Una città dolente che produce miseria, esclusione e infelicità.

La Capitale delle diseguaglianze

Roma è oggi la capitale delle disuguaglianze. Una città impoverita, impaurita, diseguale, fragile, invecchiata. Emblema e laboratorio di quanto avviene da oltre 10 anni di crisi su tutto il territorio nazionale. Immagine e specchio di tutte le tendenze nazionali.

I dati, le ricerche e le analisi comparate parlano infatti della più grave crisi dal dopoguerra ad oggi. Mai prima d’ora abbiamo affrontato una situazione così drammatica sia nel Paese che nella capitale: 5 milioni in povertà assoluta; 9,3 in povertà relativa; 11 milioni che non si possono più curare, mentre un terzo di quelli che lo fa deve indebitarsi per riuscirci; 4 milioni di working poors, a dimostrare che ormai non basta un lavoro per vivere una vita dignitosa; la generazione di giovani più impoverita della storia della repubblica; 18,6 milioni a rischio esclusione sociale; il 97% delle famiglie impoverito (sono 81% in Usa, 63% in Francia, 20% in Svezia). In 10 anni di crisi nel nostro paese la tendenza è ormai strutturale. Ma il vero tema ancora una volta eluso dalla politica è legato alla mancata redistribuzione della ricchezza, visto che i miliardari nel nostro paese sono triplicati: come i poveri. Per avere una misura: 14 miliardari italiani possiedono l’intera ricchezza del 30% della popolazione più povera.

I soldi dunque ci sono, ma sono finiti nelle mani di pochissime persone a discapito di milioni di impoveriti. Nel nostro paese a crescere non sono solo le disuguaglianze sociali, economiche, di reddito, ma anche quelle geografiche, con il Sud mai così alla deriva, di genere ed ambientali. La distruzione dell’ambiente, la crisi climatica ed ecologica rappresentano alcune delle principali cause che hanno determinato e determinano l’aumento senza precedenti delle disuguaglianze. Oggi la giustizia sociale è direttamente collegata a quella ambientale ed ecologica. Tutte le volte che non facciamo una bonifica, esponiamo cittadini e lavoratori a fonti inquinanti, rimandiamo gli investimenti per le alternative, evitiamo di affrontare il tema della riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica, stiamo contribuendo ad aumentare disuguaglianze e povertà. E ad essere colpiti due volte sono proprio i più poveri ed i più esposti ai ricatti economici. Nel nostro paese a causa del mancato intervento della politica anche sul tema delle ingiustizie ambientali ed ecologiche la contabilità dei morti, dei miliardi di euro di danni, di economie locali distrutte, di mancato sviluppo, di aumento delle malattie, è davvero impressionante. Anche questo spiega perché oggi il nostro paese è tra quelli più diseguali ed impoveriti di tutto l’occidente.

L’ascensore sociale è bloccata e le politiche in campo non puntano a ridistribuire e garantire l’accesso ad opportunità, beni, risorse, servizi e spazio bioriproduttivo, né mettono in campo riforme capaci di affrontare le cause che generano l’aumento delle disuguaglianze. La politica, se guardiamo agli atti concreti e non agli slogan o ai messaggi sui social dei politici, non ritiene una priorità la lotta alle disuguaglianze: questo il grande problema con cui il paese e la sua capitale nello specifico devono confrontarsi. C’è un cambiamento culturale e sociale profondissimo che dipende non solo dalla crisi iniziata nel 2008, allargata in termini di impatto negativo da chiunque sia stato al governo in questi anni, ma anche dall’assenza di una visione politica che sappia costruire una risposta efficace e strutturale alla crisi di sistema determinata dall’insostenibilità sociale ed ambientale del modello liberista.

Roma: la legge del più forte

Lo scivolamento in povertà può colpire una larghissima fascia della popolazione apparentemente “normale”. Basta infatti una malattia, un affitto impossibile da pagare a causa di qualche imprevisto, la perdita del lavoro, un disturbo mentale, un problema di salute postoperatorio, una dipendenza che non si riesce a curare o a far seguire, per sprofondare nell’esclusione e nella disperazione chiunque. Rispetto al secolo scorso le fragilità sono aumentate e vanno affrontate con strumenti ed approcci diversi: “fragilità interstiziali”, quelle nascoste; “fragilità difficili”, quelle del disagio psichico; “fragilità problematiche”, i migranti poveri; “fragilità poliedriche”, gli anziani che mettono insieme povertà economica e dipendenza da alcool o da gioco d’azzardo.

Roma da 10 anni vive una situazione di declino drammatico in cui le tendenze nazionali sembrano amplificarsi, e dove la complessità dei problemi e l’assenza di risposte politiche adeguate, alimentano e rafforzano la penetrazione della criminalità organizzata, il ricatto economico sui quartieri impoveriti, il livello di collusione e corruzione in ascesa nella capitale. Infatti, secondo i dati della DDA di Roma sono addirittura 94 i clan e 100 le piazze dello spaccio. Un fatto enorme, con conseguenze devastanti per il presente e per il futuro di Roma. Ma che non è nelle agende delle priorità della politica, nonostante incida sulle vite di quasi 3 milioni di cittadini, generando insicurezza sociale, violenza, ignoranza, degrado culturale, oppressione. Ma la vera forza delle mafie a Roma sta nella gigantesca zona “grigia” e di complicità che rendono ancor più difficile la situazione e complicato il lavoro sui territori per la giustizia sociale e contro la criminalità organizzata. Un aspetto enormemente sottovalutato dalla politica che contribuisce alla perdita di credibilità delle istituzioni, disintegra la coesione sociale in città, determina un ulteriore peggioramento delle disuguaglianze e alimenta l’idea che in città prevalga la legge del più forte.

Anziani, famiglie vulnerabili, minori, migranti

La città di Roma e l’area metropolitana sono lo specchio dell’aumento delle disuguaglianze a livello nazionale. L’1,8% della popolazione complessiva possiede un reddito di oltre 100.000 euro annui, mentre il 51,3% dispone di un reddito inferiore ai 15 mila euro. La differenziazione di reddito per ciascun municipio, così come si può osservare dai dati qui sotto riportati, fotografano le grandi disuguaglianze interne alla città.

Reddito medio dichiarato per Municipio (2016) Municipio Totale contribuenti Reddito individuale imponibile medio

I 112.801 37.595,76

II 111.809 40.530,40

III 135.449 25.379,52

IV 113.789 21.195,88

V 159.418 18.773,22

VI 146.592 17.053,83

VII 206.800 24.048,15

VIII 88.372 28.007,85

IX 115.594 29.587,85

X 142.367 22.726,66

XI 98.077 21.299,70

XII 94.204 27.170,00

XIII 84.059 23.847,48

XIV 119.608 24.657,79

XV 93.244 30.290,57

Fonte: Elaborazioni Ufficio di Statistica di Roma Capitale su dati Siatel – Agenzia delle Entrate

Uno degli aspetti che caratterizza l’aumento delle disuguaglianze nella capitale è legato agli anziani. Sono 146.941 gli anziani sopra i 65 anni che vivono con al massimo 11.000 euro di reddito annui. Diventa dunque impossibile per loro ricorrere all’assistenza domestica, poter far fronte ad un affitto, a spese sanitarie ed alimentari o, se si è proprietari, provvedere al mantenimento e alle spese per lavori nell’abitazione.

Allo stesso tempo a Roma è cresciuto enormemente il disagio invisibile di famiglie apparentemente normali. Sono quasi 100 mila le famiglie senza occupati, senza pensionati e con almeno un elemento disponibile al lavoro. Quelle con un solo occupato e senza nessun pensionato sono aumentate a Roma dal 2008 al 2016 del 47,8%. Il dato è di molto superiore a quello nazionale e identifica quella tipologia familiare cui manca l’ammortizzatore sociale della pensione di un nonno o di una nonna che consenta un margine di relativa tranquillità. Il 51,4% delle famiglie senza occupati, senza pensionati e con almeno un elemento in cerca di lavoro è costituito da una persona sola, una percentuale di molto superiore a quella nazionale. Un terzo delle famiglie complessive è a rischio esclusione sociale e non è in grado di fare fronte ad emergenze di varia natura.

Se passiamo ad analizzare invece le disuguaglianze che colpiscono i minori, appare evidente come Roma non sia una città per giovani. Lo sfruttamento sul lavoro, la limitatezza delle opportunità, l’assenza di investimenti per i giovani e per la loro formazione, la corruzione nelle selezioni, l’ascensore sociale bloccato, la precarietà nelle forme del lavoro, il taglio ai servizi, il ricatto ed il fascino esercitato dai guadagni facili garantiti delle mafie nei luoghi dove lo Stato è assente o batte in ritirata, corrompono e cancellano le speranze ed il futuro di intere generazioni. Le zone del quadrante est risultano essere per i giovani ed i minori romani le aree di maggior disagio sul piano del reddito familiare. Il 65% dei giovani che lavorano in città hanno contratti atipici. Sono invece 134.556 i NEET: i giovani che in città non lavorano, nono studiano e non sono in formazione. Un numero impressionante che è aumentato dal 2008 del 68,3%.

Il tema della casa è un’altra delle grandi questioni che hanno generato e generano l’aumento delle disuguaglianze e dell’insicurezza sociale in città. Dal 2000 ci sono 18 mila famiglie che aspettano la casa popolare. Altre 12 mila circa in emergenza abitativa sono costrette ad occupare un edificio abbandonato per avere un tetto sopra la testa. La precarietà lavorativa, il taglio dei servizi, l’aumento degli affitti hanno cancellato il diritto all’abitare per decine di migliaia di famiglie e di cittadini. Chi non ha casa, o non ha potuto “salvarla” nel tempo della crisi, o non è stato più in grado di pagare l’affitto perché ha perso il lavoro, è stato costretto a soluzioni tampone che ormai sono diventate le uniche, vista l’incapacità della politica di affrontare in maniera strutturale l’emergenza abitativa. Niente è stato fatto sul piano istituzionale per garantire politiche pubbliche e sociali in grado di rispondere ad problema strutturale, amplificato ulteriormente con la crisi, così come niente è stato fatto per contrastare la rendita fondiaria che garantisce un potere enorme ai cosiddetti “palazzinari”, capaci di far valere i loro interessi in giunta molto di più rispetto a tutti le altre categorie di cittadini. Roma è la seconda città con valore medio più elevato per prezzo delle locazioni abitative, subito dopo Milano: circa 823 euro al mese. Sono invece circa 40 mila le case sfitte, decine di migliaia gli edifici pubblici abbandonati e centinaia quelli confiscati alle mafie. Un patrimonio nelle disponibilità del Comune enorme che potrebbe essere usato per generare nuovo welfare e rispondere contemporaneamente all’emergenza abitativa di decine di migliaia di famiglie, evitando di consumare ulteriore suolo per costruire. Roma lo scorso anno è stata la seconda città d’Italia per consumo di suolo e cementificazione ed ha il 13% del territorio ad alta pericolosità idraulica. Tutti fattori che determinano l’aumento di disuguaglianze e povertà e la crescita dell’insicurezza sociale. Solo i movimenti per il diritto all’abitare hanno provato a dare delle risposte collettive e concrete al problema di migliaia di famiglie, organizzando la sofferenza e la fragilità dei singoli e delle famiglie attraverso l’occupazione di edifici abbandonati. Pratiche collettive, lotte, mutualismo solidale e vertenze che hanno consentito a migliaia di famiglie di ottenere una casa. Parliamo di azioni politiche “redistributive” che garantiscono agli esclusi forme di reddito indiretto, accesso ai servizi, sicurezza sociale.

Per quanto riguarda la situazione dei migranti, i dati ci dicono che la popolazione straniera residente nel territorio di Roma Capitale è pari a 385.621 persone. Di queste il 44% è di origine europea. Praticamente è la stessa rispetto agli anni precedenti. Ma il bombardamento mediatico e politico con il quale si è venduta agli italiani la menzogna di una “invasione”, ha cambiato la percezione sui nostri territori. C’è stata da parte della politica una scelta precisa, sospendendo e tagliando quei servizi fondamentali che garantivano l’inclusione, senza la quale diventa complicato difendere politicamente il diritto all’accoglienza. I migranti da molti vengono avvertiti in città come un pericolo ed una minaccia alla già precaria sicurezza sociale. L’aumento senza precedenti delle disuguaglianze e della povertà e l’assenza di una politica pubblica capace di contrastare e sconfiggere culturalmente e materialmente l’idea “dell’invasione”, attraverso investimenti sul lavoro, sulla sicurezza sociale, sulla saluta, sui servizi, sulla scuola, sui beni pubblici essenziali, ha alimentato la guerra tra poveri ed il clima di incertezza e paura. Le dipendenze sono un ulteriore elemento che spiega l’aumento delle disuguaglianze e l’impoverimento materiale e culturale della capitale d’Italia. Ludopatia, tossicodipendenza, azzardo, sono tutte in forte crescita. Crescono insieme alla penetrazione mafiosa ed alla povertà.