali settori e su quali modelli di inclusione sociale.
Utilizzare i fondi tanto per spenderli, con l’obiettivo esclusivo della crescita economica sarebbe un errore esiziale
Il limite principale del Piano è che manca di una visione culturale capace di agganciare tra loro tutti i progetti, indirizzandoli verso obiettivi strategici con metodi coerenti, inclusivi e trasparenti. Sostenibilità ecologica ed equità sociale andrebbero promossi in coerenza e in maniera organica in tutti i progetti del PNRR, passando per un cambio di modello. Utilizzare i fondi tanto per spenderli con l’obiettivo esclusivo della crescita economica sarebbe un errore esiziale. Quando enormi risorse non vengono orientate per l’interesse generale e il bene comune, sono i soggetti privati più forti a spingere per difendere i propri interessi, come quelli che uniscono il potere criminale con la criminalità del potere.
Esistono inoltre problemi di metodo. La realizzazione del Piano non può prescindere dalla partecipazione di cittadine e cittadini alla definizione dei progetti. Basterebbe fare riferimento al Codice europeo di condotta sul partenariato, tuttavia è la stessa Commissione europea a indicare come necessaria la co-programmazione nella gestione dei fondi. Invece nella stesura del PNRR è mancato, ad oggi, qualsiasi confronto con le realtà sociali, soprattutto quelle espressione dei territori marginali.
Nella stesura del PNRR è mancato, a oggi, qualsiasi confronto con le realtà sociali, pur previsto dalla Commissione europea.
Il Piano in molti casi si limita a enunciare gli obiettivi, senza definire né i risultati attesi, né i meccanismi per misurarli. Per esempio: perché si vuole attuare la transizione ecologica? A vantaggio di chi? Per attuarla non basta enunciarla, ma è necessario definirne gli obiettivi strategici.
Dal Piano emerge la mancanza di una governance che ne consenta l’attuazione, rischiando così di vanificare l’impatto delle enormi risorse destinate. è imprescindibile per la buona riuscita una riforma della pubblica amministrazione (PA), attraverso la quale passerà il 60 per cento dei 200 progetti. La digitalizzazione non sarà sufficiente, poiché è più urgente rigenerare la PA, rimotivando i dipendenti e favorendo un cambio generazionale, reclutando con bandi moderni, rilanciando la formazione e promuovendo forme di amministrazione collaborativa.
Se il NGEU è pensato per indirizzare l’Europa su un sentiero diverso di sviluppo, allora anche i bilanci ordinari dei rispettivi Paesi membri dovranno essere coerenti. Purtroppo, il bilancio italiano non dà conferme, ma si pone anzi in contrasto rispetto a quanto indicato nel PNRR. Solo per fare un esempio: che coerenza hanno rispetto all’obiettivo della transizione ecologica i 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili che il governo ha blindato con la legge di bilancio?
Che coerenza hanno rispetto all’obiettivo della transizione ecologica i 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili che il governo ha blindato con la legge di bilancio?
Il PNRR non tiene conto delle disparità legate alla distribuzione del reddito, benché nel testo sia specificato che “è illusorio pensare di poter conseguire una crescita economica al di fuori di un modello di sviluppo sostenibile e senza affrontare le diseguaglianze”. Le principali cause del mancato sviluppo, inteso come strumento per garantire dignità, giustizia e libertà, sono invece proprio i conflitti ecologici distributivi e le ingiustizie ambientali.
Se si entra infine nel merito dei progetti presentati, sono tanti i problemi rispetto agli obiettivi strategici. La più rilevante è legata all’obiettivo (mancato) della transizione ecologica, dato che i progetti sono incoerenti con gli obiettivi della sostenibilità. Basti pensare agli scarsi finanziamenti per lo sviluppo delle rinnovabili o nel settore della mobilità urbana. La potentissima lobby del gas, come denuncia Greenpeace, sta bloccando il percorso verso la decarbonizzazione, impedendo per i propri interessi di rimettere insieme lavoro, ambiente ed economia.
Sul fronte poi dell’inclusione sociale e del contrasto alle disuguaglianze, il PNRR continua a non prevedere: l’introduzione del reddito di base; le riforme necessarie al nostro welfare per adeguarsi e rigenerare quello municipale; investimenti sul diritto all’abitare che garantiscano alle centinaia di migliaia di famiglie in emergenza abitativa una casa di qualità, sostenibile in termini energetici; investimenti per potenziare il diritto allo studio, contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa, risanare gli edifici scolastici e realizzarne di nuovi.
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